Commento alla Liturgia

Lunedì della VI settimana di Tempo Ordinario

Prima lettura

Gc 1,1-11

1Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù che sono nella diaspora, salute. 2Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, 3sapendo che la vostra fede, messa alla prova, produce pazienza. 4E la pazienza completi l'opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla. 5Se qualcuno di voi è privo di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti con semplicità e senza condizioni, e gli sarà data. 6La domandi però con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all'onda del mare, mossa e agitata dal vento. 7Un uomo così non pensi di ricevere qualcosa dal Signore: 8è un indeciso, instabile in tutte le sue azioni. 9Il fratello di umili condizioni sia fiero di essere innalzato, 10il ricco, invece, di essere abbassato, perché come fiore d'erba passerà. 11Si leva il sole col suo ardore e fa seccare l'erba e il suo fiore cade, e la bellezza del suo aspetto svanisce. Così anche il ricco nelle sue imprese appassirà.

Salmo Responsoriale

Dal Sal 116 (117)

R. Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.

Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.  R.

Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.  R.

Vangelo

Mc 8,11-13

11Vennero i farisei e si misero a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. 12Ma egli sospirò profondamente e disse: "Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno". 13Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l'altra riva.

Commento alla Liturgia

Prove

MichaelDavide Semeraro

L’apostolo Giacomo ci aiuta a trovare un modo per accogliere la parola del Signore Gesù nel Vangelo:

«Considerate perfetta letizia, miei fratelli quando subite ogni sorta di prove» (Gc 1, 2).

L’esortazione dell’apostolo sembra essere una matura risposta alla reazione del Signore Gesù dinanzi a quanti cercano in tutti i modi di «metterlo alla prova» (Mc 8,11). Le «prove» della vita, accolte e attraversate con coraggio e con maturità, sono il luogo in cui possiamo cogliere quel «segno» (8,12) che il Signore ci rifiuta come prodigio esteriore per rimandarci al grande lavoro della nostra intelligenza interiore. A questo punto, l’altra esortazione di Giacomo risuona come un invito da onorare ogni giorno nella nostra vita di discepoli:

«Se qualcuno di voi è privo di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti con semplicità e senza condizioni» (Gc 1,5).

La sapienza che il Signore ci dona con gratuità e in modo pieno passa per la nostra capacità di accogliere le prove della vita imparando da quello che siamo chiamati a patire nell’intimo del nostro cuore come pure nella relazione con gli altri, che sono sempre esigenti e talora assai difficili.
La preghiera, come luogo in cui chiediamo al Signore di interagire con la nostra vita, ci permette di riguadagnare quella stabilità del cuore che talora le prove della vita incrinano fino a farci assomigliare «all’onda del mare» (1,6). Il Signore dimostra tutta la sua stabilità interiore quando, dinanzi all’insistenza petulante dei farisei:

«Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva» (Mc 8,13).

Invece di fermarsi a discutere col rischio di arenarsi in inutili argomentazioni, il Signore preferisce continuare a camminare – per terra e per mare – per essere sempre di più il «segno» che rivela, a tutti gli uomini e soprattutto ai sofferenti, il volto misericordioso del Padre. Prima di prendere troppo le distanze dai farisei di cui, ancora una volta, ci parla il Vangelo, chiediamoci se a nostra volta siamo in grado di cogliere il «segno» della divina presenza nella nostra vita quotidiana, per evitare il rischio di attendere o di chiedere chissà quale «segno dal cielo» (8,11).
La rottura netta con i farisei da parte del Signore Gesù rimanda ciascuno di noi a porsi una seria domanda sulla qualità delle nostre attese e delle nostre speranze, per non essere censiti come parte di quella «generazione che chiede un segno» senza saper leggere i segni di cui la vita quotidiana è intessuta. La concretezza cui rimanda l’apostolo Giacomo nella sua «lettera di paglia», come la qualificava Lutero, in realtà ci permette di accendere il fuoco di quella fedeltà evangelica alla realtà come luogo solenne di divina rivelazione:

«Il fratello di umile condizione sia fiero di essere innalzato, il ricco, invece di essere abbassato, perché come fiore d’erba appassirà» (Gc 1,10).

La parola del Signore Gesù e il suo personale esempio di libertà e di coraggio di fronte alle continue provocazioni dei farisei ci rendono uomini e donne che sanno conservare la propria dignità in una crescente libertà e responsabilità.

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