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La congiunzione μήποτε (mèpote) sembra sigillare una promessa di fallimento del parlare in parabole di Gesù, e contraddire quanto egli ha dichiarato fin dall’inizio del Vangelo sulla conversione e sul perdono dei peccati come le ragioni della sua immersione nell’umanità. Si può cogliere qui l’uso del “paradosso” da parte di Marco: nel fallimento vi è la promessa di accedere a un livello più profondo, l’annuncio dell’irriducibile speranza che la conversione e la misericordia saranno precluse solo “finché” perdureranno l’accecamento dei sensi e l’indurimento del cuore, paradossali strumenti con cui Dio vuole condurre il discepolo a riconoscere la buona notizia in Gesù crocifisso e risorto.
Secondo una possibile, suggestiva traduzione dell’aggettivo πρόσκαιρος (pròskairos), gli incostanti sono gli “uomini di un momento”. Come tutto ciò che è temporaneo, transitorio, qui Marco evoca una condizione che ha a che fare non tanto con una mancata profondità, quanto con una insufficiente stabilità interiore, senza cui la Parola di Dio non può attecchire né può reggere l’urto della vita.
Commento alla Liturgia
Mercoledì della III settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
2Sam 7,4-17
4Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: 5"Va' e di' al mio servo Davide: Così dice il Signore: "Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? 6Io infatti non ho abitato in una casa da quando ho fatto salire Israele dall'Egitto fino ad oggi; sono andato vagando sotto una tenda, in un padiglione. 7Durante tutto il tempo in cui ho camminato insieme con tutti gli Israeliti, ho forse mai detto ad alcuno dei giudici d'Israele, a cui avevo comandato di pascere il mio popolo Israele: Perché non mi avete edificato una casa di cedro?". 8Ora dunque dirai al mio servo Davide: Così dice il Signore degli eserciti: "Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. 9Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. 10Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato 11e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. 12Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. 13Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del suo regno per sempre. 14Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. Se farà il male, lo colpirò con verga d'uomo e con percosse di figli d'uomo, 15ma non ritirerò da lui il mio amore, come l'ho ritirato da Saul, che ho rimosso di fronte a te. 16La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre"". 17Natan parlò a Davide secondo tutte queste parole e secondo tutta questa visione.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 88(89)
R. La bontà del Signore dura in eterno.
Tu hai detto, Signore:
«Ho stretto un’alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide, mio servo.
Stabilirò per sempre la tua discendenza,
di generazione in generazione edificherò il tuo trono. R.
Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza”.
Io farò di lui il mio primogenito,
il più alto fra i re della terra. R.
Gli conserverò sempre il mio amore,
la mia alleanza gli sarà fedele.
Stabilirò per sempre la sua discendenza,
il suo trono come i giorni del cielo». R.
Vangelo
Mc 4,1-20
1Cominciò di nuovo a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a terra lungo la riva. 2Insegnava loro molte cose con parabole e diceva loro nel suo insegnamento: 3"Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un'altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede frutto. 8Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno". 9E diceva: "Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!". 10Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. 11Ed egli diceva loro: "A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, 12affinché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì, ma non comprendano, perché non si convertano e venga loro perdonato ". 13E disse loro: "Non capite questa parabola, e come potrete comprendere tutte le parabole? 14Il seminatore semina la Parola. 15Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l'ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. 16Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l'accolgono con gioia, 17ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. 18Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, 19ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. 20Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l'accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno".
Note
Costruire
La «parola del Signore» che il profeta Natan deve rivolgere a Davide è un’ottima porta d’ingresso alla liturgia di oggi, attraverso cui ricomprendere anche il significato della parabola del buon seminatore insieme alla spiegazione che ne offre lo stesso Signore Gesù. Mentre l’umile e intrepido re d’Israele sta meditando di costruire a Dio una dimora (2Sam 7,1-4), mosso dal desiderio di offrire alla sua presenza in mezzo al popolo una premurosa custodia e un segno decoroso di riconoscimento, il Signore lo invita a osservare le cose anche da un altro punto di vista:
«Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io infatti non ho abitato in una casa da quando ho fatto salire Israele dall’Egitto fino ad oggi; sono andato vagando sotto una tenda, in un padiglione» (2Sam 7,5-6).
Il progetto accarezzato da Davide nasce sicuramente da una premurosa intenzione, ma nasconde anche una pericolosa ambiguità, che la parola profetica intende smascherare. Nell’idea di custodire la presenza dell’Altissimo in un luogo ben preciso e facilmente riconoscibile, si nasconde – sempre – una duplice tentazione. Da un lato quella di poter circoscrivere e padroneggiare il mistero della sua vita — scelta che cesserà di essere «ambigua» solo quando sarà Dio stesso a mostrarsi pienamente attraverso il mistero dell’incarnazione del suo Verbo — e dall’altra quella di pensare che Dio, in fondo, abbia bisogno di essere da noi protetto per impedire che la sua presenza venga violata o trascurata. In realtà, nella descrizione che il Signore fa di se stesso a Davide si scorge persino una certa felicità, quasi una fierezza, che Dio sperimenta nell’essere libero di vagare pur di poter camminare «insieme con tutti gli Israeliti» (7,7). Dimenticare quanto Dio non solo ha fatto, ma soprattutto è stato felice di fare, per noi e per la nostra salvezza rappresenta una perdita di memoria a cui corrisponde anche un certo impoverimento della nostra relazione di alleanza. Per questo il Signore offre a Davide un aiuto a recuperare la memoria e la gratitudine di un cammino condiviso insieme:
«Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome come quello dei grandi che sono sulla terra» (2Sam 7,9).
Di questa contenta e convinta volontà di non voler crescere senza il nostro umano passo è splendida icona l’immagine del seminatore che, nella parabola, lascia cadere il suo seme su ogni tipo di terreno. I diversi luoghi in cui il seme della parola si introduce sono descritti in modo da evocare i fondamentali atteggiamenti con cui noi stessi ci troviamo a esercitare il dono della nostra libertà, in mezzo a tante debolezze e a non poche ambiguità: superficialità, quando Satana viene nel nostro cuore «e porta via la parola seminata» (Mc 4,15); incostanza, quando ci abbattiamo «al sopraggiungere di qualche tribolazione» (4,17); sciocca bramosia, quando «le preoccupazioni del mondo e l’inganno della ricchezza» (4,19) riescono a dominarci. In realtà, la parabola non è pronunciata per accrescere in noi i sensi di colpa, ma per condurci di fronte alla sconfinata fiducia che Dio nutre nella nostra possibilità di maturare e portare frutto:
«Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno» (Mc 4,8).
Così come Davide è chiamato a rinunciare a ogni progetto di poter contenere il mistero di Dio, anche noi dobbiamo essere disposti a lasciarci seminare dalla sua parola senza dubitare e senza verificare l’efficacia della sua potenza con i nostri occhi e le nostre povere misure. Qualunque sia il tipo di terra che ci troviamo a essere, non possiamo che consegnarci all’incontro con Dio senza dubitare del fatto che la sua fedeltà sia in grado di costruire in noi una dimora e una gioia condivisa. Si tratta di imparare ad ascoltare senza indulgere in alcuna frustrazione, anzi con l’intima speranza – oltre ogni speranza – che il frutto più bello della nostra umanità presto germoglierà. Non appena i nostri giorni «saranno compiuti» (2Sam 7,12) e Dio riuscirà, finalmente, a costruire in noi la sua dimora e il suo trono, «stabile per sempre» (7,16).
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