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È la prima delle occorrenze di mathētēs (μαθητής) nel libro degli Atti. Il termine indica ormai i discepoli del Risorto e non più i compagni del Nazareno ma, per dare il senso della continuità, Luca conserva il termine per collegare il tempo di Gesù e il tempo della Chiesa.
Il termine Ellēnistēs (Ἑλληνιστής) è stato forgiato da Luca, che lo introduce senza spiegarlo. Oggi è assodato che derivi da ellenìzō (parlare greco, vivere come un greco) e ha una portata culturale, per cui l’autore lo applica sia ai cristiani (come in questo caso) sia ai giudei sia ai greci. Il termine non riguarda dunque una corrente teologica, ma qualifica i giudeo-cristiani della chiesa di Gerusalemme, ellenizzati nel linguaggio e nella cultura.
Il significato di arestòs (ἀρεστός) è “sensato, conveniente”, dal verbo arèskō (ἀρέσκω), piacere. Il termine indica quindi ciò che è accettabile, piacevole. Per come è usato nella Settanta, si comprende che si tratta non tanto di un piacere quanto piuttosto di un principio e che ciò che è conveniente si decide davanti a Dio (cf Es 15,26).
Luca ha forgiato l’espressione “diaconia (διακονία) della Parola” contrapponendola alla “diaconia delle tavole”. Con la prima espressione bisogna intendere sia la preservazione della tradizione sia il suo sviluppo kerigmatico, sia l’eucarestia sia la preghiera. La diffusione della Parola, infatti, poiché garantisce la crescita della Chiesa, è una necessità che sovrasta quella, non certo messa in discussione, dell’assistenza alle vedove. La teologia di Luca non esclude mai l’etica dalla parola proclamata, per questo una crisi sociale conduce a una decisione teologica.
Lettaralmente, “cresceva” (auxànō, αὐξάνω). Il binomio “crescere e moltiplicarsi” è biblico: evoca fin dalla Genesi la benedizione del Creatore nella proliferazione delle creature (Gen 1,22.28) o nella crescita del popolo dell’alleanza (cf. Es 1,7). Luca è il solo nel Nuovo Testamento a parlare della Parola come un organismo che cresce. La metafora si ispira alla parabola del seminatore ma non esprime una visione magica: la Parola cresce perché i Dodici decidono di continuare a servirla. Infatti, come ogni organismo, la Parola ha bisogno di cure per crescere.
Il termine tòpos (τόπος), letteralmente “luogo”, si riferisce qui al simbolismo del tempio, come l’espressione “la casa del Padre mio”. È anche un richiamo esplicito alla teologia del Deuteronomio sull’unicità di Dio e la molteplicità dei membri del popolo. Nel resto del Vangelo, le occorrenze di questo termine rimandano tutte al tempio, simbolo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Ma qui si esplicita che il “luogo” dell’incontro tra Dio e il suo popolo è la Parola fatta carne, e che siamo noi il “luogo” della sua gloria.
Il termine tòpos (τόπος), letteralmente “luogo”, si riferisce qui al simbolismo del tempio, come l’espressione “la casa del Padre mio”. È anche un richiamo esplicito alla teologia del Deuteronomio sull’unicità di Dio e la molteplicità dei membri del popolo. Nel resto del Vangelo, le occorrenze di questo termine rimandano tutte al tempio, simbolo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Ma qui si esplicita che il “luogo” dell’incontro tra Dio e il suo popolo è la Parola fatta carne, e che siamo noi il “luogo” della sua gloria.
Nelle sue possibili sfumature di “strada” (e per estensione “viaggio”) e “modo di vivere”, il sostantivo odòs (ὁδός) in questi versetti assume un valore sapienziale collegato al “luogo” in cui, per Gesù, i discepoli sanno come arrivare: essi, infatti, hanno visto la “via” seguita da Gesù fino a quel momento, la “via” dell’amore glorificato, l’amore fino alla fine per colui che lo tradisce (cf. Gv 13).
Nelle sue possibili sfumature di “strada” (e per estensione “viaggio”) e “modo di vivere”, il sostantivo odòs (ὁδός) in questi versetti assume un valore sapienziale collegato al “luogo” in cui, per Gesù, i discepoli sanno come arrivare: essi, infatti, hanno visto la “via” seguita da Gesù fino a quel momento, la “via” dell’amore glorificato, l’amore fino alla fine per colui che lo tradisce (cf. Gv 13).
Nelle sue possibili sfumature di “strada” (e per estensione “viaggio”) e “modo di vivere”, il sostantivo odòs (ὁδός) in questi versetti assume un valore sapienziale collegato al “luogo” in cui, per Gesù, i discepoli sanno come arrivare: essi, infatti, hanno visto la “via” seguita da Gesù fino a quel momento, la “via” dell’amore glorificato, l’amore fino alla fine per colui che lo tradisce (cf. Gv 13).
Con il sostantivo erga (ἔργα), che richiama un’azione compiuta con un lavoro, un impegno, un’intenzione, si riprende qui il legame peculiare tra la fede e le opere esplicitato in 6,29: l’opera di cui si parla è il “credere”, e questa opera la fa il Padre in ciascuno dei suoi discepoli. Dentro questo atto di fede, i credenti sono trascinati nella relazione tra il Padre e il Figlio, dove diventano possibili le cose “più grandi”, non nel senso di “più estese”, ma perché Dio non pone alcun limite alla rivelazione di se stesso.
