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La formula egō eimi (ἐγώ εἰμι), che in Gv 6 ricorre più che in ogni altro capitolo, richiama il tema dell’alleanza. L’intero discorso sul pane di vita disceso dal cielo è considerato un midrash di Es 16: con il pane dal cielo come con la manna, ritorna la pedagogia di Dio nell’Esodo del deserto. In gioco c’è la fede: il pane, infatti, è un dono enigmatico di Dio, da riscoprire e continuare a ricevere nella fede, fino al compimento che è Cristo.
Commento alla Liturgia
Ss. Corpo e Sangue di Cristo
Prima lettura
Dt 8,2-3.14b-16a
2Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi. 3Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. 14il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile; 15che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz'acqua; che ha fatto sgorgare per te l'acqua dalla roccia durissima; 16che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri, per umiliarti e per provarti, per farti felice nel tuo avvenire.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 147
R. Loda il Signore, Gerusalemme.
Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli. R.
Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce. R.
Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun'altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi. R.
Seconda Lettura
1Cor 10,16-17
16il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? 17Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all'unico pane.
Vangelo
Gv 6,51-58
51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo". 52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?". 53Gesù disse loro: "In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno".
Note
Vero cibo
La solennità del Corpo e Sangue di Cristo non viene solo a ricordarci quanta intimità sia concessa e riservata a tutti coloro che celebrano nella fede il suo mistero pasquale. La parola di Dio contenuta nelle letture di quest’anno ci chiede di considerare il dono dell’eucaristia nella cornice metaforica della vita come un viaggio, dove tutti scopriamo di essere pellegrini e forestieri in cammino verso una patria comune. «Ricordati» (Dt 8,2) e non «dimenticare» (8,14) dice Mosè al popolo. Si tratta già di un primo punto prospettico da cui considerare il mistero dell’eucaristia. L’eucaristia che offriamo e riceviamo è il dono che ci aiuta a non dimenticare che durante questo santo pellegrinaggio siamo accompagnati da un Dio che ci ha già fatto «uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile» (8,14). Mentre attraversiamo «questo deserto grande e spaventoso» (8,15), che è semplicemente l’esistenza umana, Dio provvede a noi con grande fedeltà, donandoci tutto quello che ci serve non solo per nutrire il corpo, ma anche per irrobustire la speranza, sapendo bene che non possiamo vivere «soltanto di pane» (8,3), ma dobbiamo imparare a sostenere i battiti del cuore con parole piene di spirito e di verità.
Le parole dell’apostolo Paolo rivelano un secondo importante significato che il Corpo e il Sangue del Signore esprimono. L’eucaristia è segno di comunione; anzitutto con Dio:
«Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?» (1Cor 10,16).
Ma la nostra unione a Cristo ha bisogno di trasformarsi in legami di amore e di fraternità tra di noi: «Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane» (10,17). La stessa forza di unità che trasforma il pane e il vino nella presenza simbolica di Dio agisce anche su di noi per farci diventare visibile manifestazione di quella comunione d’amore che è la vita della santissima Trinità. Non possiamo dunque conservare divisioni, gelosie e rancori e illuderci di poter entrare in comunione con un Dio che desidera introdurci nel fuoco della sua carità.
Sono però le parole di Gesù a illuminare fino in fondo la dimensione profonda presente in questa festa:
«In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita» (Gv 6,53).
Nutrirsi del corpo del Signore significa avere in noi la sua stessa vita. Assimilare cioè il suo modo di essere, la libertà del suo vangelo, il respiro grande della sua visione del mondo e delle cose, la sua sete di giustizia e di verità. Celebrare l’eucaristia significa assumere la responsabilità di capire chi è Dio e, liberamente, scegliere di diventare come egli è. Mentre, infatti, con i cibi naturali siamo noi a trasformare quello che mangiamo in ciò che ci serve per vivere, con il cibo spirituale è Dio ad assumere la nostra vita e a trasformarla nel suo stesso dinamismo di amore e di donazione. Per questo l’eucaristia rappresenta il culmine della vita della Chiesa, il punto di arrivo di un cammino di amicizia e di conoscenza. Ma la comunione con il corpo e il sangue del Signore suscita in noi un altro grande effetto:
«Come il padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me» (Gv 6,57).
Vivere per lui, non più per noi stessi: questa è la meravigliosa libertà che può rigenerare la misura del nostro cuore. Ecco perché diciamo anche che l’eucaristia è la fonte della vita cristiana. Attraverso l’eucaristia, infatti, la vita di Dio si riversa nella nostra, educandoci a vivere come Cristo, fino a renderci liberi di poter offrire quello che siamo ai fratelli. Accogliendo il Signore come «manna sconosciuta» (Dt 8,16) eppure desiderabile, scopriamo che pure noi stessi siamo chiamati a diventare un vero nutrimento per la vita degli altri. Perché la vita resta abbondante non quando la preserviamo e la difendiamo, ma quando siamo disposti a offrirla nella libertà. Arrendendoci all’idea che dare non è conveniente, ma è l’unica scelta capace di placare tutto il desiderio del nostro cuore:
«Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno» (Gv 6,51).
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