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Alla lettera, il testo parla di “giusti” (dikaios, δίκαιος), che per Matteo non sono semplicemente i “buoni”. Al v. 43 i giusti che “splenderanno come il sole nel regno del Padre loro” sono coloro che rispettano la Torah e vivono un rapporto di fedeltà con Dio e con gli altri. In 27,19, Gesù è definito come “quel giusto” che resta fedele a Dio fino alla fine.
Commento alla Liturgia
Giovedì della XVII settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Ger 18,1-6
1Questa parola fu rivolta dal Signore a Geremia: 2"Àlzati e scendi nella bottega del vasaio; là ti farò udire la mia parola". 3Scesi nella bottega del vasaio, ed ecco, egli stava lavorando al tornio. 4Ora, se si guastava il vaso che stava modellando, come capita con la creta in mano al vasaio, egli riprovava di nuovo e ne faceva un altro, come ai suoi occhi pareva giusto. 5Allora mi fu rivolta la parola del Signore in questi termini: 6"Forse non potrei agire con voi, casa d'Israele, come questo vasaio? Oracolo del Signore. Ecco, come l'argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa d'Israele.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 145(146)
R. Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe.
Loda il Signore, anima mia:
loderò il Signore finché ho vita,
canterò inni al mio Dio finché esisto. R.
Non confidate nei potenti,
in un uomo che non può salvare.
Esala lo spirito e ritorna alla terra:
in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni. R.
Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe:
la sua speranza è nel Signore suo Dio,
che ha fatto il cielo e la terra,
il mare e quanto contiene,
che rimane fedele per sempre. R.
Vangelo
Mt 13,47-53
47Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50e li getteranno nella fornace ardente , dove sarà pianto e stridore di denti. 51Avete compreso tutte queste cose?". Gli risposero: "Sì". 52Ed egli disse loro: "Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche". 53Terminate queste parabole, Gesù partì di là.
Note
Approfondimenti
La traduzione del verbo ekballō (ἐκβάλλω) riflette l’antica interpretazione dei Padri della Chiesa come Girolamo e Origene, secondo cui il padrone di casa “estrae” o “seleziona” le cose dal suo tesoro. Probabilmente la loro comprensione associa questo versetto a Lc 6,45, in cui si parla dell’uomo che “estrae” dal suo tesoro il bene, ma il verbo greco utilizzato in questo caso è un altro, ovvero propherō (προφέρω).
Letteralmente, ekballō significa “espellere, scacciare” (per esempio gli spiriti impuri). Con questo significato, lo scriba-discepolo si comporta come l’uomo che, trovato un tesoro, si libera di tutto quello che possiede – e anche che ha imparato – per seguire Gesù, per accogliere il Regno dei cieli.
Il segno della vita
«Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Ho sempre pensato che in questo versetto del Vangelo è racchiusa tutta la forza della Tradizione della Chiesa. Infatti tra chi immagina la Tradizione come un guscio dentro cui nascondersi dalla precarietà del mondo e chi invece la contesta pensando di poterne fare a meno, Gesù propone la via più giusta che è la capacità di saper tenere insieme cose antiche e cose nuove. Ciò non riguarda solo la Chiesa ma ogni esperienza umana. Infatti delle volte passiamo la vita volendo ripetere solo ciò che hanno fatto i nostri genitori e i nostri nonni, e altre volte passiamo la maggior parte dei nostri anni a contestare ogni singola cosa che ci è stata data. La verità però risiede nella capacità di saper fare tesoro di un’appartenenza e di avere però il coraggio di essere se stessi operando anche delle novità inedite. Ciò non è mai indolore, ma non dobbiamo temere questa conflittualità che nasce dalla vita stessa, anzi è proprio essa il segno della vita. Oggi ci viene posta una domanda decisiva: che rapporto abbiamo con ciò che abbiamo ricevuto come tradizione dagli altri? E quanto coraggio abbiamo di assumerci la nostra responsabilità nel prendere delle decisioni nuove?
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