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Letteralmente, il verbo agapàō (ἀγαπάω) è preceduto dalla congiunzione “e” (καὶ): un dettaglio che richiama due passi della Torah aventi un’espressione simile, che Gesù combina in stile rabbinico, interpretando l’uno alla luce dell’altro. L’espressione è proprio: “e-tu-amerai”, ripresa da Dt 6,5 e da Lv 19,18, in cui si riferisce allo straniero. Un accostamento forte, sulle labbra di Gesù, a dire che per amare Dio bisogna amare il prossimo e viceversa, con la mobilitazione di tutte le facoltà umane.
Lo scriba sostituisce il termine usato da Gesù – la mente o l’intelligenza come sua facoltà, in greco diànoia (διάνοια) – con sùnesis (σύνεσις), che ha una sfumatura più legata alla comprensione, al saper tenere insieme tutti gli elementi della vita. Possiamo ancora stupirci della flessibilità con cui Gesù e lo scriba citano questo testo fondante di Dt 6,5, autorevole al punto da permettere di essere assunto in modo personale.
Che cosa significa questo “non lontano”, ou makràn (οὐ μακρὰν)? Significa “non ancora” oppure “veramente vicino”? L’approvazione di Gesù rispetto allo scriba non può essere senza riserve, perché Dio come re della nostra esistenza si comprende solo quando si passa all’azione e si fa la verità. Dunque, questa espressione è provocatoria: vuole invitare l’interlocutore ad avvicinarsi ancora di più alla priorità che ha già intravisto.
Commento alla Liturgia
Giovedì della IX settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
2Tm 2,8-15
8Ricòrdati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio Vangelo, 9per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore. Ma la parola di Dio non è incatenata! 10Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. 11Questa parola è degna di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; 12se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; 13se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso. 14Richiama alla memoria queste cose, scongiurando davanti a Dio che si evitino le vane discussioni, le quali non giovano a nulla se non alla rovina di chi le ascolta. 15Sfòrzati di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola della verità.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 24(25)
R. Fammi conoscere, Signore, le tue vie.
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza. R.
Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via. R.
Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà
per chi custodisce la sua alleanza e i suoi precetti.
Il Signore si confida con chi lo teme:
gli fa conoscere la sua alleanza. R.
Vangelo
Mc 12,28b-34
28Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: "Qual è il primo di tutti i comandamenti?". 29Gesù rispose: "Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore ; 30amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. 31Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso . Non c'è altro comandamento più grande di questi". 32Lo scriba gli disse: "Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all'infuori di lui ; 33amarlo con tutto il cuore, con tutta l'intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici". 34Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: "Non sei lontano dal regno di Dio". E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
Note
Catene
L’inizio della prima lettura di quest’oggi crea nella nostra mente un’immagine assai forte della situazione dell’apostolo Paolo, a partire proprio dalle sue stesse parole:
«soffro fino a portare le catene come un malfattore» (2Tm 2,9).
Non è difficile immaginare il combattimento interiore di un devoto fariseo che al contempo si sente fieramente cittadino romano e che si trova – a motivo del «Vangelo» (2,8) – doppiamente incatenato. Le catene di Paolo sono infatti la conseguenza di una scelta assai coraggiosa e, di certo non facile, che mette in crisi le coordinate fondamentali della sua vita: l’appartenenza al popolo eletto e l’appartenenza alla struttura di potere vincente! Per la sua adesione al Vangelo queste due realtà così fondamentali per Saulo di Tarso entrano non solo in crisi all’interno della sua coscienza, ma sembrano rivoltarsi contro di lui, dovendo così portare le catene che sono il segno esteriore di un grande conflitto interiore che lo contrappone alle strutture che per una vita intera lo avevano sostenuto.
Ciò che l’apostolo chiede a Timoteo con calde parole di esortazione è, di certo, ciò che per prima cosa ha richiesto a se stesso, e che ora viene richiesto a ciascuno di noi se vogliamo realmente camminare come discepoli:
«Sforzati di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola della verità» (2Tm 2,15).
Il Vangelo ci offre un esempio particolarmente fulgido di cosa possa significare dispensare la verità. Il modo con cui il Signore reagisce alla domanda di «uno degli scribi» (Mc 12,28), in realtà, non ha nulla di speciale, accontentandosi di riprendere quella che era la catechesi ordinaria della sinagoga e delle scuole rabbiniche. Eppure, il modo con cui il Signore Gesù risponde a questo scriba evidenzia non tanto la particolarità delle parole che passano tra i due interlocutori, ma piuttosto lo stile. Si tratta di uno stile sincero di incontro e non di provocazione, di autentico desiderio di confronto che non ha niente a che vedere con le «vane discussioni» (2Tm 2,14) stigmatizzate da Paolo e spesso sopportate dal Signore Gesù.
L’evocazione dei comandamenti che, spesso, è stato motivo di amarezza tra Gesù e gli scribi diventa in questo caso motivo di reciproca ammirazione: «Hai detto bene, Maestro…» (Mc 12,32) cui segue una delle parole più belle di tutte le Scritture:
«Non sei lontano dal regno di Dio» (Mc 12,34).
La ripresa dei comandamenti e delle consuetudini, che spesso erano motivo di attrito tra Gesù e gli scribi proprio a motivo di un’interpretazione che potremmo definire incatenante, diventa in questo caso assolutamente e magnificamente liberante. La «catene» portate da Paolo in realtà sono il prezzo della libertà, che non è più un bene riservato a pochi eletti sia a livello religioso che politico, ma è un dono che è per tutti nella misura in cui ciascuno accetta di entrare in un processo di liberazione dall’egoismo, per aprirsi a un cammino che ha come spinta una sola parola: «Amerai…» e ancora «amerai» (12, 30-31).
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