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Non è di facile traduzione l’espressione greca che evoca la disposizione d’animo di Gesù nell’imminenza del tradimento e della sua incondizionata offerta d’amore. Letteralmente, il forte sconvolgimento indicato dal verbo taràssō (ταράσσω) al passivo, seguito dall’espressione al dativo “nello Spirito” (tō pnèumati, τῷ πνεύματι), potrebbe rendersi con “fu turbato, sconvolto nello Spirito”. Il dativo preceduto dall’articolo assume in genere una sfumatura possessiva – “nel suo Spirito” – a significare che, prendendo fin d’ora su di sé questo turbamento di fronte alla morte, Gesù ne libera il cuore dei suoi discepoli.
La posizione del discepolo amato fa entrare nell’ottica dell’amore, non dal punto di vista di Gesù che cerca di farla comprendere ma dal punto di vista di chi l’ha compresa: la posizione giusta per comprendere la logica dell’alleanza, che porta il Signore a consegnarsi a chi lo consegna, ad amare ciò che non è amabile, è stare “nel seno di Gesù” (en tō kòlpō, ἐν τῷ κόλπω), essere adagiati “sul petto” di Gesù. Una posizione dettata dall’antica pratica dei banchetti diventa il posto d’onore per scoprire fino a che punto si può essere amati.
Commento alla Liturgia
Martedì Santo
Prima lettura
Is 49,1-6
1Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. 2Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all'ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. 3Mi ha detto: "Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria". 4Io ho risposto: "Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio". 5Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele - poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza - 6e ha detto: "È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d'Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra".
Salmo Responsoriale
Dal Sal 70 (71)
R. La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.
Oppure:
R. Proclamerò, Signore, la tua salvezza.
In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami. R.
Sii tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio. R.
Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno. R.
La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza,
che io non so misurare.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
e oggi ancora proclamo le tue meraviglie. R.
Vangelo
Gv 13,21-33.36-38
21Dette queste cose, Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: "In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà". 22I discepoli si guardavano l'un l'altro, non sapendo bene di chi parlasse. 23Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. 24Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. 25Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: "Signore, chi è?". 26Rispose Gesù: "È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò". E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariota. 27Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Gli disse dunque Gesù: "Quello che vuoi fare, fallo presto". 28Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; 29alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: "Compra quello che ci occorre per la festa", oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. 30Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte. 31Quando fu uscito, Gesù disse: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 36Simon Pietro gli disse: "Signore, dove vai?". Gli rispose Gesù: "Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi". 37Pietro disse: "Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!". 38Rispose Gesù: "Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte.
Note
Approfondimenti
Il verbo doxàzō (δοξάζω) significa "accrescere la reputazione di qualcuno", “rivestirlo di splendore”. Questa complessa nozione di “gloria” appartiene al Secondo Isaia, che si richiama a Es 14, il “passaggio del mare” in cui il Signore Dio dichiara di voler mostrare la sua gloria verso il faraone. Con una differenza importante: lì il Signore è stato glorificato a spese dei suoi nemici, qui il Figlio dell’uomo non è glorificato a spese di nessuno, ma lo è a favore di tutti. Lì la gloria di Dio è la salvezza che egli opera, qui è il modo in cui Gesù ama chi lo consegna.
Il termine ricorre anche nel libro di Daniele, e per questo appartiene anche al genere apocalittico. Come i tre giovani nella fornace (Dn 55,51ss), anche Gesù è descritto nella posizione di colui che celebra la lode per la rivelazione che in lui si manifesta. In questo è pienamente Figlio: permette a Dio di essere glorificato in lui, perché Dio lo glorifichi con la sua paternità. Il Figlio è Figlio quando permette al Padre di essere Padre. È uomo quando è trasparente verso Dio. Così si rivela il Dio che si nasconde nell’uomo Gesù, perché l’uomo Gesù riveli l’amore di Dio.
Convertire... in nome
Il profeta Isaia si fa nostra guida in questi giorni per accogliere in modo amorevole e quasi amoroso le parole e i gesti con cui il Signore prepara e quasi anticipa interiormente la sua Pasqua:
«Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome» (Is 49,1).
Dopo aver ascoltato, negli ultimi giorni prima delle Palme, le rinnovate proteste del Signore contro la malevolenza dei notabili del popolo che mettevano continuamente in dubbio la sua relazione con il Padre, possiamo ben immaginare come proprio il continuo colloquio interiore con Dio abbia reso il cuore del Signore Gesù capace di dare un nome preciso non solo alle persone, ma pure a ogni avvenimento che prepara il compimento della sua missione rivelatrice del volto di Dio nel mistero della croce. Fino all’ultimo, il Signore Gesù non si nasconde e non nasconde ai suoi discepoli ciò che sta avvenendo:
«In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà» (Gv 13,21).
Dalla reazione dei discepoli possiamo dedurre che, nonostante la loro vicinanza al Signore Gesù e la condivisione del suo vissuto quotidiano, gli apostoli non si sono resi conto di ciò che sta avvenendo: «si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse» (13,22), tanto da farci dubitare che fossero in grado di capire anche di cosa il Signore stesse parlando. Come i discepoli, anche noi rischiamo di chiudere gli occhi e il cuore davanti agli eventi perché abbiamo paura di portare il peso delle conseguenze. Davanti alla minaccia di essere destabilizzati, spesso anche la nostra reazione è quella di far finta di non capire, per rimandare il più possibile la presa di coscienza degli eventi che esige, necessariamente, un incremento di responsabilità. Da parte sua, il Signore Gesù cerca sempre di chiarire, illuminare, circostanziare: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò» (13, 6). Le parole e i gesti del Signore si offrono ai discepoli proprio nella direzione profetizzata da Isaia:
«Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra» (Is 49,2).
Se Giuda esce dal Cenacolo senza dire una sola parola, l’apostolo Pietro cerca di guadagnare terreno senza rendersi conto di come, se non si è accorto di nulla fino a quel momento, rischia di essere distratto persino circa il suo stesso percorso di sequela. Anche in questo caso la parola del Signore non ammette ambiguità alcuna: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte» (Gv 13,38). Mentre ci prepariamo alla celebrazione della Pasqua, apriamo gli occhi su noi stessi e guardiamoci dentro con onestà per dare un nome preciso a quello che desideriamo e a quello che temiamo per non tradire e non rinnegare il Signore, accettando che la sua presenza faccia «luce» (Is 49,6) sulla nostra vita e sulla nostra discepolanza. Sia questo un giorno propizio per fare il punto del nostro cammino senza vergognarci delle nostre fragilità, pur senza rassegnarci alla nostra infedeltà.
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