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Si tratta di un’espressione idiomatica greca, per esprimere l’uso di una situazione a proprio vantaggio. Il sostantivo harpagmos (ἁρπαγμός) indica una realtà posseduta, conquistata anche con la forza o con il furto, che si vuole a tutti i costi conservare.
Il sostantivo schēma (σχῆμα) indica la forma esteriore e riconoscibile di qualcosa o qualcuno. Quindi Cristo non solo fu come gli altri uomini, ma fu il suo comportamento a farlo riconoscere come tale.
Nel greco biblico, il verbo kenoō (κενόω) è usato sempre in senso metaforico. Questo è l’unico passo in cui è costruito con un pronome riflessivo, per mettere in risalto l’aspetto personale e libero dello svuotamento di Cristo, che consiste nell’assumere la condizione dello schiavo.
Questa è l’unica occorrenza del verbo huperupsoō (ὑπερυψόω) in tutto il NT e descrive un’esaltazione al massimo livello, che include implicitamente la risurrezione e l’ascensione di Cristo.
Letteralmente il testo greco recita “colui che lo consegnava”. Il verbo paradìdōmi (παραδίδωμι) è una forma rafforzata del verbo dìdōmi (dare), ma nei vangeli assume spesso un significato teologico in rapporto alla passione di Gesù e alla consegna da parte di Giuda. La resa “tradimento” deriva dal latino “tradere” (consegnare), finché Giuda arriva a essere identificato con questo verbo, diventando soltanto “il traditore”. Eppure, i vangeli attestano fino all’ultimo la libertà dei discepoli: tutti si chiedono se saranno loro a consegnare Gesù, perché tutti hanno intinto nello stesso piatto e tutti si riconoscono capaci di interrompere la comunione.
Tra gli evangelisti, solo Matteo associa il versamento del sangue alla remissione dei peccati. La morte di Gesù nel primo Vangelo ha un significato espiatorio, e questo elemento richiama più il Kippur (il giorno del perdono) che la Pasqua ebraica. Infatti, nel sistema giudaico dei sacrifici, il sangue assicurava l’espiazione dei peccati (cf. Lv 4). La centralità del calice nel racconto matteano si può spiegare attraverso questa facoltà espiatoria della morte di Gesù.
Questa formula richiama Is 53,11-12, in cui si descrive il servo sofferente come colui che espia i delitti di molti. Nel primo Vangelo, questi molti sono gli appartenenti al popolo di Israele. Infatti, in 1,21 Matteo spiegava il nome di Gesù come colui che “salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Quel dono, però, sarà occasione di salvezza anche per i pagani, e proprio a loro probabilmente allude anche Isaia 53. I molti, dunque, sono anzitutto il popolo d’Israele, e poi tutti gli altri popoli.
Letteralmente, “avvenga” (ghinomai, γίνομαι). L’espressione è identica a quella del Padre Nostro (6,10). La volontà del Padre, in Matteo, corrisponde da un lato al desiderio divino che si metta in pratica la Torah e dall’altro al disegno di bene di Dio per la salvezza di tutti gli uomini, compreso il Figlio. Gli altri evangelisti non riportano questa formula, mentre Matteo se ne serve per sottolineare come Gesù si affida al Padre, certo che attraverso quella morte e la successiva risurrezione emergerà il bene per sé e per gli altri.
È l’ultima ricorrenza di questa espressione nel Vangelo, associata a una citazione di Dn 7,13-14. In quella visione, che intendeva sottolineare la reintegrazione, grazie a Dio, di quanto Israele aveva perso nell’esilio a Babilonia, il Figlio dell’uomo era già visto come figura messianica, e non solo come un uomo o un profeta, o lo stesso Israele.
Il termine dunamis (δύναμις) al singolare sostituisce il nome di Dio, mentre al plurale significa “prodigi, miracoli”. Già nell’Antico Testamento è usato come sinonimo del santo Nome (cf. Ger 16,21).
Il verbo metamèlomai (μεταμέλομαι) è già apparso per descrivere il pentimento del figlio che decide di andare a lavorare nella vigna (21,29), e per dire il mancato pentimento dei capi dei sacerdoti e degli anziani che non hanno creduto nel Battista (21,32). Per alcuni studiosi, non si tratta di un vero pentimento, ma di rimorso o senso di colpa. Per altri, invece, l’uso dello stesso verbo rende il pentimento di Giuda simile a quello descritto in Mt 21, e quindi vero. Questo è confermato dalla confessione pubblica di Giuda nel versetto successivo. L’idea che Giuda si penta è presente solo nella narrazione di Matteo.
