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Nel Vangelo di Matteo, i piccoli sono considerati i destinatari del Vangelo di salvezza. Così come i termini “sapienti” (sophos, σοφός) e “intelligenti” (dotti, sunetos, συνετός), anche “piccoli” (nēpios, νήπιος) si presenta senza articolo. Questa assenza sottolinea una caratteristica piuttosto che una categoria precisa di persone: tutti possono rivestire questo ruolo, talvolta riuscendo a essere piccoli, altre volte credendosi intelligenti.
Il verbo epighinōsko (ἐπιγινώσκω), con la sua sfumatura di “riconoscimento”, assume qui un valore teologico e significa non un fatto intellettuale ma l’accoglienza reciproca tra il Padre e il Figlio.
Questo termine πραΰς (praùs) è proprio solo di Matteo in tutto il Nuovo Testamento, se si esclude una occorrenza in 1Pt 3,4. La mitezza è presentata come una beatitudine (Mt 5,5) e come una caratteristica peculiare di Gesù. Esplicito il richiamo alla descrizione del re messianico fatta dal profeta Zaccaria (21,5), che Matteo cita al momento dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme subito prima della Passione. Mitezza e umiltà erano infatti le prerogative del Messia atteso nella tradizione ebraica, che riferisce queste qualità anche a Mosè.
L’immagine del ζυγός (zugòs), strumento ben noto alle antiche attività agricole, nella letteratura neotestamentaria assume essenzialmente un senso figurato, in riferimento al peso della schiavitù oppure, come in questo caso, interpretato come il peso dell’osservanza della Legge, che nella tradizione giudaica l’ebreo accettava di portare per servire Dio. Gesù può definirlo “dolce” e “leggero” perché lui stesso si offre di condividerlo.
Commento alla Liturgia
Sacro Cuore di Gesù
Prima lettura
Dt 7,6-11
6Tu infatti sei un popolo consacrato al Signore, tuo Dio: il Signore, tuo Dio, ti ha scelto per essere il suo popolo particolare fra tutti i popoli che sono sulla terra. 7Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli - siete infatti il più piccolo di tutti i popoli -, 8ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri: il Signore vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha riscattati liberandovi dalla condizione servile, dalla mano del faraone, re d'Egitto. 9Riconosci dunque il Signore, tuo Dio: egli è Dio, il Dio fedele, che mantiene l'alleanza e la bontà per mille generazioni con coloro che lo amano e osservano i suoi comandamenti, 10ma ripaga direttamente coloro che lo odiano, facendoli perire; non concede una dilazione a chi lo odia, ma lo ripaga direttamente. 11Osserverai, dunque, mettendoli in pratica, i comandi, le leggi e le norme che oggi ti prescrivo.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 102(103)
R. L'amore del Signore è per sempre.
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici. R.
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia. R.
Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele. R.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe. R.
Seconda Lettura
1Gv 4,7-16
7Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. 8Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. 9In questo si è manifestato l'amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. 10In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. 11Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. 12Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi. 13In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. 14E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. 15Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. 16E noi abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui.
Vangelo
Mt 11,25-30
25In quel tempo Gesù disse: "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. 28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero".
Note
Leggero
Nella tradizione devozionale di questi ultimi secoli della vita della Chiesa, il mese di giugno è dedicato al Sacro Cuore di Gesù. Questa devozione ha segnato profondamente la teologia e la spiritualità, tanto che sono molte le realtà di congregazioni religiose che negli ultimi secoli si sono lasciati interrogare in modo assai forte dal mistero del cuore di Cristo e da tutto ciò che esso evoca. Tra gli altri, basti pensare al simbolo che il beato Charles de Foucauld portava cucito sul suo abito monastico e con cui vergava tutte le sue lettere e suoi scritti: un cuore sormontato da una croce. Una devozione come quella al Sacro Cuore, che ha raggiunto il suo massimo splendore nella cornice austera del Giansenismo, rimane presente nella Liturgia della Chiesa e, nell’attuale sensibilità spirituale, può essere un’occasione preziosa per ripartire dal cuore e per discernere ogni passo del nostro cammino di fede alla luce dell’amore, della misericordia, della tenerezza. Le parole con cui si conclude il Vangelo di questa solennità ci sono molto care:
«Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,30).
Tutti sappiamo come non possiamo certo seguire “a cuor leggero” le esigenze del Vangelo che esigono, invece, tutta la nostra dedizione di mente e di cuore. Nondimeno possiamo leggere in queste parole del Signore un’autodefinizione del Maestro e potremmo riscrivere questo versetto incandescente del vangelo secondo Matteo così: “Il mio cuore è leggero”.
Infatti, la contemplazione del cuore di Cristo che esulta per ciò che solo «ai piccoli» (Mt 11,25) può essere rivelato in pienezza e in tutta verità, ci ricorda come il nostro cammino di discepolato si debba sempre misurare con una leggerezza che ci renda profondamente sereni tanto da essere capaci di seminare attorno a noi un senso di pace, di gioia, di levità che faccia sentire tutti a proprio agio. Le parole del Deuteronomio non fanno che confermare tutto ciò:
«Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli – siete infatti il più piccolo di tutti i popoli -, ma perché il Signore vi ama» (Dt 7,7-8).
Il legame che sentiamo per il Signore è un vincolo che non costringe, ma libera; la nostra relazione con l’Altissimo è chiamata a diventare sempre più dominata dall’amore piuttosto che dalla paura e dal timore, che ci permette di osservare gli stessi comandamenti con una passione del cuore che li alleggerisce da tutto ciò che può sembrare, al primo sguardo, più pesante e persino un po’ costrittivo.
L’apostolo Giovanni con il suo acume teologico, spirituale ed esperienziale ci conduce al cuore del cuore di Dio:
«In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1Gv 4,10).
In questo versetto giovanneo compare un termine che ha fatto molta fortuna nella spiritualità, non senza qualche deriva: «espiazione»! Ma è lo stesso apostolo che ci indica il modo per espiare, nel senso di riparare i danni del male che portiamo dentro di noi e con cui dobbiamo misurarci attorno a noi: «se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri» (4,11). In una parola, contemplare l’abisso amoroso del cuore di Cristo diventa per noi la strada per tornare al nostro cuore e renderlo un laboratorio di umanità in modo certo, efficace, ma sempre leggero!
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