Il verbo splagchnizomai (σπλαγχνίζομαι) contiene un riferimento alle viscere (splagchnon, σπλάγχνον), che nella Bibbia sono la sede dei sentimenti di pietà, compassione e misericordia. Nel greco classico, invece, le viscere sono sede di altre forti passioni, come l’ira, il furore, il trasporto amoroso. In Matteo questo verbo ha sempre come soggetto Gesù verso le folle, tranne in questo caso in cui è il re del racconto – facilmente identificabile con Dio – a provare compassione per il servo.
A differenza di Marco che ne parla, Matteo normalmente non esplicita le reazioni umane di Gesù, ad eccezione proprio della compassione. In questa parabola esclusivamente matteana, la compassione diventa perdono e condono dei debiti. E proprio per questo Gesù costituisce i Dodici, che ne dovranno essere il segno concreto.
Commento alla Liturgia
Giovedì della XIX settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Ez 12,1-12
1Mi fu rivolta questa parola del Signore: 2"Figlio dell'uomo, tu abiti in mezzo a una genìa di ribelli, che hanno occhi per vedere e non vedono, hanno orecchi per udire e non odono, perché sono una genìa di ribelli. 3Tu, figlio dell'uomo, fatti un bagaglio da esule e di giorno, davanti ai loro occhi, prepàrati a emigrare; davanti ai loro occhi emigrerai dal luogo dove stai verso un altro luogo. Forse comprenderanno che sono una genìa di ribelli. 4Davanti ai loro occhi prepara di giorno il tuo bagaglio, come fosse il bagaglio di un esule. Davanti a loro uscirai però al tramonto, come partono gli esiliati. 5Fa' alla loro presenza un'apertura nel muro ed esci di lì. 6Alla loro presenza mettiti il bagaglio sulle spalle ed esci nell'oscurità. Ti coprirai la faccia, in modo da non vedere il paese, perché io ho fatto di te un simbolo per gli Israeliti". 7Io feci come mi era stato comandato: preparai di giorno il mio bagaglio come quello di un esule e, sul tramonto, feci un foro nel muro con le mani. Uscii nell'oscurità e sotto i loro occhi mi misi il bagaglio sulle spalle. 8Al mattino mi fu rivolta questa parola del Signore: 9"Figlio dell'uomo, non ti ha chiesto la casa d'Israele, quella genìa di ribelli, che cosa stai facendo? 10Rispondi loro: Così dice il Signore Dio: Questo messaggio è per il principe di Gerusalemme e per tutta la casa d'Israele che vi abita. 11Tu dirai: Io sono un simbolo per voi. Quello che ho fatto io, sarà fatto a loro; saranno deportati e andranno in schiavitù. 12Il principe che è in mezzo a loro si caricherà il bagaglio sulle spalle, nell'oscurità, e uscirà per la breccia che verrà fatta nel muro per farlo partire; si coprirà il viso, per non vedere con gli occhi il paese.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 77(78)
R. Proclameremo le tue opere, Signore.
Si ribellarono a Dio, l’Altissimo,
e non osservarono i suoi insegnamenti.
Deviarono e tradirono come i loro padri,
fallirono come un arco allentato. R.
Lo provocarono con le loro alture sacre
e con i loro idoli lo resero geloso.
Dio udì e s’infiammò,
e respinse duramente Israele. R.
Ridusse in schiavitù la sua forza,
il suo splendore in potere del nemico.
Diede il suo popolo in preda alla spada
e s’infiammò contro la sua eredità. R.
Vangelo
Mt 18,21–19,1
21Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: "Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?". 22E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. 23Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. 24Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. 25Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. 26Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa". 27Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. 28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: "Restituisci quello che devi!". 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò". 30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. 31Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: "Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. 33Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?". 34Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello". 1Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.
Note
Approfondimenti
Il verbo splagchnizomai (σπλαγχνίζομαι) contiene un riferimento alle viscere (splagchnon, σπλάγχνον), che nella Bibbia sono la sede dei sentimenti di pietà, compassione e misericordia. Nel greco classico, invece, le viscere sono sede di altre forti passioni, come l’ira, il furore, il trasporto amoroso. In Matteo questo verbo ha sempre come soggetto Gesù verso le folle, tranne in questo caso in cui è il re del racconto – facilmente identificabile con Dio – a provare compassione per il servo.
A differenza di Marco che ne parla, Matteo normalmente non esplicita le reazioni umane di Gesù, ad eccezione proprio della compassione. In questa parabola esclusivamente matteana, la compassione diventa perdono e condono dei debiti. E proprio per questo Gesù costituisce i Dodici, che ne dovranno essere il segno concreto.
Gratitudine
La pericolosa domanda di Pietro sulla quantità del perdono ci ha inchiodati tutti su quella risposta di Gesù che parla di un perdono infinito:
«Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette».
C’è però da dire che Gesù non si è limitato semplicemente a dare una misura infinita di perdono, ma ha suffragato questo suo eccesso con il racconto della parola del Vangelo di oggi: un uomo ha un grosso debito, è talmente grande che l’unica maniera che il re ha di riscuoterlo è vendere lui, con tutta la sua famiglia. Eppure basta la sua supplica a cambiare completamente la conseguenza di questo terribile debito:
“Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito”.
Chi ha vissuto un’esperienza così traumatica dovrebbe minimamente rimanere segnato da una simile storia. Vedersi condonato un debito così grande dovrebbe farci diventare per lo meno delle persone grate e diverse. Ma Gesù prosegue la sua storia raccontando che quel servo graziato, uscendo dal colloquio che gli ha salvato la vita, incontra uno come lui che gli doveva una cifra davvero banale. Ma alla supplica di comprensione dell’amico, quel servo risponde con un netto rifiuto e fa gettare in carcere l’amico fino al saldo di quel banale debito. È talmente tanto grande l’ingiustizia che ha compiuto che lo viene a sapere il re, il quale mandandolo a chiamare gli dice:
“Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”.
Ecco perché dovremmo perdonare sempre perché i primi ad essere stati grandemente perdonati siamo noi. Il problema però è molto semplice: ce ne siamo mai accorti di quanta misericordia abbiamo ricevuto?
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