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Letteralmente, il termine ptōchòs (πτωχός) significa “colui che si rannicchia, si nasconde” e, per estensione, “povero, mendicante, umile”. Luca lo usa in senso concreto, descrivendo i discepoli di Gesù come poveri o diventati poveri. Probabilmente, Luca si rivolge a una comunità di benestanti, per i quali il tema della povertà come verifica del rapporto con Dio è cruciale. Secondo una possibile interpretazione, Luca intende qui la prontezza a lasciare tutto.
Con il verbo chortàzō (χορτάζω) si intende anzitutto l’atto di “nutrire il bestiame”, anche se nel Nuovo Testamento non è usato in questo senso e comunque non assume un significato degradante. Richiama, semmai, il tema veterotestamentario di Dio che nutre e sazia i poveri (cf. Sal 36/37, 19), per esplicitare che la felicità non si fonda sulla fame – materiale o religiosa – ma sull’intervento salvifico di Dio. In altre parole, la sazietà non si può ridurre a una compensazione, perché la promessa è quella di un rapporto nuovo con Dio.
Le manifestazioni di gioia sono parte integrante degli oracoli profetici di salvezza. Il verbo skirtàō (σκιρτάω) non è nuovo nel Vangelo di Luca: nel senso di “balzare, saltare di gioia” lo abbiamo già incontrato in 1,41.44, quando Giovanni sobbalza nel grembo di Elisabetta, indicando proprio un movimento fisico di gioia.
Il verbo apèchō (ἀπέχω) è un termine tecnico del linguaggio commerciale: significa “siete stati pagati”, avete già ricevuto il vostro salario pieno e avete firmato una ricevuta. Qui il lamento si rivolge a chi ritiene di aver ottenuto, attraverso i propri possessi, la felicità, la consolazione escatologica.
Commento alla Liturgia
Mercoledì della XXIII settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Col 3,1-11
1Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; 2rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. 3Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! 4Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria. 5Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria; 6a motivo di queste cose l'ira di Dio viene su coloro che gli disobbediscono. 7Anche voi un tempo eravate così, quando vivevate in questi vizi. 8Ora invece gettate via anche voi tutte queste cose: ira, animosità, cattiveria, insulti e discorsi osceni, che escono dalla vostra bocca. 9Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell'uomo vecchio con le sue azioni 10e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato. 11Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 144(145)
R. Buono è il Signore verso tutti.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode;
senza fine è la sua grandezza. R.
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza. R.
Per far conoscere agli uomini le tue imprese
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno è un regno eterno,
il tuo dominio si estende per tutte le generazioni. R.
Vangelo
Lc 6,20-26
20Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: "Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. 21Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. 22Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell'uomo. 23Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. 24Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. 25Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. 26Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.
Note
Sguardo
L’esortazione dell’apostolo Paolo si fa vibrante e assume un tono quasi di urgenza. Vi è un processo in atto nella nostra vita di discepoli che non solo non va arrestato, ma nemmeno bisogna in alcun modo ritardare. L’apostolo riassume questo cammino ineludibile e necessario alla vita di ogni credente con una sorta di rammemorazione:
«vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, a immagine di Colui che lo ha creato» (Col 3,9-10).
Davanti alla bellezza esigente di un simile compito, la domanda sorge spontanea dal nostro cuore: «Come riuscire a dedicare tutte le nostre migliori energie a questo compito ineludibile di trasformazione interiore, così da recuperare nella nostra vita e per la nostra vita l’immagine divina impressa nel più profondo della nostra umanità e che, pure, talora sembra così lontana dal nostro modo concreto di sentire e di vivere la nostra umanità?».
Possiamo cogliere la risposta a questa domanda fondamentale negli «occhi» del Signore Gesù che si levano «verso i suoi discepoli» (Lc 6,20) accendendo nei loro cuori la voglia di rimettersi ogni mattina alla sua sequela: «Beati voi, poveri… Ma guai a voi ricchi»! La versione lucana del testo più famoso di Matteo ha il pregio di farci sentire in modo ancora più forte l’urgenza di un cammino di conversione che comincia e ricomincia ogni mattina con una sorta di esposizione. Si tratta, infatti, di esporre continuamente la nostra maniera di vivere allo sguardo di Cristo per lasciarci trasformare fino a rinunciare a tutto ciò che in noi può fare da ostacolo alla sua grazia. L’apostolo riprende i cataloghi dei vizi e delle virtù in voga ai suoi tempi ed esorta vivamente:
«Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria» (Col 3,5).
Il Signore Gesù ci indica la via regale perché questo processo di intima ed efficace trasformazione possa realmente compiersi nel cuore di tutti i suoi discepoli, non esclusi e primi fra tutti coloro che ha appena chiamato ed eletto come «apostoli». Il cammino è quello delle beatitudini, che per Luca comprende la memoria del fatto che, se si resta fuori da questo cammino, tutto può diventare più complicato, poiché ci si ritroverebbe nella logica della menzogna con se stessi e con gli altri. Non si tratta certo di canonizzare la miseria, ma di ricordare al cuore di tutti che il modo autentico di porsi nella vita è quello del povero che non pretende, ma attende, per cui
«rivolgete il pensiero alle cose di lassù» (Col 3,2)
per comprendere meglio e usare al meglio «quelle della terra». Potremo leggere le beatitudini nello sguardo di Gesù, alla cui luce potremo dare una nuova luminosità al nostro stesso sguardo, attraverso cui saremo capaci di rivelare il nostro cuore. Normalmente si levano gli occhi verso il cielo – in atteggiamento sacerdotale – invece il Signore alza gli occhi verso i suoi discepoli, manifestando così di essersi messo al di sotto di loro fino a riconoscere nei più poveri e nei più piccoli il luogo autentico della benedizione e della rivelazione dell’«uomo nuovo» di cui egli è l’archetipo. Non siamo chiamati a diventare certo la copia di nessuno, nemmeno di Gesù di Nazaret, ma la sua parola e i suoi gesti ci aiutano a camminare senza deviare verso il comodo e la superficialità.
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