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Unica occorrenza nel Nuovo Testamento, nella Bibbia dei Settanta il verbo agrèuō (ἀγρεύω) è usato in senso figurato: “cacciare, prendere in trappola”. Come accadeva ai profeti antichi, anche Gesù profeta viene insidiato “nella parola” (lògos, λόγος), con un tranello apparentemente senza via d’uscita.
La tradizione dei padri della Chiesa ha collegato il termine eikōn (εἰκών) a Gen 1,27: l’uomo “creato a immagine e somiglianza di Dio”, sul quale i rabbini fondano il divieto di raffigurare Dio. Con la consueta ironia di Marco, qui Gesù interroga i suoi provocatori proprio sull’immagine che compare sulla moneta e sull’iscrizione, termine che comparirà di nuovo per indicare quella sulla croce.
Commento alla Liturgia
Martedì della IX settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
2Pt 3,11b-15a.17-18
11Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, 12mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno! 13Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova , nei quali abita la giustizia. 14Perciò, carissimi, nell'attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia. 15La magnanimità del Signore nostro consideratela come salvezza: così vi ha scritto anche il nostro carissimo fratello Paolo, secondo la sapienza che gli è stata data, 17Voi dunque, carissimi, siete stati avvertiti: state bene attenti a non venir meno nella vostra fermezza, travolti anche voi dall'errore dei malvagi. 18Crescete invece nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo. A lui la gloria, ora e nel giorno dell'eternità. Amen.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 89(90)
R. Signore, tu sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Prima che nascessero i monti
e la terra e il mondo fossero generati,
da sempre e per sempre tu sei, o Dio. R.
Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte. R.
Gli anni della nostra vita sono settanta,
ottanta per i più robusti,
e il loro agitarsi è fatica e delusione;
passano presto e noi voliamo via. R.
Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Si manifesti ai tuoi servi la tua opera
e il tuo splendore ai loro figli. R.
Vangelo
Mc 12,13-17
13Mandarono da lui alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. 14Vennero e gli dissero: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?". 15Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: "Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo". 16Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: "Questa immagine e l'iscrizione, di chi sono?". Gli risposero: "Di Cesare". 17Gesù disse loro: "Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio". E rimasero ammirati di lui.
Note
Approfondimenti
Un solo verbo per una duplice risposta, apodìdōmi (ἀποδίδωμι) si presta almeno a due riletture della necessità di restituire a Dio il bene di Dio, cioè quanto attiene alla sua immagine:
Festina Lente
L’antico motto latino festina lente, «affrettati lentamente», raccoglie ed esprime bene il senso della pacificata urgenza che l’apostolo Pietro vuole infondere nelle prime comunità cristiane, esortando tutti a una vita di piena e ardente.
«Carissimi, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno!» (2Pt 3,11-12).
Questa vigilanza necessaria non coincide immediatamente con un particolare impegno ascetico, ma consiste nella fatica quotidiana di dimorare «nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro Gesù Cristo» (3,18) e in un esercizio attento della nostra libertà, chiamata sempre e anzitutto ad appartenere a Dio, prima che agli uomini. L’episodio del vangelo ci ricorda che in questa attesa siamo tentati di affrettare le cose nel modo sbagliato, ogni volta che difendiamo i nostri idoli, anziché cercare la verità delle cose. I farisei e gli erodiani — da sempre nemici — pur di non rinunciare all’idolo del potere (rispettivamente religioso e politico) si alleano per cogliere in fallo Gesù:
«Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?» (Mc 12,14).
L’elogio rivolto al Maestro tradisce la meschinità delle loro abitudini, che certamente assomigliano alle nostre. Il pericolo costante è quello di guardare le cose del mondo troppo in faccia, fino a diventarne servi ciechi e scontenti, abdicando per giunta alla nostra coscienza e alla nostra dignità. Così facendo, arriviamo facilmente a svenderci e a vincolare la nostra libertà al potente di turno, che ci chiede di versare a lui il nostro tributo. Liberante la risposta di Gesù:
«Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio» (Mc 12,17).
Non si tratta di estraniarsi dalla realtà e dai suoi giochi, ma di essere più familiari con Dio e con i suoi doni. Fino a capire e, lentamente, accettare il fatto che egli da noi voglia ‘solo’ la vita. E, impazienti, attendere la sua venuta e il suo ritorno.
«Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia» (2Pt 3,13).
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