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La formula intera è una citazione del Sal 6,9 secondo il testo dei LXX, il quale però utilizza il termine anomìa invece che adikìa (ἀδικία). Per i greci, l’adikìa era un comportamento sbagliato e in Israele un’espressione riassuntiva per il peccato. Paolo ne fa una sintesi dell’ostilità umana di fronte a Dio. Così in Luca, che pure non usa molto di frequente questo termine, il significato è forte: chi ama e teme Dio non conosce l’ingiustizia, che invece esclude dalla comunione con il Signore nel regno.
La formula dello stridore (brugmòs, βρυγμός) di denti è radicata nell’Antico Testamento. Il verbo brùchō (βρύχω) significa “sgranocchiare, rodere, divorare” e talora “stridere”.
Matteo indica solo due direzioni: l’oriente, cioè il luogo dell’esilio, e l’occidente, cioè la terra di schiavitù sotto il faraone. Pensa quindi alla raccolta escatologica del popolo di Dio, secondo la tradizione biblica. Questa stessa tradizione conosce anche un pellegrinaggio escatologico di tutte le nazioni al monte Sion, e in questo senso le quattro direzioni di Luca possono essere interpretate sul piano missionario cristiano, che vuole includere nel regno gli eletti delle nazioni e non più solo i giudei dispersi nella diaspora. Questo annuncio di speranza e universalismo, capace di rompere le barriere, conquisterà il mondo antico.
Commento alla Liturgia
Mercoledì della XXX settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Ef 6,1-9
1Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. 2Onora tuo padre e tua madre! Questo è il primo comandamento che è accompagnato da una promessa: 3perché tu sia felice e goda di una lunga vita sulla terra. 4E voi, padri, non esasperate i vostri figli, ma fateli crescere nella disciplina e negli insegnamenti del Signore. 5Schiavi, obbedite ai vostri padroni terreni con rispetto e timore, nella semplicità del vostro cuore, come a Cristo, 6non servendo per farvi vedere, come fa chi vuole piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, facendo di cuore la volontà di Dio, 7prestando servizio volentieri, come chi serve il Signore e non gli uomini. 8Voi sapete infatti che ciascuno, sia schiavo che libero, riceverà dal Signore secondo quello che avrà fatto di bene. 9Anche voi, padroni, comportatevi allo stesso modo verso di loro, mettendo da parte le minacce, sapendo che il Signore, loro e vostro, è nei cieli e in lui non vi è preferenza di persone.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 144(145)
R. Fedele è il Signore in tutte le sue parole.
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza. R.
Per far conoscere agli uomini le tue imprese
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno è un regno eterno,
il tuo dominio si estende per tutte le generazioni. R.
Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto. R.
Vangelo
Lc 13,22-30
22Passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 23Un tale gli chiese: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Disse loro: 24"Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: "Signore, aprici!". Ma egli vi risponderà: "Non so di dove siete". 26Allora comincerete a dire: "Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze". 27Ma egli vi dichiarerà: "Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia! ". 28Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi".
Note
Approfondimenti
L’imperativo presente con valore durativo di agōnìzomai (ἀγωνίζομαι) esorta alla perseveranza. Il termine “lotta, combattimento” (agōn, ἀγών) in esso contenuto, usato dai greci nell’ambito dei giochi pubblici, al tempo di Luca viene utilizzato in senso figurato per definire la vita del saggio o dell’uomo di Dio.
L’immagine del combattimento presuppone un avversario, un buon allenamento e una grande forza di carattere. È più una lotta della fede che dell’obbedienza. Probabilmente Luca si ispira all’insegnamento della sua chiesa, che concepisce la vita cristiana come prova e combattimento, incluso quello ultimo dell’angoscia davanti alla morte (agōnìa, ἀγωνία), che Gesù stesso ha affrontato.
Luca, che intende costruire un racconto allegorico, usa qui il termine thùra (θύρα), che indica la porta di una casa o di un podere contadino circondato da un muro. Per questo, il padrone può chiuderla.
La tradizione che Luca riprende fa riferimento, invece, alla pesante porta della città (pùlē, πύλη) che viene chiusa al calare della notte. A quel punto, per i ritardatari e le urgenze, vi è una piccola apertura accessibile a una persona per volta.
Si tratta di uno scenario escatologico, in cui la decisione da prendere è quella dell’ultima possibilità della piccola porta ancora accessibile. Luca sottolinea meno l’escatologia ma conserva l’urgenza della decisione personale.
Apparenza
«Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
È una domanda molto concreta quella con cui inizia il Vangelo di oggi. Infatti si può cadere in una doppia trappola: o pensare che nessuno potrà mai salvarsi perché la radicalità del Vangelo è inapplicabile alla vita concreta, oppure pensare che la salvezza è un dono che non richiede nessuna nostra libertà perché agisce come una magia sulla vita di tutti. Gesù usa un’immagine che ci salva da questa doppia deriva:
“Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno”.
Parlando di porta Gesù ci dice chiaramente che la salvezza non è un muro contro cui andiamo a sbattere, ma una possibilità che si apre concretamente davanti a noi. Gesù non ci viene a proporre una salvezza impossibile, ma una salvezza che si dà a noi appunto come possibilità. Ma essa non è a costo zero perché subito specifica che questa porta è stretta, quindi per passarvi bisogna abbandonare tutta la zavorra che ci impedisce il passaggio. Questa zavorra è l’apparenza, è il sentirsi al sicuro solo perché si vive incasellati in un posto che sembra dirci che sicuramente siamo dalla parte giusta. Non servirà a nulla presentare le nostre credenziali del mondo quando dovremmo rendere conto della nostra vita:
“Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete. Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d'iniquità!”.
Non ci salveranno i registri delle nostre appartenenze ecclesiali e sociali, ma solo la giustizia di come avremo realmente vissuto.
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