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Solo Marco tra gli evangelisti definisce il messaggio relativo al destino del Figlio dell’uomo un “insegnamento”. Usando proprio il verbo insegnare (in greco didàskō, διδάσκω), egli indica che apprendere la sorte del Figlio dell’uomo non è una semplice informazione ma un vero modello da imitare, norma di vita per i discepoli di Gesù di ogni tempo.
Il verbo paradìdōmi (παραδίδωμι) può significare sia “consegnare” che “tradire”. Il passivo utilizzato fa risuonare questa parola come un enigma, poiché non viene indicato l’autore dell’azione. Eppure, l’espressione “consegnare nelle mani degli uomini” può essere considerata il nocciolo più antico delle formule con cui Gesù parla del proprio destino. L’espressione ricorre spesso nella versione greca della Bibbia ebraica (la Settanta) e il soggetto quasi sempre è Dio: è lui che consegna persino il suo “servo” (cf. IV canto del Servo di Isaia). Gesù invece sarà consegnato dal “traditore” ma, parlando di sé alla terza persona, fa intendere una lucida adesione riguardo alla propria sorte.
Commento alla Liturgia
Martedì della VII settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Sir 2,1-11
1Figlio, se ti presenti per servire il Signore, * prepàrati alla tentazione. 2Abbi un cuore retto e sii costante *, non ti smarrire nel tempo della prova. 3Stai unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni. 4Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose, 5perché l'oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore. [Nelle malattie e nella povertà confida in lui.] 6Affìdati a lui ed egli ti aiuterà, raddrizza le tue vie e spera in lui*. 7Voi che temete il Signore, aspettate la sua misericordia e non deviate, per non cadere. 8Voi che temete il Signore, confidate in lui, e la vostra ricompensa non verrà meno. 9Voi che temete il Signore, sperate nei suoi benefici, nella felicità eterna e nella misericordia, [poiché la sua ricompensa è un dono eterno e gioioso. 10Considerate le generazioni passate e riflettete: chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso? O chi ha perseverato nel suo timore e fu abbandonato? O chi lo ha invocato e da lui è stato trascurato? 11Perché il Signore è clemente e misericordioso, perdona i peccati e salva al momento della tribolazione*.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 36(37)
R. Affida al Signore la tua via.
Confida nel Signore e fa’ il bene:
abiterai la terra e vi pascolerai con sicurezza.
Cerca la gioia nel Signore:
esaudirà i desideri del tuo cuore. R.
Il Signore conosce i giorni degli uomini integri:
la loro eredità durerà per sempre.
Non si vergogneranno nel tempo della sventura
e nei giorni di carestia saranno saziati. R.
Sta’ lontano dal male e fa’ il bene
e avrai sempre una casa.
Perché il Signore ama il diritto
e non abbandona i suoi fedeli. R.
La salvezza dei giusti viene dal Signore:
nel tempo dell’angoscia è loro fortezza.
Il Signore li aiuta e li libera,
li libera dai malvagi e li salva,
perché in lui si sono rifugiati. R.
Vangelo
Mc 9,30-37
30Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: "Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà". 32Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. 33Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: "Di che cosa stavate discutendo per la strada?". 34Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: "Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti". 36E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37"Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato".
Note
Accetta
L’esortazione del Siracide sembra confermare la catechesi che il Signore Gesù cerca di offrire ai suoi discepoli:
«Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose, perché l’oro si prova col fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore» (Sir 2,4-5).
Sembra che i discepoli ci provino ormai gusto ad assumere lo stesso atteggiamento dei farisei, forse anche per darsi un certo tono, loro che da gente perlopiù umile si trovano a vivere un’esperienza così unica accanto a un rabbi ormai stimato e ricercato… per questo non solo continuano a discutere, ma discutono proprio alla maniera dei farisei: «Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande» (Mc 9,34). Proprio la «strada» che per il Signore Gesù è il luogo privilegiato per donarsi e per annunciare il Vangelo della misericordia e della compassione, che rendono tutti fratelli e tutti uguali, si trasforma per i discepoli in ambito di discussione su un punto che rischia di metterli proprio fuori strada. Un rischio permanente nella vita della Chiesa e nella vita di ogni credente è di dimenticare che la novità assoluta del Vangelo che è Gesù Cristo è la rinuncia alla logica tipicamente “religiosa”, che tende a organizzare questo mondo e persino l’aldilà incasellando ogni cosa in un sistema di caste e in una gerarchia non solo chiara, ma assolutamente élitaria.
Il Signore Gesù sembra raccogliere tutte le sue forze e tutto il suo amore di pedagogo e di iniziatore dei suoi discepoli ricordando loro che al cuore del mistero di ciò che stanno condividendo con lui non c’è una realtà di privilegio, ma l’esperienza di una relazione con Dio che si fa sorgente continua di condivisione e di attenzione agli altri e non a se stessi, che si fa apertura paradossale a ciò per cui normalmente non si hanno né occhi, né cuore:
«chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato» (Mc 9,37).
Mentre i discepoli cercano di chiarire tra loro la gerarchia, come in ogni gruppo di uomini e in ogni branco di animali, il Signore Gesù ricorda che a essere «più grande» (9,34) è sempre l’altro e questo non per motivi particolari, ma prima di tutto e soprattutto perché in quanto altro esige accoglienza e precedenza. Per questo il Signore Gesù, «preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e abbracciandolo, disse loro…» (9,36).
Questo abbraccio di Gesù per un bambino è un fuoco capace di purificare fino a cambiare radicalmente il nostro modo di concepire la vita e i rapporti. Mentre le filosofie antiche e le scuole di benessere attuali cercano di evitare il dolore anche solo negandolo, il Signore Gesù, facendosi discepolo della sapienza delle Scritture, non enfatizza il dolore, ma pure ne accetta la presenza e il ruolo nel nostro inevitabile cammino di purificazione. Siamo noi quell’oro di cui parla il Siracide che, se si trova in natura, ha bisogno sempre di essere lavorato e purificato nel «crogiuolo» per essere all’altezza di se stesso. Il Signore Gesù, da parte sua, non solo ha subito, ma ha preparato il suo processo interiore di sublimazione che lo ha manifestato al mondo come rivelazione di Dio:
«Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà» (Mc 9,31).
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