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Questo titolo è tipico della Settanta: gli ascoltatori sono interpellati come membri del popolo eletto, titolari delle promesse divine. La salvezza, tuttavia, oltrepasserà i confini del popolo eletto, come Luca evoca più volte in questo capitolo (2,21.39). Questa apertura si concretizzerà solo al cap. 10, nell’incontro tra Pietro e Cornelio.
Il passivo del verbo baptizō (βαπτίζω) indica qui che il credente entra in una nuova appartenenza, viene incorporato a una nuova sfera di vita, quella “nel nome di Gesù Cristo”, cioè nella sua presenza vivente.
Notiamo qui la curiosa formulazione all’imperativo passivo: “siate salvati”. Mentre il passivo indica che il soggetto è beneficiario di un’azione, l’imperativo implica che è invitato a fare qualcosa. Secondo il pensiero di Luca, infatti, anche per la salvezza, che è opera di Dio, l’uomo deve mettere in gioco la sua libertà e responsabilità.
La visione degli angeli, al singolare ànghelos (ἄγγελος), evoca chiaramente per ogni israelita la descrizione dell’arca dell’alleanza in Es 25,17-22: sul coperchio erano collocati due cherubini e, nello spazio tra essi, il Signore Dio manifestava la sua presenza, incontrando e parlando al suo popolo tramite Mosè. Gli angeli sono dunque una mediazione tra Dio e l’uomo, una mediazione sensibile perché sperimentabile solo in questa relazione. Ora la presenza di Dio sta nella sua assenza dal luogo della morte, cioè nella Risurrezione.
Questa espressione è stata tradotta in molti modi: “non mi afferrare”, “non impossessarti di me”, “smetti di toccarmi”. Il tatto è certamente presente nel significato del verbo àptō (ἅπτω), ma la forma media di questa occorrenza si potrebbe rendere con “non affliggerti, non colpirti per me”. Almeno “non ancora”, dice Gesù: non prima che per Maria diventi chiaro l’annuncio di pienezza della comunione con il suo Maestro. Questa avverrà con una presa di distanza definitiva, grazie a cui il Figlio rende partecipi i suoi fratelli (e sorelle) della propria relazione con Dio. Con questa sapienza d’amore, Maria può vivere la sua alleanza.
Commento alla Liturgia
Martedì fra l'Ottava di Pasqua
Prima lettura
At 2,36-41
36Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso". 37All'udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: "Che cosa dobbiamo fare, fratelli?". 38E Pietro disse loro: "Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. 39Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro". 40Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: "Salvatevi da questa generazione perversa!". 41Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 32(33)
R. Dell'amore del Signore è piena la terra.
Oppure:
R. Alleluia, alleluia, alleluia.
Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell'amore del Signore è piena la terra. R.
Ecco, l'occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame. R.
L'anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo. R.
Vangelo
Gv 20,11-18
11Maria invece stava all'esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero: "Donna, perché piangi?". Rispose loro: "Hanno portato via il mio Signore e non so dove l'hanno posto". 14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. 15Le disse Gesù: "Donna, perché piangi? Chi cerchi?". Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: "Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove l'hai posto e io andrò a prenderlo". 16Gesù le disse: "Maria!". Ella si voltò e gli disse in ebraico: "Rabbunì!" - che significa: "Maestro!". 17Gesù le disse: "Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: "Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro"". 18Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: "Ho visto il Signore!" e ciò che le aveva detto.
Note
Nel nome
Che la risurrezione sia un evento non ascrivibile (solo) all’ordine della storia e della natura, ma più profondamente all’ordine della relazione tra l’uomo e Dio lo attestano con forza anche le letture di questo nuovo giorno fra l’ottava di Pasqua. La franchezza con cui Pietro, mosso dallo Spirito, riesce a parlare alla folla radunata a Gerusalemme per il giorno di Pentecoste, si esprime persino nella libertà e nella capacità di saper coinvolgere nell’evento di risurrezione attraverso il delicato registro dell’accusa:
«Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso» (At 2,36).
Se accusare è sterile — addirittura spietato — quando è fatto solo per condannare, possiamo dire che essere accusati può diventare esperienza pasquale quando il motivo del giudizio è tutto l’amore che si è manifestato nella croce del Signore Gesù. Quando l’amore, infatti, è veramente libero non può che suscitare immediatamente liberazione e guarigione, come accade a quelle persone che si sentono «trafiggere il cuore» (2,37) alle parole di Pietro, invase da un incontenibile bisogno di fare qualsiasi cosa pur di entrare in contatto e in comunione con lo Spirito del Risorto. La proposta, del resto, è estremamente semplice e chiara:
«Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo» (At 2,38).
Essere immersi nel nome del Signore crocifisso e risorto significa ammettere la totale complicità della nostra vita con il suo mistero di passione, morte e risurrezione. Vuol dire riconoscere che solo nel suo nome — cioè nell’incontro con la sua persona — tutto ciò che siamo può trovare comprensione, riscatto e redenzione.
Il vangelo ci racconta in quale altro modo il cuore trafitto può essere la premessa per giungere alla gioia della risurrezione: «Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva» (Gv 20,11). Maria di Magdala sta cercando Gesù per «prenderlo» e, forse, per imbalsamarlo nel sepolcro dei ricordi e della nostalgia. La sua risposta alla domanda angelica lascia intuire quanto il suo desiderio non sia altro che trovare e possedere l’amato Signore, sconfitto sulla croce e deposto nella terra: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto» (20,14). Sono necessarie due conversioni a Maria per oltrepassare la cortina di fuoco delle lacrime e riconoscere in chi le sta dinanzi non solo colui che sta cercando, ma anche tutta se stessa: «Maria!» (20,16). Soltanto dopo essere stata chiamata per nome, Maria può finalmente riconoscere e adorare il Risorto, compiendo la più difficile conversione dalla tristezza alla gioia:
«Ella si voltò e gli disse in ebraico: “Rabbunì!” — che significa “Maestro!”» (Gv 20,16).
La parola di Dio contenuta nelle Scritture di oggi lascia intuire che non c’è alcuna risurrezione possibile fino a quando il nome di Gesù non si congiunge al nostro nome, nella tenerezza di un amore disposto a tutto tranne che all’inganno del possesso. Il Risorto non è qualcuno da temere o da tenere, ma un volto da scoprire, nel quale riconoscere e accettare anche il nostro volto, con tutte le sue luci e le sue ombre. Dio si è immerso nella povertà della nostra storia per strapparci — dagli occhi e dal cuore — tutta la paura di guardare e andare avanti. Dopo la Pasqua il Signore non è più davanti, come un’irraggiungibile meta. È dentro (il cuore) come Spirito che ferisce e fa ardere d’amore. È dietro (ciascuno di noi) come l’unico capace di percorrere il nostro desiderio profondo per orientarlo definitivamente verso il Padre e verso i fratelli:
«Ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”» (Gv 20,17).
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