In Matteo la congiunzione de (δὲ) indica la necessità di cambiare prospettiva, più che un’azione avversativa (ma).
Per interpretare questo misterioso detto di Gesù, si può tenere conto che l’aggettivo polloi (πολλοὶ) allude probabilmente all’Israele di Dio, il popolo “chiamato”, in linea con altri due detti: 20,28, sul Figlio dell’uomo venuto per dare la vita “in riscatto per molti”, e 26,28, sul calice come “sangue dell’alleanza, che sarà versato per molti”. Inoltre, la Scrittura ci insegna che, quando Dio sembra escludere qualcuno – parlando di “molti” invece che di “tutti” – lo fa perché sta cominciando a offrire la sua salvezza a qualcuno nella prospettiva di non escludere nessuno.
D’altra parte, l’aggettivo oligoi (ὀλίγοι) è un semitismo che significa “meno di”, “non tutti”, in linea con l’idea di chiamata su cui si gioca tutta la parabola delle nozze.
Sembra esserci un gioco di parole tra l’aggettivo klētos (κλητός), che deriva dal verbo più ricorrente in questi versetti – e cioè kaleō (καλέω), “chiamare” – e l’aggettivo eklektos (ἐκλεκτός), che è un composto del verbo legō (λέγω) e significa “scegliere”.
Commento alla Liturgia
Giovedì della XX settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Ez 36,23-28
23Santificherò il mio nome grande, profanato fra le nazioni, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le nazioni sapranno che io sono il Signore - oracolo del Signore Dio -, quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. 24Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. 25Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli, 26vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. 27Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme. 28Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 50(51)
R. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati.
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito. R.
Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Insegnerò ai ribelli le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno. R.
Tu non gradisci il sacrificio;
se offro olocausti, tu non li accetti.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. R.
Vangelo
Mt 22,1-14
1Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2"Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: "Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!". 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze". 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. 12Gli disse: "Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?". Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti".
Note
Approfondimenti
In Matteo la congiunzione de (δὲ) indica la necessità di cambiare prospettiva, più che un’azione avversativa (ma).
Per interpretare questo misterioso detto di Gesù, si può tenere conto che l’aggettivo polloi (πολλοὶ) allude probabilmente all’Israele di Dio, il popolo “chiamato”, in linea con altri due detti: 20,28, sul Figlio dell’uomo venuto per dare la vita “in riscatto per molti”, e 26,28, sul calice come “sangue dell’alleanza, che sarà versato per molti”. Inoltre, la Scrittura ci insegna che, quando Dio sembra escludere qualcuno – parlando di “molti” invece che di “tutti” – lo fa perché sta cominciando a offrire la sua salvezza a qualcuno nella prospettiva di non escludere nessuno.
D’altra parte, l’aggettivo oligoi (ὀλίγοι) è un semitismo che significa “meno di”, “non tutti”, in linea con l’idea di chiamata su cui si gioca tutta la parabola delle nozze.
Sembra esserci un gioco di parole tra l’aggettivo klētos (κλητός), che deriva dal verbo più ricorrente in questi versetti – e cioè kaleō (καλέω), “chiamare” – e l’aggettivo eklektos (ἐκλεκτός), che è un composto del verbo legō (λέγω) e significa “scegliere”.
Cambio d'abito
Due cose sono assolutamente sbagliate: credere che Dio si imponga alla nostra vita, e credere che comunque vada sarà un successo. Il Vangelo di oggi ne offre una retta interpretazione. Passiamo la vita a cercare segni incontrovertibili sull’esistenza di Dio e non prendiamo sul serio le costanti proposte latenti che Egli ci fa nel nostro quotidiano. Se Dio si mostrasse attraverso la Sua Onnipotenza noi non avremmo più nessuna scelta. Ecco perché manda “servi” ad invitare, a provocare, a stimolare, a coinvolgere ciascuno di noi, perché l’andare da Lui sia una nostra scelta e non l’unica scelta possibile. Ma pare che noi abbiamo sempre una buona scusa pronta per disertare questo incontro: “ho da fare; ho figli; vorrei un po’ di tempo per me; ho un sacco di problemi; la chiesa mi ha deluso; i preti sono tutti dei disgraziati….”, insomma una raccolta sempre scontata e sempre attuale delle mille scuse possibili di cui amiamo armarci pur di non accettare un incontro decisivo con Dio, e di conseguenza con il senso della nostra vita. In secondo luogo, partecipare al suo banchetto, sedere alla sua tavola, avere un rapporto con Lui non è come indossare un portafortuna. La strafottenza con cui tante volte crediamo, diventa la causa della nostra rovina, perchè pensiamo che comunque vada sarà un successo, che basta entrare “in casa del Padrone” per dire che Lui aggiusta tutto, mentre noi continuiamo ad essere sempre gli stessi, sempre uguali nelle nostre scelte e nella nostra qualità di vita. L’abito nuziale non è essere “bravi, buoni e belli”, ma aver deciso di cambiare la propria vita, così come uno dismette dei vestiti vecchi e sporchi e decide di indossarne di belli e puliti. Non si può dire di credere e non cambiare nulla della propria vita. Credere esige delle scelte, dei cambiamenti radicali, la dismissione di ciò che è vecchio e sporco, per far spazio a una decisione nuova. Senza questo cambio d’abito nemmeno la frequenza quotidiana ai sacramenti può salvarci, anzi anche di essi ci verrà chiesto il conto.
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