Il sogno misterioso della moglie di Pilato va messo a confronto con i sogni del vangelo dell’infanzia, che intervengono sempre per salvare qualcuno: la sposa di Giuseppe, i maghi, Gesù stesso. In fondo, chi è in pericolo è sempre Gesù, come anche in quest’ultimo caso, in cui però il sogno non sortisce il suo effetto. Matteo se ne serve per far risaltare l’innocenza morale di Gesù attraverso le parole della moglie di Pilato.
Unica occorrenza del sostantivo eghersis (ἔγερσις) nel Nuovo Testamento. Nell’Antico testamento è usato due volte, ma non per dire il ritornare in vita dei morti, bensì nel senso di alzarsi.
Commento alla Liturgia
Domenica delle Palme
Prima lettura
Is 50,4-7
4Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. 5Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. 6Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. 7Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 21(22)
R. Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!». R.
Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa. R.
Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto. R.
Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all'assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d'Israele. R.
Seconda Lettura
Fil 2,6-11
6egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, 7ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo, 8umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. 9Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, 10perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, 11e ogni lingua proclami: "Gesù Cristo è Signore!", a gloria di Dio Padre.
Vangelo
Mt 26,14–27,66
14Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti 15e disse: "Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?". E quelli gli fissarono trenta monete d'argento. 16Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo. 17Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: "Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?". 18Ed egli rispose: "Andate in città da un tale e ditegli: "Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli"". 19I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. 20Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. 21Mentre mangiavano, disse: "In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà". 22Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: "Sono forse io, Signore?". 23Ed egli rispose: "Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. 24Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito! Meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!". 25Giuda, il traditore, disse: "Rabbì, sono forse io?". Gli rispose: "Tu l'hai detto". 26Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: "Prendete, mangiate: questo è il mio corpo". 27Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: "Bevetene tutti, 28perché questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. 29Io vi dico che d'ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio". 30Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 31Allora Gesù disse loro: "Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. Sta scritto infatti: Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge. 32Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea". 33Pietro gli disse: "Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai". 34Gli disse Gesù: "In verità io ti dico: questa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte". 35Pietro gli rispose: "Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò". Lo stesso dissero tutti i discepoli. 36Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: "Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare". 37E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. 38E disse loro: " La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me". 39Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: "Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!". 40Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: "Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? 41Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole". 42Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: "Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà". 43Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. 44Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. 45Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: "Dormite pure e riposatevi! Ecco, l'ora è vicina e il Figlio dell'uomo viene consegnato in mano ai peccatori. 46Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino". 47Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. 48Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: "Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!". 49Subito si avvicinò a Gesù e disse: "Salve, Rabbì!". E lo baciò. 50E Gesù gli disse: "Amico, per questo sei qui!". Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. 51Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. 52Allora Gesù gli disse: "Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. 53O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? 54Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?". 55In quello stesso momento Gesù disse alla folla: "Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. 56Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti". Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono. 57Quelli che avevano arrestato Gesù lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale si erano riuniti gli scribi e gli anziani. 58Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo sacerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire. 59I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; 60ma non la trovarono, sebbene si fossero presentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, 61che affermarono: "Costui ha dichiarato: "Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni"". 62Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?". 63Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: "Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio". 64"Tu l'hai detto - gli rispose Gesù -; anzi io vi dico: d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo ". 65Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: "Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; 66che ve ne pare?". E quelli risposero: "È reo di morte!". 67Allora gli sputarono in faccia e lo percossero; altri lo schiaffeggiarono, 68dicendo: "Fa' il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?". 69Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: "Anche tu eri con Gesù, il Galileo!". 70Ma egli negò davanti a tutti dicendo: "Non capisco che cosa dici". 71Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra serva e disse ai presenti: "Costui era con Gesù, il Nazareno". 72Ma egli negò di nuovo, giurando: "Non conosco quell'uomo!". 73Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: "È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!". 74Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: "Non conosco quell'uomo!". E subito un gallo cantò. 