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Il senso del verbo raro antiparèrchomai (ἀντιπαρέρχομαι) non è evidente, perché la preposizione “parà” suggerisce il passare oltre e la preposizione “antì” un camminare di fronte o contro. Una traduzione possibile sarebbe “passò oltre dall’altro lato della strada”. In Sap 16,10, lo stesso verbo significa proprio il contrario: “farsi incontro” per portare soccorso.
Il senso del verbo raro antiparèrchomai (ἀντιπαρέρχομαι) non è evidente, perché la preposizione “parà” suggerisce il passare oltre e la preposizione “antì” un camminare di fronte o contro. Una traduzione possibile sarebbe “passò oltre dall’altro lato della strada”. In Sap 16,10, lo stesso verbo significa proprio il contrario: “farsi incontro” per portare soccorso.
Il verbo utilizzato da Gesù non è statico ma dinamico (γίνομαι) e potrebbe essere tradotto più opportunamente con: «è diventato», «si è fatto». Questa sfumatura ci fa comprendere coma la prossimità di cui parla il Signore non sia una misura spaziale ma un movimento di compassione che genera avvicinamento.
Commento alla Liturgia
Lunedì della XXVII settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Gn 1,1-2,1.11
1Fu rivolta a Giona, figlio di Amittài, questa parola del Signore: 2"Àlzati, va' a Ninive, la grande città, e in essa proclama che la loro malvagità è salita fino a me". 3Giona invece si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis. Pagato il prezzo del trasporto, s'imbarcò con loro per Tarsis, lontano dal Signore. 4Ma il Signore scatenò sul mare un forte vento e vi fu in mare una tempesta così grande che la nave stava per sfasciarsi. 5I marinai, impauriti, invocarono ciascuno il proprio dio e gettarono in mare quanto avevano sulla nave per alleggerirla. Intanto Giona, sceso nel luogo più in basso della nave, si era coricato e dormiva profondamente. 6Gli si avvicinò il capo dell'equipaggio e gli disse: "Che cosa fai così addormentato? Àlzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo". 7Quindi dissero fra di loro: "Venite, tiriamo a sorte per sapere chi ci abbia causato questa sciagura". Tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona. 8Gli domandarono: "Spiegaci dunque chi sia la causa di questa sciagura. Qual è il tuo mestiere? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? A quale popolo appartieni?". 9Egli rispose: "Sono Ebreo e venero il Signore, Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terra". 10Quegli uomini furono presi da grande timore e gli domandarono: "Che cosa hai fatto?". Infatti erano venuti a sapere che egli fuggiva lontano dal Signore, perché lo aveva loro raccontato. 11Essi gli dissero: "Che cosa dobbiamo fare di te perché si calmi il mare, che è contro di noi?". Infatti il mare infuriava sempre più. 12Egli disse loro: "Prendetemi e gettatemi in mare e si calmerà il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia". 13Quegli uomini cercavano a forza di remi di raggiungere la spiaggia, ma non ci riuscivano, perché il mare andava sempre più infuriandosi contro di loro. 14Allora implorarono il Signore e dissero: "Signore, fa' che noi non periamo a causa della vita di quest'uomo e non imputarci il sangue innocente, poiché tu, Signore, agisci secondo il tuo volere". 15Presero Giona e lo gettarono in mare e il mare placò la sua furia. 16Quegli uomini ebbero un grande timore del Signore, offrirono sacrifici al Signore e gli fecero promesse. 1Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. 11E il Signore parlò al pesce ed esso rigettò Giona sulla spiaggia.
Salmo Responsoriale
Da Gn 2,3-5.8
R. Signore, hai fatto risalire dalla fossa la mia vita.
Nella mia angoscia ho invocato il Signore
ed egli mi ha risposto;
dal profondo degli inferi ho gridato
e tu hai ascoltato la mia voce. R.
Mi hai gettato nell'abisso, nel cuore del mare,
e le correnti mi hanno circondato;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati. R.
Io dicevo: «Sono scacciato
lontano dai tuoi occhi;
eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio». R.
Quando in me sentivo venir meno la vita,
ho ricordato il Signore.
La mia preghiera è giunta fino a te,
fino al tuo santo tempio. R.
Vangelo
Lc 10,25-37
25Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: "Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?". 26Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?". 27Costui rispose: " Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso ". 28Gli disse: "Hai risposto bene; fa' questo e vivrai". 29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è mio prossimo?". 30Gesù riprese: "Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: "Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno". 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?". 37Quello rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va' e anche tu fa' così".
