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Questo nome non è attestato da nessuna parte nella tradizione ebraica. Lo conosciamo solo da questo passo nei Vangeli (anche i paralleli di Mt e Lc lo riportano). Marco non lo traduce ma fa comprendere che va considerato “il principe dei demoni”. In questo contesto, uno dei significati possibili è quello di “padrone (ba’al) della casa” (cf. v.27).
È significativo che il narratore segnali qui il modo di parlare di Gesù “in parabole” (ἐν παραβολαῖς). È come per avvertire il lettore “Leggete bene! Fate attenzione!”, perché il Gesù di Marco dice le cose più importanti in modo velato, con immagini o massime, per introdurre gradualmente il destinatario nella profondità destinata a coloro che entrano nell’intimità del Maestro.
Commento alla Liturgia
X Domenica Tempo Ordinario
Prima lettura
Gen 3,9-15
9Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?". 10Rispose: "Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto". 11Riprese: "Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?". 12Rispose l'uomo: "La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato". 13Il Signore Dio disse alla donna: "Che hai fatto?". Rispose la donna: "Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato". 14Allora il Signore Dio disse al serpente: "Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. 15Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno".
Salmo Responsoriale
Dal Sal 129(130)
R. Il Signore è bontà e misericordia.
Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica. R.
Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore. R.
Io spero, Signore.
Spera l'anima mia,
attendo la sua parola.
L'anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all'aurora. R.
Più che le sentinelle l'aurora,
Israele attenda il Signore,
perché con il Signore è la misericordia
e grande è con lui la redenzione.
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe. R.
Seconda Lettura
2Cor 4,13-5,1
13Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato , anche noi crediamo e perciò parliamo, 14convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. 15Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l'inno di ringraziamento, per la gloria di Dio. 16Per questo non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno. 17Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: 18noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne. 1Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un'abitazione, una dimora non costruita da mani d'uomo, eterna, nei cieli.
Vangelo
Mc 3,20-35
20Entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. 21Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: "È fuori di sé". 22Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: "Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni". 23Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: "Come può Satana scacciare Satana? 24Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; 25se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. 26Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. 27Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. 28In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; 29ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna". 30Poiché dicevano: "È posseduto da uno spirito impuro". 31Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. 32Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: "Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano". 33Ma egli rispose loro: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". 34Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli! 35Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre".
Note
Approfondimenti
Il verbo existēmi (ἐξίστημι) indica un eccesso, una perdita della ragione: “non si possiede più, è pazzo” (cf. 2,12). Né Matteo né Luca lo hanno confermato. Poichè Marco lo riferisce, vuol dire che lo ha sentito; dunque, siamo davanti a qualcosa che la comunità cristiana non ha potuto inventare.
Anche di Giovanni battista si afferma che fosse pazzo o indemoniato (Lc 7,33), e ancora di Gesù nel Quarto Vangelo (Gv 10,20). Lo stesso Paolo è definito tale (St 26,24; 2Cor 5,13). L’uomo di Dio è considerato pazzo anche nell’Antico Testamento (Os 9,7; Sap 5,4).
Per Marco, chi cammina al seguito di Gesù si espone a essere maltrattato e perseguitato dalla famiglia, dai “teologi” e dalle persone del proprio ambiente. Ma l’uomo spirituale non può essere veramente fermato.
Convinti
Nel Giardino delle origini si attua sin da subito lo stesso dinamismo di contrapposizione che vediamo all’opera attorno al Signore Gesù: isolare e insospettire! Davanti all’evidenza così forte e incoraggiante di Gesù che «scaccia i demoni», gli scribi e i farisei arrivano a darne una spiegazione tanto assurda quanto intrigante: «è posseduto da Beelzebùl e scaccia e demoni per mezzo del capo dei demòni» (Mc 3,22). Dal canto loro, i familiari di Gesù – e Marco non esclude neppure «sua madre» (3,31) – non si arrischiano nell’interpretare da dove venga la capacità del loro “augusto parente” nel fare cose così prodigiose, ma tentano di tirarlo fuori da questa situazione imbarazzante – che imbarazza prima di tutto loro stessi – cercando di portarselo via e adducendo come motivazione proprio quella che noi stessi proponiamo quando non sappiamo più cosa dire né cosa fare:
«È fuori di sé» (Mc 3,21).
