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Il verbo homilèō (ὁμιλέω), che significa “discorrere, trovarsi insieme a parlare”, mostra che si tratta di una conversazione seria. Lo stesso verbo compare, infatti, in At 20,11 in un contesto liturgico e significa quasi “pregare”.
Il verbo homilèō (ὁμιλέω), che significa “discorrere, trovarsi insieme a parlare”, mostra che si tratta di una conversazione seria. Lo stesso verbo compare, infatti, in At 20,11 in un contesto liturgico e significa quasi “pregare”.
Il passivo del verbo kratèō (κρατέω) suona letteralmente “erano costretti” a non riconoscerlo. Scelto con finezza dall’autore, suggerisce sia la debolezza umana sia la forza divina che, in anticipo, prepara l’epilogo del riconoscimento con l’apertura degli occhi.
Messo in risalto dalla posizione in chiusura di frase, l’aggettivo raro skuthrōpòs (σκυθρωπός) si riferisce all’espressione del volto e oscilla tra la tristezza, la serietà, la scontentezza, la stanchezza, il cattivo umore, il turbamento e l’inquietudine. Pur non essendo facile cogliere la sfumatura che assume in questo versetto, di certo i pellegrini esprimono la loro disapprovazione in maniera non verbale.
La relazione tra la promessa e il suo compimento esige una spiegazione, espressa dal verbo diermēnèuō (διερμηνεύω), che letteralmente significa “tradurre” e manifesta una distanza da coprire tra due realtà (questo il significato del prefisso “dia”, attraverso). Qui il Cristo risorto toglie dall’ambiguità le profezie e il loro compimento e chiarisce il proprio destino alla luce delle Scritture.
Commento alla Liturgia
Mercoledì fra l'Ottava di Pasqua
Prima lettura
At 3,1-10
1Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio. 2Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita; lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta Bella, per chiedere l'elemosina a coloro che entravano nel tempio. 3Costui, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, li pregava per avere un'elemosina. 4Allora, fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: "Guarda verso di noi". 5Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa. 6Pietro gli disse: "Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!". 7Lo prese per la mano destra e lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono 8e, balzato in piedi, si mise a camminare; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. 9Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio 10e riconoscevano che era colui che sedeva a chiedere l'elemosina alla porta Bella del tempio, e furono ricolmi di meraviglia e stupore per quello che gli era accaduto.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 104(105)
R. Gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Oppure:
R. Alleluia, alleluia, alleluia.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere.
A lui cantate, a lui inneggiate,
meditate tutte le sue meraviglie. R.
Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto. R.
Voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.
È lui il Signore, nostro Dio;
su tutta la terra i suoi giudizi. R.
Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell'alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco. R.
Vangelo
Lc 24,13-35
13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: "Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?". Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: "Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?". 19Domandò loro: "Che cosa?". Gli risposero: "Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l'hanno visto". 25Disse loro: "Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?". 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: "Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto". Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l'un l'altro: "Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?". 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!". 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Note
In cammino
Le letture di questo giorno, in cui si prolungano la festa e la gioia della Pasqua, sembrano dirci concordi che il frutto più bello della Risurrezione è la possibilità di rimettersi e di rimettere in cammino, anche quando le circostanze cospirano contro ogni evidenza e speranza.
I due discepoli che si allontanano lenti e sfiduciati da Gerusalemme, «e conversavano di tutto quello che era accaduto» (Lc 24,14), aprono infiniti spazi di identificazione per tutti noi, così abituati a prendere le distanze da tutto ciò che, ordinariamente, ci fa soffrire o ci pone domande più grandi di quanto siamo disposti a rispondere. Il Signore Gesù si avvicina a questa tristezza in cammino con molta discrezione, più che per irrompere come un fulmine nella loro vita, per rompere il velenoso monologo della rassegnazione: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?» (24,17). Gli occhi restano «impediti a riconoscerlo» (24,16), finché il cuore non arriva ad accettare il fatto che, nello scandalo della croce, non si è manifestato un intervento straordinario con cui Dio ha raddrizzato il corso della storia, ma si è definitivamente rivelata la necessità dell’amore:
«Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?» (Lc 24,25-26).
Il mistero della Pasqua torna ad ardere nei nostri cuori ogni volta che permettiamo alla voce del Risorto di illuminare il senso e la prospettiva di ogni croce davanti a cui siamo fuggiti con orrore, spiegandoci che nel disegno di Dio non c’è posto per un amore che non sappia varcare la soglia del dolore per diventare perdono e misericordia: «E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (24,27). Il dono dell’eucaristia è il luogo dove, silenziosamente, siamo posti nella condizione di poter riconoscere colui che nel simbolo del pane non si stanca di immergerci nella logica — povera — dell’amore più grande:
«Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero» (Lc 24,31).
Gli occhi spalancati dalla gioia della risurrezione sono ciò che consente a Pietro e Giovanni di compiere i gesti di sempre, come quello della salita «al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio» (At 3,1), con una rinnovata attenzione alla realtà. Sentendosi cercati e invocati da uno storpio, sdraiato a terra a chiedere l’elemosina presso la porta del tempio, i due apostoli gettano nella direzione di questo povero il prezioso tesoro del loro sguardo, favorendo l’occasione di un incontro: «Allora, fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: “Guarda verso di noi”» (3,4). Gli apostoli vengono subito corrisposti con uno sguardo carico di attesa e di speranza: «Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa» (3,5).
La gioia pasquale si compie ogni volta che scegliamo di non oltrepassare troppo velocemente l’occasione di aggiungere e incrementare la vita di qualcuno che incrocia il nostro sguardo. Non solo per condividere il necessario per vivere, ma anche il “superfluo”, indispensabile per ricominciare a cogliere la vita come un cammino possibile e desiderabile:
«Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!» (At 3,6).
Incontrare il Risorto come il dono più grande, quello capace di farci tornare alla gioia e a una rinnovata fedeltà agli impegni della nostra vita, non può che trasformarci in sereni e generosi dispensatori della sua grazia, affinché — anche attraverso di noi — «gioisca il cuore di chi cerca il Signore» (salmo responsoriale).
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