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Il verbo poieō (ποιέω) indica qui l’azione di “impastare” la terra con la saliva per farne fango. L’impastare è uno dei 39 lavori proibiti in giorno di sabato.
Il verbo niptō (νίπτω) non indica l’immersione, il fare il bagno, ma il gesto di chinarsi per togliersi il fango dagli occhi con dell’acqua. Nel Vangelo di Giovanni è utilizzato solamente qui e nel capitolo 13, per la lavanda dei piedi. In Mc 7,3 indica le abluzioni rituali prima dei pasti. In entrambi i casi, si vuole suggerire uno stretto legame con il battesimo e con Gesù.
Si tratta proprio di una divisione interna tra i farisei, evidenziata con l’uso del termine schisma (σχίσμα): per gli uni il problema è l’inosservanza del sabato, che rende Gesù un peccatore, per gli altri la realizzazione di un segno del genere da parte di un peccatore.
Commento alla Liturgia
IV Domenica di Quaresima
Prima lettura
1Sam 16,1b.4.6-7.10-13
1Il Signore disse a Samuele: "Fino a quando piangerai su Saul, mentre io l'ho ripudiato perché non regni su Israele? Riempi d'olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re". 4Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato e venne a Betlemme; gli anziani della città gli vennero incontro trepidanti e gli chiesero: "È pacifica la tua venuta?". 6Quando furono entrati, egli vide Eliàb e disse: "Certo, davanti al Signore sta il suo consacrato!". 7Il Signore replicò a Samuele: "Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l'ho scartato, perché non conta quel che vede l'uomo: infatti l'uomo vede l'apparenza, ma il Signore vede il cuore". 10Iesse fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: "Il Signore non ha scelto nessuno di questi". 11Samuele chiese a Iesse: "Sono qui tutti i giovani?". Rispose Iesse: "Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge". Samuele disse a Iesse: "Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui". 12Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto. Disse il Signore: "Àlzati e ungilo: è lui!". 13Samuele prese il corno dell'olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi. Samuele si alzò e andò a Rama.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 22(23)
R. Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l'anima mia. R.
Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza. R.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca. R.
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni. R.
Seconda Lettura
Ef 5,8-14
8Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; 9ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. 10Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. 11Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. 12Di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare, 13mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce. 14Per questo è detto: "Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà".
Vangelo
Gv 9,1-41
1Passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?". 3Rispose Gesù: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo". 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: "Va' a lavarti nella piscina di Sìloe" - che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. 8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: "Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?". 9Alcuni dicevano: "È lui"; altri dicevano: "No, ma è uno che gli assomiglia". Ed egli diceva: "Sono io!". 10Allora gli domandarono: "In che modo ti sono stati aperti gli occhi?". 11Egli rispose: "L'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: "Va' a Sìloe e làvati!". Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista". 12Gli dissero: "Dov'è costui?". Rispose: "Non lo so". 13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: "Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo". 16Allora alcuni dei farisei dicevano: "Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato". Altri invece dicevano: "Come può un peccatore compiere segni di questo genere?". E c'era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: "Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?". Egli rispose: "È un profeta!". 18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: "È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?". 20I genitori di lui risposero: "Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l'età, parlerà lui di sé". 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: "Ha l'età: chiedetelo a lui!". 24Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: "Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore". 25Quello rispose: "Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo". 26Allora gli dissero: "Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?". 27Rispose loro: "Ve l'ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?". 28Lo insultarono e dissero: "Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia". 30Rispose loro quell'uomo: "Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla". 34Gli replicarono: "Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?". E lo cacciarono fuori. 35Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: "Tu, credi nel Figlio dell'uomo?". 36Egli rispose: "E chi è, Signore, perché io creda in lui?". 37Gli disse Gesù: "Lo hai visto: è colui che parla con te". 38Ed egli disse: "Credo, Signore!". E si prostrò dinanzi a lui. 39Gesù allora disse: "È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi". 40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: "Siamo ciechi anche noi?". 41Gesù rispose loro: "Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: "Noi vediamo", il vostro peccato rimane".
Note
Approfondimenti
La figura del “Figlio dell’uomo” richiama quella del profeta Daniele e il suo contesto apocalittico (letteralmente, di rivelazione), che include tutto quanto riguarda un discernimento sapienziale.
