www.nellaparola.it
Il verbo apophtheggomai (ἀποφθέγγομαι) significa “enunciare, dichiarare a voce alta”, con un focus sul suono piuttosto che sul contenuto. Viene usato nella Settanta per il discorso ispirato dei profeti, la lingua degli angeli o il parlare degli oracoli. Il fatto che Luca lo abbia usato anche pochi versetti prima, nel racconto di Pentecoste (2,4), può indicare che la predicazione di Pietro intende spiegare e legittimare il linguaggio ispirato di quanti hanno dato voce allo Spirito Santo.
Questo titolo è tipico della Settanta: gli ascoltatori sono interpellati come membri del popolo eletto, titolari delle promesse divine. La salvezza, tuttavia, oltrepasserà i confini del popolo eletto, come Luca evoca più volte in questo capitolo (2,21.39). Questa apertura si concretizzerà solo al cap. 10, nell’incontro tra Pietro e Cornelio.
Il passivo del verbo baptizō (βαπτίζω) indica qui che il credente entra in una nuova appartenenza, viene incorporato a una nuova sfera di vita, quella “nel nome di Gesù Cristo”, cioè nella sua presenza vivente.
Notiamo qui la curiosa formulazione all’imperativo passivo: “siate salvati”. Mentre il passivo indica che il soggetto è beneficiario di un’azione, l’imperativo implica che è invitato a fare qualcosa. Secondo il pensiero di Luca, infatti, anche per la salvezza, che è opera di Dio, l’uomo deve mettere in gioco la sua libertà e responsabilità.
“Entrare e uscire” (eisèrchomai, εἰσέρχομαι / exèrchomai, ἐξέρχομαι) è una coppia verbale polare. Rientra nella figura stilistica del “merismo”, che esprime la totalità. L’immagine evocata è quella della pienezza dei poteri, come quella di Giosuè rispetto a Mosè (cf. Nm 27,15ss: tutti gli israeliti e tutta la comunità usciranno ed entreranno all’ordine suo). Chiunque, tramite il Figlio, entra nel gregge e nell’ovile, diventa beneficiario della salvezza e anche partecipe delle prerogative del Figlio.
Commento alla Liturgia
IV Domenica di Pasqua
Prima lettura
At 2,14a.36-41
14Allora Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò a loro così: "Uomini di Giudea, e voi tutti abitanti di Gerusalemme, vi sia noto questo e fate attenzione alle mie parole. 36Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso". 37All'udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: "Che cosa dobbiamo fare, fratelli?". 38E Pietro disse loro: "Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. 39Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro". 40Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: "Salvatevi da questa generazione perversa!". 41Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 22
R. Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
oppure:
R. Alleluia, alleluia, alleluia.
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia. R.
Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza. R.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca. R.
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni. R.
Seconda Lettura
1Pt 2,20b-25
20che gloria sarebbe, infatti, sopportare di essere percossi quando si è colpevoli? Ma se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. 21A questo infatti siete stati chiamati, perché anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: 22egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca ; 23insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con giustizia. 24Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti. 25Eravate erranti come pecore , ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime.
Vangelo
Gv 10,1-10
1"In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei". 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. 7Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.
Note
Il tuo nome è Semplicità, alleluia!
Le parole del Signore Gesù sono chiare, semplici, dirette:
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte , è un ladro e un brigante» (Gv 10,1).
Detto in altre parole, il criterio di discernimento che ci viene offerto dal Signore Gesù per distinguere il pastore dal brigante - e il vero pastore dal «ladro» (10,10) - è la sua rettitudine, che si rivela attraverso il suo modo semplice di relazionarsi con le pecore, senza inutili complicazioni e raggiri, atteggiamenti che fanno perdere tempo ed energie. Inoltre viene subito menzionato - accanto al pastore che si accosta all’ovile con semplicità - il «guardiano» (10,3). Non siamo soli, non si è mai soli e ogni nostro gesto – se autentico e non inficiato dalla doppiezza del cuore – può e deve essere compiuto alla luce del sole e al cospetto di altri che condividono il nostro cammino e prendono parte, a loro modo, alla nostra dedizione e alla nostra cura.
Da parte delle pecore è necessario sentire l’odore del pastore e discernere chiaramente la sua voce, fino a riconoscere i gesti con cui le spinge fuori per farle pascolare. Il Signore insiste e quasi spera che possa essere vero: «Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui , perché non conoscono la voce degli estranei» (10,5). La «voce degli estranei» è ciò che ci distoglie dall’essenziale semplicità della nostra relazione con il Signore. Ci sono voci nel nostro cuore che promettono tante cose e che ci illudono fino a sedurci. Per questo il Signore Gesù non ci lascia nell’ignoranza:
«Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere: io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).
Questo è il criterio per discernere il volto del pastore e distinguerlo, accuratamente, dai gesti incantatori del ladro che ci ruba a noi stessi, ma questo è pure il criterio per discernere in che misura, e fino a che punto, noi siamo «le sue pecore» (10,3).
Per fare questo ulteriore passo che ci riguarda direttamente, ci viene in aiuto la parola di Pietro. Nella seconda lettura veniamo attrezzati per poter portare a termine il nostro discernimento: «se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza» (1Pt 2,20). Non si tratta di un invito al masochismo, ma di una memoria di quanto sia necessario valutare ciò che ci sta a cuore e in cui crediamo veramente a partire dalla disponibilità a darsi personalmente. Anche dal nostro cuore sorge spontaneamente la domanda che risuona nella folla al mattino di Pentecoste davanti al Cenacolo:
«Che cosa dobbiamo fare, fratelli?» (At 2,37).
Tra le tante risposte possibile a questa domanda, potremmo oggi privilegiare, nel nostro cammino di conversione, una scelta di semplicità che imita l’attitudine del buon pastore: essere capaci di andare diritti verso l’essenziale, che si esprime nella capacità e nella volontà di prendersi cura della vita senza fare troppo caso a se stessi. La «porta» (Gv 10,7) attraverso cui dobbiamo passare per entrare nell’ovile e per uscire verso le «acque tranquille» (Sal 22,2) della salvezza è la croce di Cristo, la quale ci aiuta a discernere ciò che in noi è conforme al Vangelo e ciò che invece non vi corrisponde, tanto da cedere a inutili complicazioni e complicanze.
Cerca nei commenti