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Il verbo plēroō (πληρόω) non ha un significato univoco, ma può implicare l’idea di riempire, realizzare, compiere, valorizzare, conferendo così a questo versetto – nel cui testo greco non compare l’aggettivo “pieno” – un notevole spessore teologico. Inoltre, questa è anche una delle poche parole di Gesù presenti anche in altri scritti importanti, come il Talmud babilonese e il Vangelo ebraico di Matteo. Il riferimento comune è Dt 4,2, che raccomanda di non aggiungere né togliere nulla dai comandi del Signore. Gesù conferma la Legge, nel senso che ne rivela il significato conforme all’intenzione del legislatore, Dio stesso.
La particella amēn (ἀμήν) è utilizzata da Matteo per 31 volte e significa “vi assicuro che, è vero, è certo”. Di solito, apre una dichiarazione solenne di Gesù, con l’intento si suggerire che quanto viene detto non è immediatamente deducibile con la logica umana, ma è una rivelazione di Dio, attraverso il suo Messia.
Il verbo akouō (ἀκούω) potrebbe alludere non solo all’atto di ascoltare ma anche a una formula rabbinica che indicava una tradizione non rivelata da Dio a Mosè sul Sinai e tuttavia ugualmente considerata normativa grazie attraverso la trasmissione orale. Gesù dunque potrebbe riferirsi non solo ai passi scritturistici (come altrove quando Matteo usa l’espressione “è scritto…”) ma al complesso dell’insegnamento dei farisei e dei rabbini.
La particella dé (δέ) nel Vangelo di Matteo sembra indicare una discontinuità nella narrazione, non tanto avere una valenza avversativa. Avvisa il lettore che occorre cambiare prospettiva per accogliere quanto Gesù sta per dire. Per esprimerne il coordinamento con quanto la precede, in questo capitolo potrebbe essere tradotta quindi con “ebbene”, per sottolineare quanto Gesù aggiunge alla comprensione della Legge, senza volerla contestare.
Comunemente, con questa espressione si intendono quei matrimoni tra consanguinei che i rabbini identificavano con il concubinato, proibito in Lv 18. Tuttavia, in Matteo il termine pornèia (πορνεία), che ricorre 26 volte nel Nuovo Testamento, implica la più comune “fornicazione, prostituzione”, con la possibilità di evocare ogni genere di rapporto sessuale illegittimo, incluso l’adulterio, ovvero l’infedeltà all’interno di un matrimonio.
Alla lettera, il verbo apodìdōmi (ἀποδίδωμι) andrebbe tradotto con “restituirai” al Signore “quanto gli hai promesso con giuramento”. Con questo significato, il verbo compare nel Vangelo di Matteo 15 volte. Già nell’antichità classica poteva significare anche “compiere i voti fatti).
Il sostantivo ponēròs (πονηρός) nel Vangelo di Matteo ha la più alta occorrenza di tutto il Nuovo Testamento (26 volte, rispetto alle 13 di Luca e alle 2 di Marco). In questo caso, il Maligno esprime una personificazione del male, il male in senso personale. Poiché, tuttavia, il termine può essere sia di genere maschile che neutro, quando è neutro significa “tutto il male”, oppure “cose malvagie”. Nel caso del Padre Nostro, però, poiché al genitivo i due generi coincidono, i Padri della Chiesa si sono divisi sull’interpretazione: “liberaci dal Maligno” oppure “liberaci dal male”.
Commento alla Liturgia
VI Domenica Tempo Ordinario
Prima lettura
Sir 15,16-21
16Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. 17Davanti agli uomini stanno la vita e la morte*: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà. 18Grande infatti è la sapienza del Signore; forte e potente, egli vede ogni cosa. 19I suoi occhi sono su coloro che lo temono, egli conosce ogni opera degli uomini. 20A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 118(119)
R. Beato chi cammina nella legge del Signore.
Beato chi è integro nella sua via
e cammina nella legge del Signore.
