Un passo avanti e uno indietro

Lc 1,26-38; Mt 1,18-25

Lc 1,26-38

26Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: "Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te". 29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine". 34Allora Maria disse all'angelo: "Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?". 35Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio". 38Allora Maria disse: "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola". E l'angelo si allontanò da lei.

Mt 1,18-25

18Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati". 22Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 23Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele , che significa Dio con noi. 24Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; 25senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù.

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Un passo avanti e uno indietro

Le annunciazioni a Maria (Lc 1,26-38) e a Giuseppe (Mt 1,18-25)

Roberto Pasolini

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Il suono di questo participio passivo, declinato al vocativo, è molto musicale: κεχαριτωμένη (kecharitomène). Si tratta del verbo χαριτόω (charitòo), che significa “rendere oggetto di favore, di benedizione”. In esso è incluso il termine “grazia” (χάρις, chàris), ma il senso non si esaurisce in uno statico “essere contenitore di” qualche speciale favore divino. Poiché in greco il participio passivo indica l’esito di un evento già avvenuto, può essere tradotto in modo più dinamico con “riempita di grazia”: un breve e denso versetto esprime come la grazia di Dio abbia già raggiunto Maria fino a mettere in movimento la gioia della sua relazione con il Signore. Il verbo ἐπισκιάζω (episkiàzo) letteralmente significa “fare ombra, interporre qualcosa tra una sorgente di luce e un oggetto”. La versione greca della Bibbia ebraica traduce con questo verbo Es 40,35, dove si descrive la nube, cioè la presenza di Dio, che sosta sopra la tenda dell’incontro. È un richiamo esplicito e forte: ormai è Maria la nuova tenda dell’incontro, la nostra umanità la definitiva dimora di Dio. È la prima occorrenza di un termine caratteristico di Matteo: δίκαιος (dìkaios). Nel primo Vangelo non riguarda solo la giustizia sociale, ma esprime l’attitudine ad agire secondo la Legge di Dio. In Giuseppe sembra radicalizzarsi questa qualità di “uomo giusto”, fedele alla legge di Dio anche a costo di superarla, per rimanere “giusto” anche nei confronti di se stesso, della vita di Maria e della storia che si sta compiendo. In una sorta di inclusione, alla fine del Vangelo (27,19), “quel giusto” sarà Gesù stesso. Il significato del verbo deigmatìzō (δειγματίζω), raro nel Nuovo Testamento, è “compromettere, esporre al disonore”. Ma si potrebbe leggere in questa espressione una maggiore drammaticità, come suggeriscono alcuni testi datati intorno alla fine del II secolo, come il Protovangelo di Giacomo, che parlano di un “giudizio di morte” a cui sarebbe esposta Maria. Si tratta dell’interpretazione del versetto secondo Dt 22,20-21, che parla della giovane non trovata dal marito in stato di verginità e per questo condannabile alla lapidazione. In questo aoristo passivo del verbo ghennàō (γεννάω) si trova l’idea della generazione da parte di Dio. Matteo potrebbe essersi ispirato al Sal 2,7, da cui si potrebbe evincere una cristologia su Gesù erede di David, oppure al cantico di Mosè di Dt 32, in cui è Israele a essere generato da Dio: in questo caso la figura di Gesù, figlio obbediente, si pone in contrasto con il comportamento opposto del popolo d’Israele. L’originale ebraico di questo versetto di Isaia 7,14 usa un termine generico, ‘alma, che semanticamente non sottolinea la verginità, ma l’età di una giovane donna che ha raggiunto la pubertà. La traduzione greca della Bibbia ebraica (detta Settanta) traduce questo termine con parthènos (παρθένος), che significa “vergine”, termine che Matteo usa qui per tradurre il medesimo versetto di Isaia, per sottolineare la coincidenza con la situazione di Maria. Questo nome Emmanouēl (Ἐμμανουήλ) compare solo nel libro di Isaia, ma si avvicina all’espressione di fiducia rivolta a Dio in Sal 46,8: “yhwh ‘immānû”, YHWH con noi. In una sorta di inclusione, in Mt 28,20 Gesù dirà ai suoi discepoli “io sono con voi”, una formula molto simile a quella con cui Matteo spiega qui il secondo nome di Gesù: “Dio con noi”.

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