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Il termine drepanon (δρέπανον) ricorre 7 volte nel NT, di cui solo una in Mc e le altre in Ap 14,14-19, dove il riferimento biblico è Gl 4,13-14:in entrambi i casi, il contesto evoca il momento in cui sarà resa giustizia agli oppressi. Il riferimento alle scritture profetiche, quindi, conferisce a questa frase una evidente dimensione escatologica: Gesù esprime la sua fede e la sua speranza che Dio condurrà a buon fine ciò che ha cominciato a realizzare attraverso di lui. Nella concezione e nel tempo di Marco, questo significa che tutte le tappe della storia della salvezza sono inscritte nel disegno di Dio.
L’immagine degli uccelli, ripresa da Dn 4, Ez 17 e 19, Sal 103(104), evoca risonanze escatologiche ma anche riferimenti alla creazione. La prospettiva di Marco è che la storia sia tesa verso il ricongiungimento del mondo di Dio con il mondo degli umani: questo movimento degli uccelli che finalmente “possono” ripararsi all’ombra di questo grande albero, nato da un seme piccolissimo, è il pensiero audace del Maestro.
Si tratta di una formula solenne (elalei autois ton logon, ἐλάλει αὐτοῖς τὸν λόγον) con cui Marco esprime l’essenziale: dicendo la Parola, Gesù proclama la venuta del Regno di Dio nella storia (cf. 2,2). Le parabole sono al servizio di questa fondamentale comunicazione.
In questo caso, il verbo dunamai (δύναμαι) non esprime la sfumatura della “capacità” di fare qualcosa, ma quella della “responsabilità”, nel senso che la possibilità di ascoltare dipende dalla disponibilità ad accogliere la parola della fede. Troviamo il verbo dunamai con la stessa sfumatura di significato, per esempio, in Gv 6,60: “Questa parola è dura. Chi può ascoltarla?".
In questo caso, il verbo dunamai (δύναμαι) non esprime la sfumatura della “capacità” di fare qualcosa, ma quella della “responsabilità”, nel senso che la possibilità di ascoltare dipende dalla disponibilità ad accogliere la parola della fede. Troviamo il verbo dunamai con la stessa sfumatura di significato, per esempio, in Gv 6,60: “Questa parola è dura. Chi può ascoltarla?".
Commento alla Liturgia
Venerdì della III settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Eb 10,32-39
32Richiamate alla memoria quei primi giorni: dopo aver ricevuto la luce di Cristo, avete dovuto sopportare una lotta grande e penosa, 33ora esposti pubblicamente a insulti e persecuzioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo. 34Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di essere derubati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e duraturi. 35Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa. 36Avete solo bisogno di perseveranza, perché, fatta la volontà di Dio, otteniate ciò che vi è stato promesso. 37Ancora un poco, infatti, un poco appena, e colui che deve venire, verrà e non tarderà. 38Il mio giusto per fede vivrà; ma se cede, non porrò in lui il mio amore. 39Noi però non siamo di quelli che cedono, per la propria rovina, ma uomini di fede per la salvezza della nostra anima.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 36(37)
R. La salvezza dei giusti viene dal Signore.
Confida nel Signore e fa' il bene:
abiterai la terra e vi pascolerai con sicurezza.
Cerca la gioia nel Signore:
esaudirà i desideri del tuo cuore. R.
Affida al Signore la tua via,
confida in lui ed egli agirà:
farà brillare come luce la tua giustizia,
il tuo diritto come il mezzogiorno. R.
Il Signore rende sicuri i passi dell'uomo
e si compiace della sua via.
Se egli cade, non rimane a terra,
perché il Signore sostiene la sua mano. R.
La salvezza dei giusti viene dal Signore:
nel tempo dell'angoscia è loro fortezza.
Il Signore li aiuta e li libera,
li libera dai malvagi e li salva,
perché in lui si sono rifugiati. R.
Vangelo
Mc 4,26-34
26Diceva: "Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura". 30Diceva: "A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra". 33Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
Note
Accogliere
Lo sforzo di Gesù nel cercare di spiegare cosa sia e in che modo operi il regno di Dio aiuta a capire anche a noi in che modo fargli spazio e favorirlo. Infatti il regno di Dio altro non è che quel dono della fede che man mano prende spazio nella nostra vita e in noi fino al punto di salvarci, cioè di strapparci dalla morte e dalla mancanza di senso e di speranza. Troppe volte ci convinciamo che la fede e la vita spirituale funzionino un po’ come la sequenza di un tecnica che alla fine ha come risultato ciò che desideravamo, ma la fede è come un seme che opera in noi anche quando noi non ce ne accorgiamo o non siamo sempre capaci di assecondarlo:
«Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura».
Questo dovrebbe molto rasserenarci perché significa che molte cose passano per le nostre scelte e le nostre capacità, ma molte altre no, ci sono date come dono e agiscono in noi senza che nemmeno ce ne rendiamo conto fino in fondo. Ad esempio quando qualcuno ti vuole bene veramente, quel bene agisce nella tua vita anche quando tu non ne sei all’altezza, anche quando non te ne accorgi, e soprattutto quando senti di essere più fragile. Dio continua ad amarci anche quando noi non ce ne rendiamo conto o magari non lo assecondiamo fino in fondo. L’unica cosa che ci viene chiesta è non smettere di accoglierlo, di fargli spazio, o per lo meno di provarci. La preghiera, i sacramenti, la carità sono alcuni modi attraverso cui accogliamo questo dono. Poi esso agisce in noi come nemmeno noi stessi sappiamo. Il nostro impegno quindi è non smettere di provare a pregare, di accostarci nel migliore dei modi ai sacramenti, e di migliorare quanto più possibile le relazioni di bene presenti dentro la nostra vita.
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