75E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: "Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte". E, uscito fuori, pianse amaramente. 1Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. 2Poi lo misero in catene, lo condussero via e lo consegnarono al governatore Pilato. 3Allora Giuda - colui che lo tradì -, vedendo che Gesù era stato condannato, preso dal rimorso, riportò le trenta monete d'argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, 4dicendo: "Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente". Ma quelli dissero: "A noi che importa? Pensaci tu!". 5Egli allora, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. 6I capi dei sacerdoti, raccolte le monete, dissero: "Non è lecito metterle nel tesoro, perché sono prezzo di sangue". 7Tenuto consiglio, comprarono con esse il "Campo del vasaio" per la sepoltura degli stranieri. 8Perciò quel campo fu chiamato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi. 9Allora si compì quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia: E presero trenta monete d'argento, il prezzo di colui che a tal prezzo fu valutato dai figli d'Israele, 10e le diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore. 11Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù rispose: "Tu lo dici". 12E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla. 13Allora Pilato gli disse: "Non senti quante testimonianze portano contro di te?". 14Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. 15A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. 16In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. 17Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: "Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?". 18Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. 19Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua". 20Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. 21Allora il governatore domandò loro: "Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?". Quelli risposero: "Barabba!". 22Chiese loro Pilato: "Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?". Tutti risposero: "Sia crocifisso!". 23Ed egli disse: "Ma che male ha fatto?". Essi allora gridavano più forte: "Sia crocifisso!". 24Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell'acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: "Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!". 25E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli". 26Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso. 27Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. 28Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, 29intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: "Salve, re dei Giudei!". 30Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. 31Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo. 32Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. 33Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa "Luogo del cranio", 34gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. 35Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. 36Poi, seduti, gli facevano la guardia. 37Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: "Costui è Gesù, il re dei Giudei". 38Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. 39Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo 40e dicendo: "Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!". 41Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: 42"Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d'Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. 43Ha confidato in Dio ; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene . Ha detto infatti: "Sono Figlio di Dio"!". 44Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo. 45A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. 46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: " Elì, Elì, lemà sabactàni ?", che significa: " Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato ?". 47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Costui chiama Elia". 48E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. 49Gli altri dicevano: "Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!". 50Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito. 51Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, 52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. 53Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. 54Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!". 55Vi erano là anche molte donne, che osservavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. 56Tra queste c'erano Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo. 57Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatea, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. 58Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse consegnato. 59Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito 60e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all'entrata del sepolcro, se ne andò. 61Lì, sedute di fronte alla tomba, c'erano Maria di Màgdala e l'altra Maria. 62Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i capi dei sacerdoti e i farisei, 63dicendo: "Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore, mentre era vivo, disse: "Dopo tre giorni risorgerò". 64Ordina dunque che la tomba venga vigilata fino al terzo giorno, perché non arrivino i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: "È risorto dai morti". Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!". 65Pilato disse loro: "Avete le guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete". 66Essi andarono e, per rendere sicura la tomba, sigillarono la pietra e vi lasciarono le guardie.
Note
Approfondimenti
L’aggettivo dikaios (δίκαιος) nel Nuovo Testamento ha la più alta frequenza nel Vangelo di Matteo, che definisce “giusto” Giuseppe, Abele e altri uomini o donne in contrapposizione con gli empi.
Nel suo Vangelo e negli Atti, Luca chiama “giusti” Elisabetta e Zaccaria, Simeone, Giuseppe d’Arimatea e Cornelio. Per Marco, “giusto” è solo Giovanni Battista.
Nella Bibbia dei Settanta, questo aggettivo è attribuito al re davidico per la fedeltà a Dio e al popolo, per il rispetto della Torah e includendo anche il concetto di “erede legittimo”. Forse non per caso Gesù viene definito “giusto” proprio davanti a Pilato, legittima autorità romana in Gerusalemme.
Si tratta di un passivo divino, letteralmente “fu diviso” (schizō, σχίζω). A confermare che l’agente è Dio stesso, Matteo usa una lunga sequenza di cinque aoristi passivi in due soli versetti, il cui significato è chiaro: è Dio stesso il responsabile di questi segni grandiosi alla morte del Figlio.
Per interpretare la scissione del velo, occorre considerare che il velo aveva un ruolo simbolico relativo al culto nel tempio, poiché separava il Santo dal Santo dei Santi, a cui poteva accedere solo il sommo sacerdote una volta l’anno, nel giorno dell’Espiazione (Kippur). Quando il simbolo di questa separazione viene strappato, si apre la possibilità di un accesso diretto a Dio.
