Topos (τόπος) è il luogo in cui ci si trova nella comunità o nel regno. L’evangelista pensa in particolare al posto di ognuno davanti allo sguardo di Dio, nel regno e nella chiesa che lo anticipa.
Ricordiamo che quando il Cristo è venuto nel mondo, non c’era “posto” per lui, che è venuto ugualmente e si è insediato tra i poveri. Nella scelta dell’ultimo posto, Luca propone una regola di libertà per cui ciascuno, responsabile della propria vita, è invitato a non considerarsi superiore agli altri.
Questo richiamo di Gesù, fedele alla tradizione sapienziale, è interessato, ma a lungo termine, nel senso che raccomanda una felicità che non sia a scapito degli altri e offre la via dell’abbassamento e del servizio.
Commento alla Liturgia
Sabato della XXX settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Rm 11,1-2a.11-12.25-29
1Io domando dunque: Dio ha forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Anch'io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino. 2Dio non ha ripudiato il suo popolo , che egli ha scelto fin da principio. Non sapete ciò che dice la Scrittura, nel passo in cui Elia ricorre a Dio contro Israele? 11Ora io dico: forse inciamparono per cadere per sempre? Certamente no. Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta alle genti, per suscitare la loro gelosia. 12Se la loro caduta è stata ricchezza per il mondo e il loro fallimento ricchezza per le genti, quanto più la loro totalità! 25Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l'ostinazione di una parte d'Israele è in atto fino a quando non saranno entrate tutte quante le genti. 26Allora tutto Israele sarà salvato, come sta scritto: Da Sion uscirà il liberatore, egli toglierà l'empietà da Giacobbe. 27Sarà questa la mia alleanza con loro quando distruggerò i loro peccati. 28Quanto al Vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla scelta di Dio, essi sono amati, a causa dei padri, 29infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!
Salmo Responsoriale
Dal Sal 93 (94)
R. Il Signore non respinge il suo popolo.
Beato l'uomo che tu castighi, Signore,
e a cui insegni la tua legge,
per dargli riposo nei giorni di sventura. R.
Poiché il Signore non respinge il suo popolo
e non abbandona la sua eredità,
il giudizio ritornerà a essere giusto
e lo seguiranno tutti i retti di cuore. R.
Se il Signore non fosse stato il mio aiuto,
in breve avrei abitato nel regno del silenzio.
Quando dicevo: «Il mio piede vacilla»,
la tua fedeltà, Signore, mi ha sostenuto. R.
Vangelo
Lc 14,1.7-11
1Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. 7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8"Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: "Cedigli il posto!". Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: "Amico, vieni più avanti!". Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato".
Note
Approfondimenti
Topos (τόπος) è il luogo in cui ci si trova nella comunità o nel regno. L’evangelista pensa in particolare al posto di ognuno davanti allo sguardo di Dio, nel regno e nella chiesa che lo anticipa.
Ricordiamo che quando il Cristo è venuto nel mondo, non c’era “posto” per lui, che è venuto ugualmente e si è insediato tra i poveri. Nella scelta dell’ultimo posto, Luca propone una regola di libertà per cui ciascuno, responsabile della propria vita, è invitato a non considerarsi superiore agli altri.
Questo richiamo di Gesù, fedele alla tradizione sapienziale, è interessato, ma a lungo termine, nel senso che raccomanda una felicità che non sia a scapito degli altri e offre la via dell’abbassamento e del servizio.
Presumere
Dopo aver dilatato il cuore verso i suoi connazionali Israeliti, riuscendo a scorgere nel dramma della loro chiusura un’insospettabile dilatazione del disegno di Dio, Paolo si rivolge ai suoi «nuovi» fratelli nella fede, invitandoli a riflettere attentamente:
«Io domando dunque: Dio ha forse ripudiato il suo popolo? Impossibile!» (Rm 11,1).
La preoccupazione che muove la penna dell’apostolo è che i credenti in Cristo, sentendosi scelti e amati da Dio, possano diventare «presuntuosi» (11,25), dimenticandosi che Dio «non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio» (11,2). Anzi, Paolo afferma che il motivo ultimo per cui Dio avrebbe permesso che Israele restasse fuori dai termini della nuova alleanza è unicamente l’intento di accendere nei cuori dei Giudei una forte «gelosia» (11,12) capace di generare, a lungo termine, un dinamismo di conversione. Questo infonde una grande speranza nella forza e nell’universalità del disegno di Dio:
«Se la loro caduta è stata ricchezza per il mondo e il loro fallimento ricchezza per le genti, quanto più la loro totalità» (Rm 11,12).
Se non è necessario preoccuparsi troppo nei confronti di chi non sembra appartenere ancora visibilmente all’umanità nuova inaugurata dal vangelo, è invece di grande importanza vigilare su noi stessi, per non correre il rischio di scivolare nella presunzione di salvezza. L’espressione con cui Paolo designa questo concreto rischio a cui espone la fede potrebbe essere tradotta come eccessiva – e scontata – sensibilità rivolta verso se stessi, una sorta di abitudine troppo consolidata a indugiare sul proprio modo di sentire, anziché porlo continuamente a confronto con il «mistero» (Rm 11,25) e la grazia del «vangelo» (11,28). In ultima analisi, presumere significa tornare a concepirsi (da) soli, perdendo la memoria di quella relazione nuova con Dio che chiamiamo vita filiale. Questo atteggiamento non può che condurci, lentamente ma inesorabilmente, alla ricerca di un posto d’onore dove ricevere quella stima e quel riconoscimento che non sappiamo più cercare nel volto del Padre. La ricerca di un posto al sole, dove sentirci garantiti e apprezzati, è un’illusione dell’anima che ha bisogno di essere continuamente riconosciuta e smascherata:
«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto» (Lc 14,9).
Il Signore Gesù non sta esortandoci, evidentemente, a indulgere nel vittimismo o nella rassegnazione, ma a fare i conti con quei meccanismi interiori che, cercando di curare le ferite della solitudine, in realtà non fanno altro che approfondirle. Ogni volta che tentiamo di innalzarci sulla punta dei piedi, cercando quel risarcimento che riteniamo dovuto perché la vita si è rivelata per noi avara o beffarda, diventiamo ridicoli e tristi. Infatti, cominciamo a pensare che l’altro sia sempre, in qualche modo, «più degno» di quanto siamo noi. La parola del vangelo ci ricorda che le cose non stanno mai – e affatto – così: ciascuno di noi è degno di Dio e del suo «onore», perché è suo «amico» (14,10). Tuttavia la grazia di questa libera e gratuita relazione di amicizia non può essere mai data per scontata, ma sempre ravvivata attraverso parole in grado di esprimere e intercettare il desiderio del cuore: «Amico, vieni più avanti!» (14,10). Del resto, quella particolare forma di amicizia con Dio che è il nostro battesimo in Cristo non ha bisogno di presumere nulla, a partire dalla consapevolezza che «i doni» della fiducia e della stima di Dio – per noi e per tutti – sono «irrevocabili» (Rm 11,29). Da questa pace possiamo ricominciare a tessere anche la trama dei nostri rapporti fraterni, senza inutili presunzioni. Se Dio ci ha donato una vita, un corpo, una storia, una «alleanza» (11,27) da poter continuamente celebrare, il nostro «vantaggio» nei confronti degli altri è unicamente la memoria pasquale che conserviamo nelle profondità del nostro cuore:
«Quando dicevo: “Il mio piede vacilla”, la tua fedeltà, Signore, mi ha sostenuto» (Sal 93,18).
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