Commento alla Liturgia

Mercoledì della XXIV settimana di Tempo Ordinario

Prima lettura

1Tm 3,14-16

14Ti scrivo tutto questo nella speranza di venire presto da te; 15ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità. 16Non vi è alcun dubbio che grande è il mistero della vera religiosità: egli fu manifestato in carne umana e riconosciuto giusto nello Spirito, fu visto dagli angeli e annunciato fra le genti, fu creduto nel mondo ed elevato nella gloria.

Salmo Responsoriale

Dal Sal 110(111)

R. Grandi sono le opere del Signore.

Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,
tra gli uomini retti riuniti in assemblea.
Grandi sono le opere del Signore:
le ricerchino coloro che le amano. R.

Il suo agire è splendido e maestoso,
la sua giustizia rimane per sempre.
Ha lasciato un ricordo delle sue meraviglie:
misericordioso e pietoso è il Signore. R.

Egli dà il cibo a chi lo teme,
si ricorda sempre della sua alleanza.
Mostrò al suo popolo la potenza delle sue opere,
gli diede l’eredità delle genti. R.

Vangelo

Lc 7,31-35

31A chi dunque posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? 32È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: "Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!". 33È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: "È indemoniato". 34È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e voi dite: "Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!". 35Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli".

Commento alla Liturgia

In carne umana

MichaelDavide Semeraro

Le parole che l’apostolo Paolo rivolge al suo discepolo e collaboratore Timoteo possono essere considerate il vangelo del Vangelo:

«Non vi è alcun dubbio che grande è il mistero della vera religiosità: egli fu manifestato in carne umana e riconosciuto nello Spirito» (1Tm 3,16).

In una lettera che fece molto scalpore, indirizzata da papa Francesco al giornalista Eugenio Scalfari, il Vescovo di Roma sottolineava da una parte l’origine della propria scelta di fede in una personale esperienza religiosa molto intima e forte e, al contempo, indicava, ancora una volta, il mistero dell’incarnazione non solo come il cardine della salvezza, ma pure come la sfida continua per ogni cristiano. Questa sfida riguarda certo la propria personale esperienza di fede come scelta e sequela, ma si riflette e si invera in tutta una serie di scelte concrete che hanno sempre a cuore di riconoscere e di servire Cristo nella carne dei propri fratelli e sorelle, in particolare dei più poveri e dei più piccoli, i quali continuamente mettono alla prova la nostra capacità o meno di incarnare la nostra fede in Dio in una carità concreta e fattiva.
Così scriveva il Vescovo di Roma: «La fede cristiana crede questo: che Gesù è il Figlio di Dio venuto a dare la sua vita per aprire a tutti la via dell’amore. Ha perciò ragione, egregio Dott. Scalfari, quando vede nell’incarnazione del Figlio di Dio il cardine della fede cristiana. Già Tertulliano scriveva caro cardo salutis, “la carne (di Cristo) è il cardine della salvezza”. Perché l’incarnazione, cioè il fatto che il Figlio di Dio sia venuto nella nostra carne e abbia condiviso gioie e dolori, vittorie e sconfitte della nostra esistenza, sino al grido della croce, vivendo ogni cosa nell’amore e nella fedeltà all’Abbà, testimonia l’incredibile amore che Dio ha per ogni uomo, il valore inestimabile che gli riconosce» (PAPA FRANCESCO, Lettera a Eugenio Scalfari, 4 Settembre 2013 pubblicata su La Repubblica l’11 Settembre 2013).
A partire dalle parole dell’apostolo Paolo e da quelle di Papa Francesco, possiamo ben dire che è a questa difficile comprensione del nucleo fondamentale del Vangelo che il Signore si riferisce con il suo lamento che prende la forma della parabola:

«Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!» (Lc 7,32).

Non si tratta di contrapporre «Giovanni il Battista» (7,33) al «Figlio dell’uomo, che mangia e beve» (7,34). Piuttosto la sfida quotidiana per ciascun credente è quella di cogliere quali sono le esigenze concrete di una continua incarnazione della salvezza nella propria vita e a favore di tutti. Per questo il Signore Gesù si augura:

«Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli» (Lc 7,35).

Questo riconoscimento non è semplicemente un assenso della mente, ma è l’accoglienza del mistero dell’incarnazione che si fa ministero di salvezza e di speranza condivise nella realtà della propria carne, in cui ci è dato e ci è richiesto di incontrare i nostri fratelli e sorelle in umanità nella realtà della loro vita, soprattutto quando si manifesta nella sofferenza e nella vulnerabilità.

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