Inoltre, dopo il velo squarciato viene descritto un terremoto e il rompersi delle rocce, che suggeriscono un’interpretazione escatologica dell’accaduto, cioè il segno della “fine dei tempi”, del “giorno di YHWH” predetto dai profeti: il giudizio di Dio si compie, ma nella misericordia che scaturisce dal sacrificio espiatorio del Figlio.
Bisogno
La Domenica delle Palme è una tappa di grande intensità nel lungo cammino quaresimale che conduce i fedeli a rivivere, ogni anno, la gioia della Pasqua del Signore Gesù Cristo. La liturgia che la Chiesa celebra in questo giorno è ricca di chiaroscuri sublimi e paradossali. Una vera e propria sinfonia drammatica che, partendo dal festoso ingresso di Gesù nella città santa, si conclude con il «terremoto» – storico e «teologico» – in cui si rende manifesta la profondità del mistero di Incarnazione:
«Davvero costui era Figlio di Dio» (Mt 27,54).
È molto antica la tradizione di iniziare la celebrazione di questa domenica con una processione, attraverso la quale i fedeli fanno memoria dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, non solo attraverso l’ascolto e la contemplazione del cuore, ma anche muovendo i piedi e agitando le mani, coinvolgendo corpo e mente nella ricchezza dell’esperienza liturgica.
Prima di entrare nella città santa, per portare a compimento il disegno d’amore del Padre, Gesù esprime ai suoi discepoli una singolare richiesta:
«Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me» (Mt 21,2).
Il vangelo di Matteo, più degli altri sinottici, sembra attento a citare in modo accurato la profezia messianica di Zaccaria, con cui si preparava la venuta, nella pienezza dei tempi, di un Salvatore capace di salvare il suo popolo con sorprendente mitezza: «Umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina» (Zc 9,9). Il desiderio di entrare nella città santa in un modo così disarmato e disarmante, per Gesù, si impone come una vera e propria necessità:
«E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”» (Mt 21,3).
L’indicazione fornita ai discepoli va ben al di là del suo immediato contesto e può diventare un vero e proprio suggerimento spirituale per tutti noi, chiamati in questa domenica a congedarci dagli atteggiamenti penitenziali della quaresima per introdurci nelle possibilità mistiche offerte dalla festa di Pasqua. Ciò che il Signore ha sempre bisogno di ricevere dalla nostra umanità, per compiere il miracolo della conversione e della universale salvezza, è la disponibilità a sciogliere la nostra paura di essere inutili e di non poter più servire a nulla di bello e di grande. Infatti, l’asina e il puledro, su cui «misero i mantelli ed egli vi si pose a sedere» (Mt 21,7), rappresentano bene la nostra capacità di offrire quello che siamo, perché Dio possa compiere il suo desiderio di essere il «Dio con noi» (1,23) e con tutti.
Affermare che il Signore ha bisogno del nostro dorso per accedere alla sua Pasqua significa accettare l’idea che la nostra vita possa realmente cambiare — e far cambiare – le cose, non tanto a partire dal frutto del nostro impegno, ma a partire dal seme della nostra capacità di lasciarci assumere e coinvolgere nell’universale disegno di salvezza. La Domenica delle Palme ci ricorda che non è mai tardi per gettare il nostro mantello — cioè la nostra vita — sulla strada scelta da Gesù, facendola diventare nostra attraverso quel desiderio di vita che, in questi giorni di penitenza, si è lasciato purificare da preghiera, digiuno e carità. Un desiderio in grado di non venir meno nel momento della prova, quando l’opposizione degli altri può generare confusione e tentazione nel nostro cuore:
«Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso» (Is 50,7).
Se in questa Pasqua accettiamo di slegare e di portare a Gesù la nostra umanità, la grazia del nostro battesimo ci può rendere nuovamente partecipi non solo dei suoi sentimenti di compassione e di giustizia, ma anche della sua volontà di incarnare nella storia l’infinito amore del Padre: «Cristo Gesù svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,7-8). Solo attraverso questa disponibilità offerta, la potenza dello Spirito Santo può renderci testimoni del Re autentico, colui che non afferma ma dona se stesso:
«Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito» (Mt 27,50).
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