Non è sostanzialmente diverso quello che accade nel Giardino piantato da Dio per la gioia e la crescita delle sue creature. A un certo punto, alla fiducia e al reciproco abbandono che crea un’atmosfera di pace e una possibilità reale di vivere nel riposo – per istigazione del «serpente» (Gn 3,13) - fa ingresso nella storia dell’umanità la possibilità di essere ingannati, che è sempre il risultato di essersi già ingannati da se stessi, magari senza rendersene conto. In ogni modo, il risultato è la genesi non più della vita così come la possiamo contemplare – con sfumature diverse nei due racconti biblici della creazione – bensì la genesi della paura. Per quanto possiamo o vogliamo disapprovare la debolezza di Adamo, nostro padre, dobbiamo riconoscergli una buona capacità di discernimento, unito a una dose non trascurabile di schiettezza, quando alla prima domanda – da cui tutte le altre nascono e fioriscono – del Signore Dio risponde in modo autentico:
«Ho udito la tua voce ne giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto» (Gen 3,10).
Nella liturgia bizantina si usa pregare con calde lacrime il Grande Canone di sant’Andrea di Creta che accompagna i primi giorni della Grande Quaresima. Questo stupendo e toccante testo di poesia interiore comincia proprio così: «Avendo emulato nella trasgressione di Adamo, il primo uomo creato, mi sono riconosciuto spogliato da Dio, del regno e del gaudio eterno» (Anthologhion, II, p. 503). Il lungo testo poetico, fatto di continui rimandi alle Scritture, rilegge la storia dell’umanità come l’avventura – non ancora completa – del ritorno alla fiducia originaria il cui smarrimento brucia come una ferita aperta. A questo medesimo sentire poetico e mistico si ispirerà san Silvano del Monte Athos il quale – nelle fittissime tenebre del suo combattimento spirituale – una notte sentì la «voce» del Signore dirgli questa parola: “Tieni lo spirito agli inferi e non disperare!”. Se al nostro padre Adamo dobbiamo l’onestà di dichiarare davanti a Dio, che lo cerca amorevolmente come ogni sera e non lo trova più tanto da dover chiedere «Dove sei?» (Gn 3,9) il riconoscimento della fonte di ogni nostra infelicità e sofferenza che è la paura, al nostro Fratello e Signore Gesù Cristo dobbiamo la grande possibilità di non disperare ma di poter desiderare di ritrovarci di nuovo e per sempre, senza più avere paura, nella cerchia dei suoi intimi, per far parte della sua famiglia. Tra la paura riconosciuta e, in certo senso denunciata, da Adamo e la speranza di essere liberati da ogni paura, realizzata nelle parole e nei gesti del Signore Gesù, oggi ci viene offerta come ponte una parola dell’apostolo Paolo:
«Anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi» (2Cor 4,13-14).
L’apostolo ci invita a superare ogni immagine di esclusivismo nella relazione al mistero della salvezza e apre, invece, il nostro cuore alla necessità cui il Signore Gesù costringe i membri della sua famiglia, di entrare nel cerchio di tutti coloro che accettano e amano di stringersi «attorno» a lui: «Ecco mio madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre» (Mc 3,35). Entrare nel cerchio esige accettare di far parte del cerchio senza mai indulgere alla tentazione di creare una “cerchia” e ciò non può avvenire senza essere «convinti» (2Cor 4,13) di ciò che l’apostolo spiega in questi termini:
«Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta ad opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio» (2Cor 4,15).
Se si entra in questa logica inclusiva, che si sperimenta ogni volta che si è capaci di allargare il cerchio per fare posto a un nuovo venuto, si spezza l’incantesimo del «serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra» (Ap 12,9) proprio con l’illusione di poter avere un posto particolare e di poter arrivare a qualche rara e speciale conoscenza, mentre in realtà «Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli» (5,1). Ma se di tutto questo non siamo sufficientemente convinti, allora saremo sempre assai vulnerabili perché il nostro cuore sarà «diviso» (Mc 3,26). Se invece conserviamo saldo questo senso di mutua appartenenza e la gioia di stare con tutti «accanto» al Signore Gesù, allora anche per noi sarà la parabola profetica del Maestro:
«Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiare la casa» (Mc 3,27).
Che non ci capiti di cadere in trappola come il nostro padre Adamo, che non fu capace di custodire il dono più grande che il Signore Dio gli aveva fatto nella nostra madre Eva e, invece di sostenerla perché rimanesse «in piedi» (3,25) davanti al serpente, si comportò veramente come uno che «è fuori di sé» (3,21) che non sa portare il «momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione» (2Cor 4,17) e non seppe tenere aperti gli occhi sulle realtà «invisibili» così che «ne ho mangiato».
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