Note
Fuggire
Non è mai facile indossare i panni dell’ambasciatore che, pur non portando pena, si trova costretto a notificare brutte notizie ai suoi destinatari. La storia insegna che l’immunità del messaggero non sempre viene rispettata, soprattutto quando la situazione in cui ci si introduce è particolarmente compromessa e drammatica: «Alzati, va’ a Nìnive, la grande città, e in essa proclama che la loro malvagità è salita fino a me» (Gn 1,2). Tuttavia, la comprensibile reazione del profeta Giona, che si sente investito di un compito troppo grande, o comunque contrario alle sue inclinazioni e alla sua disponibilità, viene descritta con una sottolineatura a cui occorre fare attenzione e che apre un orizzonte di meditazione per l’intera liturgia di oggi:
«Giona invece si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore» (Gn 1,3).
Fuggire, talvolta, è legittimo; anzi, persino necessario se si tratta di prendere le distanze dal male, o semplicemente quando non abbiamo ancora maturato la scelta di amare i nostri nemici nella libertà e nella consapevolezza, fino a poterci esporre alla violenza dei loro sentimenti. Ma scappare da Dio non può mai essere considerata una tappa accettabile in un itinerario di sequela e di conformazione alla sua volontà. L’avvio del libro di Giona mostra fino a che punto questa illegittima fuga possa avere drammatiche ripercussioni non solo sulla nostra vita, ma anche su quella di coloro che incrociano il nostro cammino. Dopo essersi imbarcato per vivere la sua fuga, il profeta attira su di sé, e su coloro che sono nella nave diretta a Tarsis, le conseguenze di una relazione interrotta:
«Ma il Signore scatenò sul mare un forte vento e vi fu in mare una tempesta così grande che la nave stava per sfasciarsi» (Gn 1,4).
Una medesima dinamica di fuga è riconoscibile nella nota narrativa con cui l’evangelista Luca prolunga il dialogo tra un dottore della Legge e Gesù sul grande tema della vita eterna. Non appagato dall’aver risposto correttamente alla richiesta di Gesù sul cuore della Legge di Dio, quest’uomo religioso riesce a complicare le cose aggiungendo un’ultima domanda:
«Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è mio prossimo?”» (Lc 10,29).
Come dimostrerà l’epilogo della splendida parabola del «buon Samaritano», il desiderio di apparire giusto agli occhi del «Maestro» è, in realtà, un malcelato tentativo di sottrarsi alle esigenze più stringenti dell’unico – seppur duplice – comandamento dell’amore. Con raffinata e incisiva capacità comunicativa, il Signore Gesù lascia che il suo interlocutore ascolti tutta la narrazione parabolica, dove si avvicendano uomini religiosi capaci solo di passare «oltre» (10,31) il malcapitato derubato e picchiato dai briganti, fino ad ascoltare di quel Samaritano capace non solo di passare «accanto» al povero, ma anche di averne «compassione» (10,33), con un moto di autentico avvicinamento e interessamento per la sua vita e la sua sofferenza. Poi, giunto al termine di una storia capace di parlare da sé, come ogni parabola dovrebbe fare, Gesù pone al dottore della Legge la cruciale domanda:
«Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?» (Lc 10,36).
Il dottore della Legge viene così messo, a sua volta, «alla prova» (10,25) per non fermarsi sulla soglia di una comprensione teorica e astratta del senso profondo della Legge di Dio, ma immergersi in un’esperienza in grado di offrire una vivida accoglienza dei comandamenti dell’Altissimo. La medesima proposta, in qualche modo, è quanto il Signore fa a Giona, non tanto con parole in forma diretta, ma attraverso la mediazione di fatti nei quali il profeta può rendersi conto che, dietro a quella malvagità dei Niniviti che tanto lo ha spaventato, deve imparare a scorgere il mistero della compassione divina. L’esperienza di essere gettato prima in un mare che, immediatamente, «placò la sua furia» (Gn 1,15) e poi nel ventre di un pesce che, dopo appena tre giorni e tre notti, «rigettò Giona sulla spiaggia» (2,11) ottiene l’effetto di accendere nel cuore del profeta un’embrionale, ma certa speranza in colui da cui non solo non è possibile, ma nemmeno è conveniente fuggire:
«Dal profondo degli inferi ho gridato e tu hai ascoltato la mia voce» (Gn 2,3).
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