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Il monte è un’ambientazione tipica del vangelo di Matteo: è il luogo culmine delle tentazioni (Mt 4,8), è il luogo da cui Gesù tiene il suo primo discorso (Mt 5), ed è da un monte che Gesù si mostrerà ai discepoli risorto (Mt 28,16ss). L’evangelista Luca colloca le apparizioni a Gerusalemme, mentre Giovanni intorno al lago.
Si tratta di un “passivo teologico”, che indica Dio stesso all’azione. Si potrebbe tradurre più letteralmente con “fu trasformato”, per l’idea di forma (morphē) racchiusa nel verbo metamorphoō (μεταμορφόω). L’evangelista Marco descrive così il Risorto: colui che appare “in altra forma” (16,12).
Matteo ha già usato questa immagine con il verbo lampō (λάμπω) a proposito dei giusti che “splenderanno come il sole nel regno del Padre loro” (13,43) e, secondo alcuni studiosi, la descrizione del volto splendente di Gesù nella Trasfigurazione, esclusiva di Matteo, mostrerebbe già ora, attraverso di lui, quale sarà la sorte di tutti i giusti. Inoltre, il volto di Gesù è paragonabile a quello di Mosè quando scendeva dal monte Sinai senza accorgersi che la pelle del suo viso era raggiante (Es 34,29-35). Tuttavia, nel caso di Gesù, questa è l’unica volta in cui qualcosa della sua gloria è visibile ai discepoli.
Il verbo episkiàzō (ἐπισκιάζω) è lo stesso usato a proposito della nuvola che riempie la tenda costruita da Mosè nel deserto, e che poi sarà riempita dalla gloria del Signore (Es 40,35). In quel passo traduce l’ebraico šākan, da cui viene l’espressione rabbinica Shekinà, che esprime la presenza di Dio nel mondo.
L’espressione si potrebbe tradurre “in lui è la mia volontà di bene”. Alla lettera, il termine eudokeō (εὐδοκέω) rimanda alla “benevolenza” divina e ricalca il concetto giudaico di rāsôn, che indicava la santa volontà di Dio che vuole salvare tutti gli uomini.
Commento alla Liturgia
II Domenica di Quaresima
Prima lettura
Gen 12,1-4a
1Il Signore disse ad Abram: "Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. 2Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. 3Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra". 4Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 32(33)
R. Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo.
Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell'amore del Signore è piena la terra. R.
Ecco, l'occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame. R.
L'anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo. R.
Seconda Lettura
2Tm 1,8b-10
8Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. 9Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall'eternità, 10ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'incorruttibilità per mezzo del Vangelo,
Vangelo
Mt 17,1-9
1Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: "Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia". 5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: "Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo". 6All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: "Alzatevi e non temete". 8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. 9Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: "Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti".
Note
È bello
Dopo aver affrontato il deserto del nostro cuore e aver conosciuto tutti i combattimenti che lo abitano, il Signore Gesù, nel cuore del suo ministero in favore del Regno, sente il bisogno di salire in cima a un «alto monte» per avere un incontro speciale con il suo — e nostro — Dio. Non compie questo itinerario di ascesa solo per se stesso, in una solitudine di preghiera, ma «condusse con sé Pietro, Giacomo e Giovanni» (Mt 17,1). Il contesto della Trasfigurazione offre subito un richiamo indispensabile per portare avanti l’impegno e la grazia dell’ascesi quaresimale. Come discepoli abbiamo assoluto bisogno che la nostra preghiera si svolga — almeno di tanto in tanto — «in disparte» (17,1), nel silenzio e in un profondo raccoglimento interiore. Il bisogno di accedere all’abisso di povertà e di desiderio presente nel nostro cuore nasce dal fatto che solo Dio conosce il nostro volto e soltanto all’interno di una certa intimità è disposto a rivelarci il suo. Perché amarsi vuol dire, talvolta, incontrarsi lontano da ogni rumore e interferenza. Restare volto a volto. Cuore a cuore.
Restare in silenzio, con una profonda attenzione al proprio cuore, non è esperienza facile. La nostra società, che misura ogni cosa in termini di efficacia e di tornaconto, certamente non aiuta a coltivare spazi di raccoglimento e di preghiera. Eppure, soltanto in certe situazioni e a certe condizioni possono compiersi incredibili — e indispensabili — esperienze di incontro con il mistero di Dio:
«(Gesù) fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui» (Mt 17,2-3).
Il frutto più prezioso che possiamo ricevere da un’intimità con Dio profondamente desiderata e scelta è la presa di coscienza di quanto sia splendido essere viventi di fronte al suo volto, per poter diventare partecipi della sua comunione d’amore. Sorpreso dal meraviglioso spettacolo di luce e di bellezza che si è acceso sul monte, Pietro a nome di ogni discepolo esclama:
«Signore, è bello per noi essere qui» (Mt 17,4).
Recuperare un’idea grata e felice di Dio è la prima necessità per avere la forza di obbedire a Cristo, per fidarsi dei suoi insegnamenti e, così, mettere la nostra vita dietro ai suoi passi, come la voce stessa del Padre esorta a fare: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo» (17,5). Finché il nostro cuore non è convinto e affascinato dalla parola e dalla vita del vangelo, noi sapremo portare avanti il cammino di fede al massimo come un generoso tentativo di rispettare regole e norme. Solo un’esperienza felice e intima dello splendore del suo volto può riaccendere il meccanismo della nostra conversione, e condurci — quasi spontaneamente — a immergerci nella follia d’amore di un Dio uno e trino.
Del resto, a noi discepoli «è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità» una «vocazione santa», di cui sempre dovremmo essere memori: la «grazia» (2Tm 1,9) di poter soffrire — «con la forza di Dio» — «per il vangelo» (1,8). Si tratta di accogliere nella nostra vita il mistero della croce, partecipando all’opera del nostro Signore e Maestro, il quale «ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita» (1,10). Per poter aderire con tutto ciò che siamo — e non siamo — a questo disegno d’amore, occorre una serena disponibilità a saperci mettere in cammino e in disparte, come Abramo, nostro padre nella fede. Egli «partì, come gli aveva ordinato il Signore» (Gen 12,4) — e «senza sapere dove andava» (Eb 11,8) — perché troppo bella era la promessa:
«Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione» (Gen 12,2).
La conversione al vangelo non è qualcosa che noi dobbiamo fare — come vorrebbe Pietro che chiede a Gesù: «se vuoi farò qui tre capanne...» (Mt 17,4) — ma qualcosa che Dio desidera compiere in noi, nella misura in cui ci lasciamo guardare dal suo volto e affascinare dal suono della sua voce:
«Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore» (Sal 32,18).
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