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Nella Settanta il termine makàrios (μακάριος) traduce l’ebraico ’ašrê con cui, tra l’altro, si apre il Sal 1, richiamando un tratto comune a molta letteratura sapienziale: i macarismi sono parole performative date da Dio perché l’uomo giunga alla felicità. Una felicità paradossale, da cercare nello stato a cui è misteriosamente connessa e in cui si può già scorgere la presenza del Regno. Pur essendo escluso sul piano grammaticale un significato al futuro, vi è una tensione escatologica dove il macarismo rimanda a un compimento futuro attraverso il “passivo divino”.
Il dativo di relazione tô pnèumati (τῷ πνεύματι) si può rendere con “quanto allo spirito”, nel senso non dello Spirito di Dio ma di quello umano, dell’intimo della persona. Matteo potrebbe intendere qui che ciò che conta è non solo e non tanto la povertà materiale, ma la povertà profonda, quella del cuore, la disposizione dell’animo di chi sopporta con fiducia ogni cosa sottomettendosi a Dio.
Tema caratteristico di Matteo, la giustizia (dikaiosùne, δικαιοσύνη) è anzitutto un attributo di Dio: non ha a che fare con la giustizia sociale ma esprime un agire umano conforme alla volontà di Dio e alla Torà. Averne “fame e sete” significa desiderare di metterla in pratica come impegno di vita, motivo per il quale si può anche arrivare a subire la persecuzione.
Tema caratteristico di Matteo, la giustizia (dikaiosùne, δικαιοσύνη) è anzitutto un attributo di Dio: non ha a che fare con la giustizia sociale ma esprime un agire umano conforme alla volontà di Dio e alla Torà. Averne “fame e sete” significa desiderare di metterla in pratica come impegno di vita, motivo per il quale si può anche arrivare a subire la persecuzione.
Commento alla Liturgia
Tutti i Santi
Prima lettura
Ap 7,2-4.9-14
2E vidi salire dall'oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: 3"Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio". 4E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d'Israele: 9Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. 10E gridavano a gran voce: "La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all'Agnello". 11E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: 12"Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen". 13Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: "Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?". 14Gli risposi: "Signore mio, tu lo sai". E lui: "Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 23(24)
R. Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito. R.
Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli. R.
Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. R.
Seconda Lettura
1Gv 3,1-3
1Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. 2Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. 3Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.
Vangelo
Mt 5,1-12a
1Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: 3"Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. 4Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. 5Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. 6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 7Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 8Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 9Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. 10Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. 11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.
Note
Litanie di felicità
Nella Solennità di Tutti i Santi la Chiesa ci invita a considerare la grande bellezza del disegno di Dio per ciascuno di noi. Il Padre ci ha creati destinandoci non solo a respirare il suo profumo ma anche a partecipare pienamente di ciò che Egli è: il Santo. Santificare significa “mettere a parte”, separare non per isolare ma per immettere nel mondo il segno dell’appartenenza dell’uomo a Dio. Un’appartenenza che non è schiavitù e può capirsi solo come rapporto di alleanza che diviene impegno e che, se vissuto con fedeltà, rende felici.
Iniziando la sua predicazione pubblica, il Gesù di Matteo sale sul monte e annuncia il dono di Dio per l’umanità: la felicità. Questa felicità che Gesù celebra non è legata al benessere materiale, ma alla capacità di abbracciare la vita malgrado le sue contraddizioni e contrarietà, certi di essere non soli ma accompagnati dalla presenza di Dio-Provvidenza e dalla sua tenera paternità.
Sono proclamati "felici" da Gesù quanti nella loro vita scelgono di non difendersi reagendo o aggredendo gli altri. Il loro essere disarmati non è disprezzo nei confronti della vita, ma consapevolezza della fragilità umana; non equivale a gettare la spugna, ma a gettarsi tra le braccia di Dio, che solo può mettere ordine nella storia e sgomberare i cantieri umani della tracotanza e della prevaricazione. Coloro che non imbracciano le armi, i “falliti” del mondo, le persone inutili, espongono la loro vita ogni giorno e sono nel mirino dei violenti, che li percepiscono come una presenza inutile o accusatoria nei loro confronti. Questi perdenti agli occhi del mondo ma vincenti agli occhi di Gesù si riconoscono bisognosi del soccorso divino; sono dotati di una spiccata sensibilità che permette loro di immedesimarsi con gli altri e di piangere; sono quelli che soffrono per l’ingiustizia e ricercano la giustizia con tutte le loro forze; sanno usare misericordia e non inquinano il loro cuore con i veleni del mondo; sono disponibili alla riconciliazione o a rapporti pacifici.
Queste categorie di persone sono destinate a una felicità che si manifesta sottoforma di consolazione, sazietà, visione di Dio e comunione con Lui, beni annunciati da Gesù che non riguardano il futuro ma il presente che egli è venuto a qualificare. La felicità è lo stato cui ha accesso chi crede nel Dio che sta dalla parte di chi non si svende ai compromessi iniqui, ma coltiva il sogno della giustizia, alla maniera dei profeti. Tutti i profeti della storia sacra hanno accolto e incarnato la parola di Dio e hanno subìto persecuzione perché aspiravano a seminare la giustizia nei cuori. Essere trattati come loro, perché discepoli di Gesù, è fonte di felicità. Dio stesso, che dà molto di più di quanto gli uomini possano dare, si fa ricompensa e causa di gioia per quanti scelgono di confidare in Lui.
Sul monte, che rievoca la consegna delle parole al Sinai, Gesù-nuovo Giosuè distribuisce la terra tra le “tribù”, proclamando che il regno dei cieli appartiene agli ultimi, ai "piccoli", ai "piccolissimi". Così egli fa conoscere il volto luminoso del Padre che sta dalla parte di quelle pietre di scarto, odiate dal mondo, ma che Egli impiega con cura per edificare il suo regno di giustizia e di pace. Lo fa in modo magistrale, non perché siede su una cattedra, ma perché con le beatitudini annuncia il programma della sua vita e missione, descrive il suo stile mite, misericordioso e improntato alla giustizia, e annuncia tutta la violenza che si scatenerà contro di lui e che lo porterà alla Croce. Lì, a braccia aperte, insegnerà a vivere disarmati.
Chi nella vita vuol difendersi a tutti i costi non può far altro che aggredire; chi, invece, sa perdere la vita alla fine la trova perché il Padre gli fa gustare la musicalità che si sprigiona da quelle litanie di felicità che Gesù è venuto a intonare per noi.
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