Con il sostantivo erga (ἔργα), che richiama un’azione compiuta con un lavoro, un impegno, un’intenzione, si riprende qui il legame peculiare tra la fede e le opere esplicitato in 6,29: l’opera di cui si parla è il “credere”, e questa opera la fa il Padre in ciascuno dei suoi discepoli. Dentro questo atto di fede, i credenti sono trascinati nella relazione tra il Padre e il Figlio, dove diventano possibili le cose “più grandi”, non nel senso di “più estese”, ma perché Dio non pone alcun limite alla rivelazione di se stesso.
Con il sostantivo erga (ἔργα), che richiama un’azione compiuta con un lavoro, un impegno, un’intenzione, si riprende qui il legame peculiare tra la fede e le opere esplicitato in 6,29: l’opera di cui si parla è il “credere”, e questa opera la fa il Padre in ciascuno dei suoi discepoli. Dentro questo atto di fede, i credenti sono trascinati nella relazione tra il Padre e il Figlio, dove diventano possibili le cose “più grandi”, non nel senso di “più estese”, ma perché Dio non pone alcun limite alla rivelazione di se stesso.
Commento alla Liturgia
V Domenica di Pasqua
Prima lettura
At 6,1-7
1In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell'assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. 2Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: "Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. 3Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. 4Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola". 5Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. 6Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani. 7E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 32(33)
R. Il tuo amore, Signore, sia su di noi: in te speriamo.
Oppure:
R. Alleluia, alleluia, alleluia.
Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Lodate il Signore con la cetra,
con l'arpa a dieci corde a lui cantate. R.
Perché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell'amore del Signore è piena la terra. R.
Ecco, l'occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame. R.
Seconda Lettura
1Pt 2,4-9
4Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, 5quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. 6Si legge infatti nella Scrittura: Ecco, io pongo in Sion una pietra d'angolo , scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso. 7Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d'angolo 8e sasso d'inciampo, pietra di scandalo. Essi v'inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati. 9Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa.
Vangelo
Gv 14,1-12
1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via". 5Gli disse Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?". 6Gli disse Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto". 8Gli disse Filippo: "Signore, mostraci il Padre e ci basta". 9Gli rispose Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: "Mostraci il Padre"? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. 12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.
Note
Il tuo nome è Spazio, alleluia!
Nella prima lettura veniamo posti davanti a un momento di crisi della vita della comunità in cui, come spesso accade, all’aumento numerico corrisponde anche l’insorgere di qualche problema in più:
«quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica, perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove» (At 6,1).
Questa nota di Luca ci aiuta prima di tutto a comprendere e a ricordare che, «aumentando il numero dei discepoli», non è detto che si approfondisca e si radicalizzi la propria fedeltà al Vangelo. In particolare per quanto riguarda la logica di attenzione verso tutti e, in particolare, verso i più deboli e i più poveri, di cui le «vedove» sono simbolo assai eloquente ed evocativo. Pertanto la reazione degli apostoli può essere considerata squisitamente evangelica! Invece di cercare le ragioni e i torti, davanti a un problema che tocca le persone più vulnerabili, sembra che per gli apostoli la cosa più importante sia quella di lasciarsi interpellare radicalmente da ciò che sta avvenendo. Questo vale persino quando ci si deve confrontare con situazioni di malcontento in cui si riversano le normali difficoltà a comprendersi tra persone di origine e di indole diverse. Così, alla luce del Vangelo e sotto l’ispirazione dello Spirito del Risorto, si va trasformando il disagio in un’occasione di incremento di sensibilità che si fa capace di creare uno spazio completamente nuovo anche a livello di struttura organizzativa della vita della comunità. Quest’apertura crea un nuovo territorio di relazione, che va ben aldilà del ristretto gruppo degli apostoli:
«cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico» (At 6,4).
Nella vita della Chiesa vediamo che si continua a vivere nella luce dell’insegnamento e dell’esempio dei Risorto. Anche il Signore Gesù, infatti, si mostra capace di trasformare un momento di difficoltà e di dolorosa separazione, come può essere la sua morte, in un’occasione per rinsaldare e approfondire ulteriormente i legami, pur nella distanza:
«Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me» (Gv 14,3).
Il Signore Gesù legge e interpreta la sua morte imminente nella logica della Pasqua e dell’esodo per cui, quale nuovo Mosé, precede il popolo dei salvati attraverso le acque che conducono alla terra della libertà e della liberalità. Il viaggio di Gesù attraverso la morte è un ritorno a casa che fa risuonare l’invito per tutti di tornare a casa. Nella vita di Dio, questo è il magnifico messaggio del Signore Gesù: c’è spazio e c’è posto nella misura in cui accettiamo di prendere il nostro posto nella stessa intimità che unisce il Padre al Figlio. Si può immaginare qualcosa di più spazioso e amabile di un angolo di divinità? Il Signore ci rassicura:
«Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 14,11).
Questa divina intimità, invece di richiudersi in se stessa, non fa che creare uno spazio sempre più ampio di accoglienza e di partecipazione cui ciascuno di noi è invitato. Ciò che il Signore Gesù ci trasmette e ci rivela è l’immagine di un Dio così spazioso da essere in grado di fare spazio. Questo comporta per noi non solo di entrare nello spazio di Dio, ma di fare della nostra stessa vita uno spazio per Dio che sia recepito dagli altri, uno spazio di Dio in cui sentirsi accolti e trovarci sommamente a proprio agio.
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