Commento alla Liturgia

Lunedì della VI settimana di Tempo Ordinario

Prima lettura

Gc 1,1-11

1Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù che sono nella diaspora, salute. 2Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, 3sapendo che la vostra fede, messa alla prova, produce pazienza. 4E la pazienza completi l'opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla. 5Se qualcuno di voi è privo di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti con semplicità e senza condizioni, e gli sarà data. 6La domandi però con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all'onda del mare, mossa e agitata dal vento. 7Un uomo così non pensi di ricevere qualcosa dal Signore: 8è un indeciso, instabile in tutte le sue azioni. 9Il fratello di umili condizioni sia fiero di essere innalzato, 10il ricco, invece, di essere abbassato, perché come fiore d'erba passerà. 11Si leva il sole col suo ardore e fa seccare l'erba e il suo fiore cade, e la bellezza del suo aspetto svanisce. Così anche il ricco nelle sue imprese appassirà.

Salmo Responsoriale

Dal Sal 116 (117)

R. Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.

Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.  R.

Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.  R.

Vangelo

Mc 8,11-13

11Vennero i farisei e si misero a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. 12Ma egli sospirò profondamente e disse: "Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno". 13Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l'altra riva.

Commento alla Liturgia

Esitare

Roberto Pasolini

In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova (Mc 8,11).

Il commento dell’evangelista è piuttosto esplicito: il nostro ossessivo bisogno di segni e conferme non è altro che un malcelato tentativo di mettere alla prova il Signore e la sua fedeltà. Altrettanto esplicita è la risposta — soprattutto la reazione — con cui Gesù esprime il suo disappunto di fronte alla nostra durezza di cuore.

«Ma Gesù sospirò profondamente e disse: “Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno”. Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva» (Mc 8,12-13).

La lettera di Giacomo, invece, ci annuncia che la nostra stessa vita, in ogni suo momento, è già quel segno che sempre attendiamo di vedere e gustare all’esterno. Invece noi esitiamo, scandalizzati, turbati e seccati, di fronte al mistero della nostra vita e alle innumerevoli prove che è chiamata ad affrontare. Non disposti ad accettare che non è necessario accumulare altri indizi o conferme. Basta permettere a quello che già c’è di produrre il suo frutto.

«Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la vostra fede, messa alla prova, produce pazienza» (Gc 1,2-3).

Non si tratta di essere stoici di fronte alle difficoltà, titanici nella sofferenza, ma di imparare a conoscere quanta stabilità e sicurezza può esserci in una preghiera vissuta come quotidiano respiro.

«Se qualcuno di voi è privo di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti con semplicità e senza condizioni, e gli sarà data» (Gc 1,5).

La preghiera non è un ornamento auspicabile della nostra fede. Ne è piuttosto l’espressione e l’autentica. Solo pregando si ricompongono le divisioni e le spaccature che ci portiamo dentro e, molto spesso, buttiamo fuori, lasciando che il loro peso si scarichi sul malcapitato di turno. Perché la preghiera è la forma più semplice con cui la nostra libertà consente a quella di Dio di cestinare l’uomo vecchio e far sorgere quello nuovo. Senza, più, esitazioni.

La domandi però con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all’onda del mare, mossa e agitata dal vento» (Gc 1,5-6).

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