Commento alla Liturgia

Mercoledì della V settimana di Quaresima

Prima lettura

Dn 3,14-20.46-50.91-92.95

14Nabucodònosor disse loro: "È vero, Sadrac, Mesac e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d'oro che io ho fatto erigere? 15Ora se voi, quando udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell'arpa, del salterio, della zampogna e di ogni specie di strumenti musicali, sarete pronti a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatto, bene; altrimenti, in quel medesimo istante, sarete gettati in mezzo a una fornace di fuoco ardente. Quale dio vi potrà liberare dalla mia mano?". 16Ma Sadrac, Mesac e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: "Noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito; 17sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente e dalla tua mano, o re. 18Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d'oro che tu hai eretto". 19Allora Nabucodònosor fu pieno d'ira e il suo aspetto si alterò nei confronti di Sadrac, Mesac e Abdènego, e ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito. 20Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadrac, Mesac e Abdènego e gettarli nella fornace di fuoco ardente. 46I servi del re, che li avevano gettati dentro, non cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece e sarmenti. 47La fiamma si alzava quarantanove cubiti sopra la fornace 48e uscendo bruciò quei Caldei che si trovavano vicino alla fornace. 49Ma l'angelo del Signore, che era sceso con Azaria e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco della fornace 50e rese l'interno della fornace come se vi soffiasse dentro un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia. 91Allora il re Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi ministri: "Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?". "Certo, o re", risposero. 92Egli soggiunse: "Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell'aspetto a un figlio di dèi". 95Nabucodònosor prese a dire: "Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all'infuori del loro Dio.

Salmo Responsoriale

Da Dn 3,52-56

R. A te la lode e la gloria nei secoli.

Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo. R.
 
Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso.
Benedetto sei tu sul trono del tuo regno. R.
 
Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi
e siedi sui cherubini.
Benedetto sei tu nel firmamento del cielo. R.

Vangelo

Gv 8,31-42

31Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: "Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; 32conoscerete la verità e la verità vi farà liberi". 33Gli risposero: "Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: "Diventerete liberi"?". 34Gesù rispose loro: "In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. 35Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. 36Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. 37So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. 38Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro". 39Gli risposero: "Il padre nostro è Abramo". Disse loro Gesù: "Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. 40Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l'ha fatto. 41Voi fate le opere del padre vostro". Gli risposero allora: "Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!". 42Disse loro Gesù: "Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato.

Commento alla Liturgia

Convertire... in davvero

MichaelDavide Semeraro

La parola del Signore Gesù ci esorta a una profonda verifica del nostro cammino discepolare:

«Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli» (Gv 8,31).

Davanti a questa parola esigente del Maestro possiamo e forse dobbiamo chiederci con grande generosità e onestà che cosa si possa nascondere dietro quel «davvero» evocato dal Vangelo. Forse per capire la portata di questa esigenza possiamo fare memoria delle volte in cui noi stessi facciamo ricorso a questo termine, ad esempio quando esclamiamo: «Davvero?!». In questo caso normalmente esprimiamo lo stupore davanti a qualcosa di inaspettato che però è segretamente desiderato. In altre situazioni, quando vogliamo protestare il nostro coinvolgimento profondo in una relazione, quasi con una punta di disperazione ci lasciamo andare fino a dire: «Davvero ti voglio bene». In altri casi, questa parola accompagna il nostro bisogno di conferma: «Mi vuoi bene davvero?». Alla luce dell’uso che facciamo di questa esclamazione, forse è più facile capire l’ultima parola del Vangelo di quest’oggi:

«Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato» (Gv 8,42).

Nell’aspra diatriba con i Giudei che resistono fino a opporsi a quanto il Signore Gesù cerca di comunicare della sua intimissima relazione con il Padre, verrebbe da dire che il gioco si fa duro da ambedue le parti. I Giudei contestano la pretesa di Gesù di essere il figlio di un Padre che è il Dio dei padri di Israele, mentre il Signore continua ad attestare questo legame senza il quale non si può comprendere né, tantomeno, accogliere il suo messaggio:

«Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero» (Gv 8,36).

Il «davvero» evocato e proposto dal Signore Gesù non ha affatto una connotazione teorica né, tantomeno, accademica. Si tratta di un elemento di coinvolgimento esistenziale che, tra l’altro, in modo assai spontaneo crea relazioni sempre più ampie e amplificate a partire da un nocciolo incandescente – il legame tra il Padre e il Figlio – che non si richiude su se stesso, ma si comunica in modo eccentrico e vertiginoso.
La prima lettura della Liturgia comincia con una domanda:

«È vero Sadrach, Mesach e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d’oro che ho fatto erigere?» (Dn 3,14).

La risposta dei giovani non è una parola affermativa o negativa, ma una dichiarazione di disponibilità assoluta e incondizionata a rimanere fedeli alla verità percepita e coltivata nell’intimo del loro cuore. I giovani sono «davvero» liberi perché non hanno bisogno di essere liberati da Nabucodonosor, così da non sentirsi in pericolo se questi li condanna a passare per la «fornace» (3,50). Per noi che vogliamo essere «davvero» dei «discepoli» che sono veramente «liberi», questi giovani diventano un modello di libertà perché ci rammentano il prezzo da pagare, che passa sempre attraverso la rinuncia a conservare persino la propria vita.
Quando il Signore ci chiede di diventare suoi discepoli, ci offre la possibilità di entrare in quel dinamismo di comunione vissuta dal Padre e dal Figlio. In questo modo siamo introdotti nella libertà di un amore che non si ferma davanti a nessuna minaccia, perché nulla può, in verità, minacciare il dono consapevole e libero della propria vita.

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