Matteo è l’unico evangelista a usare l’aggettivo tèleios (τέλειος), qui e in 19,21 con il giovane ricco. Questa idea è presente soprattutto nelle lettere paoline, in 1Gv e in Gc.
L’aggettivo, tuttavia, è ben radicato nell’Antico Testamento e nella tradizione giudaica, con diverse possibili sfumature: l’irreprensibilità di Israele, l’uomo interamente rivolto a Dio, l’animale idoneo al sacrificio in quanto privo di imperfezioni (Es 12,5). Noè, l’unico “giusto” nel libro della Genesi, è definito anche “perfetto” (Gen 6,9), nel senso di “integro”.
Qui, nel contesto del Discorso della Montagna, l’invito alla perfezione potrebbe indicare la scelta di andare oltre il senso letterale della Legge per individuarne e metterne in pratica il cuore.
Commento alla Liturgia
VII Domenica Tempo Ordinario
Prima lettura
Lv 19,1-2.17-18
1Il Signore parlò a Mosè e disse: 2"Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: "Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. 17Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui. 18Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 102(103)
R. Il Signore è buono e grande nell'amore.
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici. R.
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia. R.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe. R.
Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono. R.
Seconda Lettura
1Cor 3,16-23
16Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? 17Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi. 18Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, 19perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia. 20E ancora: Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani. 21Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: 22Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! 23Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.
Vangelo
Mt 5,38-48
38Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. 39Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l'altra, 40e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. 42Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. 43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
Approfondimenti
Matteo è l’unico evangelista a usare l’aggettivo tèleios (τέλειος), qui e in 19,21 con il giovane ricco. Questa idea è presente soprattutto nelle lettere paoline, in 1Gv e in Gc.
L’aggettivo, tuttavia, è ben radicato nell’Antico Testamento e nella tradizione giudaica, con diverse possibili sfumature: l’irreprensibilità di Israele, l’uomo interamente rivolto a Dio, l’animale idoneo al sacrificio in quanto privo di imperfezioni (Es 12,5). Noè, l’unico “giusto” nel libro della Genesi, è definito anche “perfetto” (Gen 6,9), nel senso di “integro”.
Qui, nel contesto del Discorso della Montagna, l’invito alla perfezione potrebbe indicare la scelta di andare oltre il senso letterale della Legge per individuarne e metterne in pratica il cuore.
Dunque
La misura di carità che il vangelo ci chiede di onorare come parola di Dio, in questa domenica, potrebbe risultare troppo elevata o astratta ai nostri orecchi:
«Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48).
La voce del salmista è però in grado di collocare in una luce positiva lo scarto che percepiamo di fronte alla rivelazione di Dio, ricordandoci che la distanza abissale che avvertiamo al cospetto della sua voce è, in realtà, la stessa che vorremmo sperimentare tra noi e i nostri peccati: «Quanto dista l’oriente dall’occidente, così egli allontana da noi le nostre colpe» (Sal 102,12). La misura smisurata su cui porre l’attenzione non è, pertanto, la santità a cui siamo chiamati, ma l’intensità della misericordia di Dio, a cui siamo destinati senza poterla in nessun modo meritare:
«Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore» (Sal 102,8).
Per aiutare i discepoli a comprendere la logica delle Beatitudini, il Maestro cita la Torah di Mosé, in cui sta scritto: «Occhio per occhio e dente per dente» (Mt 5,38). È la cosiddetta legge del taglione (dal lat. talio/talis, «cosa di entità simile»), che pone un limite alla sete di vendetta, al diritto di rivalsa per chi ha ricevuto un’offesa. Precisando una proporzionata misura all’offesa, il precetto di Dio stabiliva un confine preciso per la reazione che nasce da una prevaricazione subita. Il Signore iniziava così a educare l’umanità verso il suo destino di universale fraternità, insegnando a non prendersela troppo, a non eccedere nella sete di giustizia. Questa regola di equità, pur essendo antica e in qualche modo superata dalla maggior giustizia del vangelo, richiama l’importanza di essere molto prudenti e concreti quando le nostre relazioni si/ci feriscono. Il rischio potrebbe essere quello di compiere atti di amore superiori alle nostre forze, tentando – inutilmente – di opporci «al malvagio» (5,39).
Questa pessima abitudine, di dover essere a tutti i costi vittime o eroi, è un punto sul quale il Signore Gesù si permette di offrire sorprendenti consigli:
«Se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello» (Mt 5,39-40).
In effetti, quando rispondiamo al male con il male, alla rabbia con l’aggressività, stiamo permettendo ad altri di decidere la direzione della nostra vita. Non siamo più autonomi, ma mimetici, mettendo in atto meccanismi e atteggiamenti imitativi. La nostra libertà è sostituita – o almeno condizionata – dalla libertà di chi ha deciso di metterci i bastoni tra le ruote.
Anche il poverello di Assisi, facendo una ricca e sofferta esperienza di fraternità, aveva intuito questo meccanismo, scrivendone ai suoi frati: «Al servo di Dio nessuna cosa deve dispiacere eccetto il peccato. E in qualunque modo una persona peccasse e, a motivo di tale peccato, il servo di Dio, non più guidato dalla carità, ne prendesse turbamento e ira, accumula per sé come un tesoro quella colpa. Quel servo di Dio che non si adira né si turba per alcunché, davvero vive senza nulla di proprio. Ed egli è beato perché, rendendo a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio, non gli rimane nulla per sé» (Ammonizione XII, FF 160). La riflessione di san Francesco trova una straordinaria eco nel libro del Levitico, dove si afferma:
«Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui» (Lv 19,27).
Il Signore non pretende che fingiamo di essere esteriormente imperturbabili in mezzo ai colpi e alle sofferenze della vita, ma vuole che «nessuno si illuda» (1Cor 3,18), insegnandoci come restare interiormente liberi nel cuore di ogni tipo di difficoltà relazionale che sperimentiamo. Per godere di questa libertà occorre essere molto sinceri con se stessi e gioiosamente aperti al dono di Dio. Solo così potremo fare la nostra parte, lasciando che Dio compia fedelmente la sua:
«Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» (Lv 19,2).
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