Dio Padre non giudica, poiché ha dato tutto il giudizio al Figlio (Gv 5,22), ma il suo giudizio consiste nel non giudicare – in questo caso, il presunto peccato del cieco. Ciò che il Figlio dell’uomo opera è un giudizio di rivelazione, cioè un discernimento, nella sua duplice posizione di essere completamente dedicato a Dio e nello stesso tempo solidale e responsabile verso il suo popolo.
Con la sua puntuale ironia, Giovanni fa subentrare a Gesù il cieco guarito, che opera a sua volta un discernimento davanti ai farisei.
Come figli
Superata ormai la metà del cammino quaresimale, la Chiesa intravede già la luce della gioia pasquale, lasciando che il suo candore modifichi anche il colore dei paramenti liturgici che, in questa domenica, possono essere rosa anziché viola. I testi biblici offerti per la meditazione sono luce che invita a uscire dalle tenebre della tristezza e della rassegnazione:
«Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà» (Ef 5,14).
«Un uomo cieco dalla nascita» (Gv 9,1) è la figura evangelica con cui possiamo confrontarci, per verificare quanta e quale luce è presente nei nostri occhi, cioè in fondo al nostro cuore. Passando accanto a quest’uomo, silenziosamente «seduto a chiedere l’elemosina» (9,8), i discepoli interrogano il Maestro circa la sua triste condizione:
«Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?» (Gv 9,2).
La domanda è interessante, perché rivela come il nostro modo di vedere e leggere la realtà sia in genere guidato dal principio di causa-effetto. Si tratta di una griglia di lettura legittima in molti casi, ma incapace di farci cogliere il significato profondo di alcune porzioni di realtà, dolorose da riconoscere e dure da accettare. Ecco da quale tenebra i nostri occhi hanno bisogno di essere anzitutto riscattati, da un certo modo di fissare la realtà delle cose badando più «al suo aspetto» e «alla sua alta statura» che al suo «cuore» (1Sam 16,7). Persino il profeta Samuele, da sempre abituato a porgere l’orecchio alla parola del Signore, scopre di dover aguzzare meglio la vista per poter capire e annunciare le scelte di Dio. Davanti ai «sette figli» di Iesse, Samuele è continuamente chiamato a passare da ciò che gli sembra «certo» (16,6) a ciò che «il Signore vede» oltre «l’apparenza» (16,9), fino a proclamare: «Il Signore non ha scelto nessuno di questi» (16,10).
Il Signore Gesù offre ai discepoli una risposta che li obbliga a modificare l’orientamento del loro sguardo, passando dal chi al perché:
«Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio» (Gv 9,3).
Questa è sempre la conversione più difficile da compiere, per poter accedere a un altro modo di cogliere le cose all’interno del disegno di Dio: abbandonare la caccia al colpevole e iniziare la ricerca di una speranza nascosta anche nelle pieghe più oscure di ogni situazione, nella speranza che le «opere di Dio» possano ancora e nuovamente realizzarsi.
C’è infatti una cosa che (solo) il Signore può fare con la nostra umanità ferita e irrisolta:
«Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: “Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe”, che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva» (Gv 9,6-7).
Attraverso la sua parola e il soffio dello Spirito, il Signore Gesù è capace di trasformare ogni «più piccolo» particolare della nostra storia in un’occasione di annuncio del suo Regno. Questa è la spiegazione migliore, più profonda e convincente del perché tante cose (inspiegabili) continuano a esserci: affinché, nel loro incontro con la grazia di Cristo, possano diventare efficace testimonianza dell’amore di Dio. Le zone d’ombra e i fatti tristi della nostra vita non trovano mai un pieno riscatto, finché non accettiamo di lavarci nella piscina dell’inviato. Il cieco accoglie questa singolare chiamata, si tuffa nelle acque di Siloe e scopre quello che prima non poteva in alcun modo sapere: che egli non era un reietto, ma un inviato. C’è qualcosa di nascosto nei nostri dolori, nei nostri enigmi, nelle nostre solitudini, una realtà che ci viene svelata soltanto quando ascoltiamo la parola di Dio e accogliamo la missione che egli ci affida. L’uomo cieco dalla nascita sperimenta una meravigliosa trasformazione che lo rende, in tempi brevissimi, simile a Cristo: contestato e cacciato a causa della verità che la sua vita finalmente proclama: «L’uomo che si chiama Gesù» (9,11) è il «Signore» (9,38). «Siamo ciechi anche noi» (9,40) fino a quando non arriviamo a credere di poter essere, così come siamo, «luce nel Signore», testimoniando il vangelo con estrema naturalezza: comportandoci «come figli» (Ef 5,8).
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