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Letteralmente, il verbo exanìstēmi (ἐξανίστημι) significa “far alzare, risuscitare”: contiene infatti la stessa radice di anàstasis, risurrezione. Un’allusione non casuale in questo passo in cui i sadducei, per opporsi alla risurrezione, si basano sulla Torah di Mosè di cui il versetto 19 è una citazione. Parlano di “risurrezione”, ma solo in seguito alla morte e in relazione all’esistenza terrena, mentre Gesù ne parla subito dopo come esperienza della “potenza di Dio” ancora prima della morte.
Come definire “viventi” i patriarchi morti molti secoli prima di Mosè? In che modo è autorevole la Torah sulla risurrezione? Il centro dell’argomentazione è Dio stesso: un Dio vivente e fedele, che si nomina con il nome dei suoi amici – Abramo, Isacco, Giacobbe – che per lui sono ancora vivi, tanto che a essi associa il proprio nome. Vi è risurrezione perché Dio mantiene la sua alleanza con i suoi amici oltre la morte.
Commento alla Liturgia
Mercoledì della IX settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
2Tm 1,1-3.6-12
1Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio e secondo la promessa della vita che è in Cristo Gesù, 2a Timòteo, figlio carissimo: grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro. 3Rendo grazie a Dio che io servo, come i miei antenati, con coscienza pura, ricordandomi di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno. 6Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l'imposizione delle mie mani. 7Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. 8Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. 9Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall'eternità, 10ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'incorruttibilità per mezzo del Vangelo, 11per il quale io sono stato costituito messaggero, apostolo e maestro. 12È questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 122(123)
R. A te, Signore, alzo i miei occhi.
Oppure:
R. A te, Signore, innalzo la mia preghiera.
A te alzo i miei occhi,
a te che siedi nei cieli.
Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni. R.
Come gli occhi di una schiava
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi al Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di noi. R.
Vangelo
Mc 12,18-27
18Vennero da lui alcuni sadducei - i quali dicono che non c'è risurrezione - e lo interrogavano dicendo: 19"Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 20C'erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. 21Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo ugualmente, 22e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. 23Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie". 24Rispose loro Gesù: "Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? 25Quando risorgeranno dai morti, infatti, non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. 26Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe ? 27Non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi siete in grave errore".
Note
Custodire
L’ultima affermazione dell’apostolo Paolo con cui si conclude la prima lettura di quest’oggi ha una pregnanza tutta particolare:
«so infatti in chi hi posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato» (2Tm 1,12).
In un momento difficile della sua, vita in cui le prove sembrano diventare sempre più pesanti, Paolo confida al suo discepolo il nocciolo incandescente e invincibile di ciò che fa la sicurezza e la solidità del suo cuore, tanto da poter dire senza nessun dubbio: «È questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno»! Ciò che dà il coraggio non solo di andare avanti, ma di continuare a vivere la propria discepolanza con un senso di grande serenità e forza è questa certezza interiore di aver posto la propria speranza in qualcuno che è in grado di «custodire» veramente e non solo fino in fondo, ma persino attraverso e oltre la morte.
Questa verità che non può essere imposta dall’esterno, ma che può insorgere solo dall’interno del proprio cuore come una convinzione che rimane salda anche e soprattutto quando tutto sembrerebbe dire il contrario, è ciò che il Signore Gesù oppone al ragionamento così chiaro, ma anche così freddo dei «sadducei» (Mc 12,18). Costoro ridicolizzano la speranza nella risurrezione e, forse senza farci troppo caso, non si rendono conto che in questo modo mettono in dubbio la capacità di Dio di custodire la vita dei suoi figli fino a donare loro la risurrezione. E se il Signore è capace di fa risorgere i morti, sarà pure ben capace di custodire – fino a trasfigurare – tutte le relazioni che avremo intrecciate nella nostra esistenza con una sapienza che sicuramente ci sfugge e nondimeno è in grado di dare una speranza alla sofferenza e persino alle difficili circostanze che possono segnare la vita.
Accostando la conclusione del Vangelo con quella della prima lettura, sembra che si possa dire che è un «grave errore» (12,27) ritenere che il Signore Dio non sia in grado di «custodire» (1Tm 1,12) radicalmente la vita di tutti fino a portarla a compimento, senza che nulla venga scartato o perduto. Il Signore Gesù dà una motivazione che dovrebbe essere convincente e probante anche per i sadducei, che non accettano non una parola di più di quello che viene trasmesso dal Pentateuco: «Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe» e ancora
«Non è Dio dei morti, ma dei viventi» (Mc 12,26-27).
Il fatto poi che questa diatriba incandescente arda senza consumarsi del tutto, mentre la Pasqua diventa sempre più ineluttabilmente vicina, in realtà ci parla, attraverso la figura di questa «donna» (12,22), del Signore Gesù! L’essersi lasciata dare a «sette mariti» di questa donna senza nome e docilissima alle costrizione della vita, può essere una splendida icona del modo di vivere del Signore Gesù che sarà confermato dal suo modo di morire. Nel modo di sentire e di vedere le cose da parte dei sadducei la vita e la morte di Gesù sono insensate, perché non sono in grado di capire quanto il Signore sia desideroso di «custodire» ogni briciola di vita e di dare pienezza a ogni minimo – normalmente imperfetto – indizio di amore… anche quello più costretto.
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