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Solo Marco tra gli evangelisti definisce il messaggio relativo al destino del Figlio dell’uomo un “insegnamento”. Usando proprio il verbo insegnare (in greco didàskō, διδάσκω), egli indica che apprendere la sorte del Figlio dell’uomo non è una semplice informazione ma un vero modello da imitare, norma di vita per i discepoli di Gesù di ogni tempo.
Il verbo paradìdōmi (παραδίδωμι) può significare sia “consegnare” che “tradire”. Il passivo utilizzato fa risuonare questa parola come un enigma, poiché non viene indicato l’autore dell’azione. Eppure, l’espressione “consegnare nelle mani degli uomini” può essere considerata il nocciolo più antico delle formule con cui Gesù parla del proprio destino. L’espressione ricorre spesso nella versione greca della Bibbia ebraica (la Settanta) e il soggetto quasi sempre è Dio: è lui che consegna persino il suo “servo” (cf. IV canto del Servo di Isaia). Gesù invece sarà consegnato dal “traditore” ma, parlando di sé alla terza persona, fa intendere una lucida adesione riguardo alla propria sorte.
Commento alla Liturgia
Martedì della VII settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Gc 4,1-10
1Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? 2Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; 3chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni. 4Gente infedele! Non sapete che l'amore per il mondo è nemico di Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio. 5O forse pensate che invano la Scrittura dichiari: "Fino alla gelosia ci ama lo Spirito, che egli ha fatto abitare in noi"? 6Anzi, ci concede la grazia più grande; per questo dice: Dio resiste ai superbi, agli umili invece dà la sua grazia. 7Sottomettetevi dunque a Dio; resistete al diavolo, ed egli fuggirà lontano da voi. 8Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi. Peccatori, purificate le vostre mani; uomini dall'animo indeciso, santificate i vostri cuori. 9Riconoscete la vostra miseria, fate lutto e piangete; le vostre risa si cambino in lutto e la vostra allegria in tristezza. 10Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 54(55)
R. Affida al Signore il tuo peso ed egli ti sosterrà.
Oppure:
R. Chi spera nel Signore non resta deluso.
Chi mi darà ali come di colomba
per volare e trovare riposo?
Ecco, errando, fuggirei lontano,
abiterei nel deserto.
In fretta raggiungerei un riparo
dalla furia del vento, dalla bufera. R.
Disperdili, Signore, confondi le loro lingue.
Ho visto nella città violenza e discordia:
giorno e notte fanno la ronda sulle sue mura. R.
Affida al Signore il tuo peso
ed egli ti sosterrà,
mai permetterà che il giusto vacilli. R.
Vangelo
Mc 9,30-37
30Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: "Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà". 32Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. 33Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: "Di che cosa stavate discutendo per la strada?". 34Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: "Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti". 36E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37"Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato".
Note
Vergogna
Una preghiera di André Gide può aiutarci a entrare nel mistero di ciò che il Signore Gesù pone come fondamentale nel nostro cammino di discepoli: «Signore, vengo a te come un bambino: come il bambino che tu vuoi che io diventi, come quel bambino che diventa colui che a te si abbandona. Rinuncio a tutto ciò che rappresenta il mio orgoglio e che, davanti a te, costituirebbe la mia vergogna». La parola del Signore Gesù è capace di smascherare, in modo inatteso e al contempo spietato, ciò che dentro di noi si oppone radicalmente al suo vangelo:
«Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato» (Mc 9,36-37).
Persino questa parola del Signore può ancora dare scampo alle nostre illusioni che, invece, vanno continuamente passate al crogiolo – vero e proprio setaccio e perfetto tritatutto – delle esigenze fondamentali e fondanti della sequela: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo e il servitore di tutti» (9,35).
A questo punto non abbiamo scampo, perché dobbiamo persino rinunciare ad accogliere gli altri come piccoli, finché non abbiamo riconosciuto in noi stessi il piccolo da accogliere e per cui chiedere accoglienza presso gli altri. Dei discepoli si dice che «non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo» (9,32). Di noi possiamo meglio dire che forse non abbiamo tanta voglia di capire. In tal caso possiamo ben farci aiutare dall’apostolo Giacomo, che ci offre un’analisi profondissima di quella nostra tendenza a proiettare continuamente fuori di noi le cause più vere delle nostre difficoltà e delle nostre sofferenze. Per questo ci viene posta una domanda:
«da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi?» (Gc 4,1)
ed egli stesso ci offre pure una risposta con cui siamo obbligati a misurarci seriamente: «dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra». Lo stesso apostolo, da buon medico, non esita a offrirci pure il rimedio: «Sottomettetevi dunque a Dio» (4,7) e ancora «Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà» (4,10).
Il contrasto tra ciò di cui parla il Signore Gesù ai discepoli – il suo mistero pasquale – e ciò di cui i discepoli parlano tra di loro, quasi nascondendosi al loro Maestro, è stridente, ma è anche assai profondo: «avevano discusso tra loro chi fosse più grande» (Mc 9,34). Sembra persino derisorio il modo in cui i discepoli reagiscono alla catechesi di Gesù che cerca di prepararli e, ancora più profondamente, renderli partecipi del suo mistero pasquale. La loro reazione è quella di lasciarsi prendere dal panico e dalla paura. Davanti a tanto panico e a tanta paura il Signore comprende che le parole non solo non bastano, ma forse non servono. E allora, «preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e abbracciandolo…» (Mc 9,36). Lungo questa giornata cerchiamo di renderci sempre più sensibili a questo gesto di Gesù che possiamo ritrovare nelle nostre famiglie, comunità, ambienti di lavoro, sui mezzi di trasporto, e poniamoci seriamente la domanda: «Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi?» (Gc 4,1).
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