Beato chi custodisce i suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore. R.
Tu hai promulgato i tuoi precetti
perché siano osservati interamente.
Siano stabili le mie vie
nel custodire i tuoi decreti. R.
Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita,
osserverò la tua parola.
Aprimi gli occhi perché io consideri
le meraviglie della tua legge. R.
Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la custodirò sino alla fine.
Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge
e la osservi con tutto il cuore. R.
Seconda Lettura
1Cor 2,6-10
6Tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. 7Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. 8Nessuno dei dominatori di questo mondo l'ha conosciuta; se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. 9Ma, come sta scritto: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano. 10Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio.
Vangelo
Mt 5,17-37
17Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. 18In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. 19Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. 20Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. 21Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai ; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. 22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: "Stupido", dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: "Pazzo", sarà destinato al fuoco della Geènna. 23Se dunque tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24lascia lì il tuo dono davanti all'altare, va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. 25Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. 26In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo! 27Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. 28Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. 29Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. 30E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. 31Fu pure detto: "Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto del ripudio". 32Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all'adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. 33Avete anche inteso che fu detto agli antichi: "Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti". 34Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, 35né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. 36Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. 37Sia invece il vostro parlare: "Sì, sì", "No, no"; il di più viene dal Maligno.
Note
Distillare
Siamo ancora insieme al Signore Gesù, ai suoi apostoli e alla folla, sul monte delle beatitudini dove la Sua parola di consolazione diventa sempre più una parola di esortazione e di orientamento per la vita di ogni giorno, si direbbe, anzi, di ogni momento. All’inizio del lungo vangelo di questa domenica vi è una presa di posizione da parte del Signore Gesù, che ha assunto le vesti del Maestro e che si è assiso serenamente sulla cattedra di Mosè, facendosi mediazione della parola di Dio per ogni uomo:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento» (Mt 5,17).
Possiamo e dobbiamo cogliere questo movimento di compimento nel duplice dinamismo del mettere in pratica e dell’amplificare. Del resto è sempre vero che quando un insegnamento viene realmente accolto e incarnato, concretamente e veramente nella propria vita, non può che amplificarne ulteriormente il significato, rivelando continuamente nuove sfumature di colore e nuovi accenti.
Lo ricorda l’apostolo Paolo quando dice:
«Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito, infatti, conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio» (2Cor 2,10).
La parola dell’apostolo ci permette di trovare la giusta attitudine nei confronti della parola del Signore Gesù. L’ascolto non è, proprio per questo, una semplice registrazione di contenuti, né tantomeno si traduce in una pratica dettata dal timore e tendente a garantirsi una buona posizione nei confronti del volere di Dio. L’ascolto autentico è un’operazione di dilatazione interiore che potremmo anche accostare all’opera della distillazione. La parola di Dio è riversata continuamente nei nostri cuori ed è affidata alla nostra vita perché, giorno dopo giorno, venga distillato il nettare della «sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria» (2,7).
Se rimaniamo in questa immagine della distillazione, allora è più semplice e più efficace comprendere ciò che ci viene ricordato nella prima lettura:
«Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno, se hai fiducia in lui, anche tu vivrai» (Sir 15,16).
La parola di Dio non solo esige di essere messa in pratica, ma esige pure di allargarne e amplificarne sempre di più la comprensione del cuore, che avviene attraverso una sua essenzializzazione. Giorno dopo giorno la parola di Dio genera in noi un cuore come quello di Dio, che è semplicemente amore che si fa attenzione: una goccia di questo amore contiene una potenza capace di ridurre a nulla l’ignoranza dell’insensibilità e dell’incapacità a desiderare non solo di amare sempre di più, ma di amare sempre meglio. In questa logica di dilatazione essenziale, i gesti della preghiera non potranno che essere posti solo «poi» (Mt 5,24), essendo sempre al primo posto il «tuo fratello».
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