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Letteralmente, il testo greco dice che la Scrittura si compie “nei vostri orecchi”. Mentre gli occhi di tutti sono fissi su di lui, Gesù si rivolge al loro udito, cioè alla capacità di intendere, di capire. La parola non si compie per chi semplicemente ascolta, ma più profondamente per chi si coinvolge in prima persona nell’ascolto.
L’aggettivo verbale dektòs (δεκτός, da dèchomai, δέχομαι), esprime l’annuncio di Gesù al v. 19 di un anno “di grazia” (dektòs) del Signore. Qui invece indica che il profeta è male accolto nella sua città natale. La Bibbia dei LXX, che segna lo stile di Luca, stabilisce un forte legame tra l’anno giubilare e la terra natale: durante quest’anno di liberazione e di benedizione, ognuno ritornerà alla sua terra (cf. Lv 25,10). È in conformità alle Scritture, quindi, che Gesù comincia nella sua città l’annuncio dell’anno di grazia, che però non viene accolto.
È un verbo “teologico” porèuomai (πορεύομαι), che significa “andare, camminare”, poiché è il verbo che Luca usa per la salita di Gesù dalla Galilea a Gerusalemme (cf. 9,51) e per i momenti decisivi della storia della salvezza. Assume dunque un significato tecnico a indicare non un semplice spostamento, ma il procedere di Gesù ordinato al portare avanti la sua missione di annuncio.
Commento alla Liturgia
Lunedì della XXII settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
1Cor 2,1-5
1Anch'io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l'eccellenza della parola o della sapienza. 2Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. 3Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. 4La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, 5perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 118(119)
R. Quanto amo la tua legge, Signore!
Quanto amo la tua legge!
La medito tutto il giorno.
Il tuo comando mi fa più saggio dei miei nemici,
perché esso è sempre con me. R.
Sono più saggio di tutti i miei maestri,
perché medito i tuoi insegnamenti.
Ho più intelligenza degli anziani,
perché custodisco i tuoi precetti. R.
Tengo lontani i miei piedi da ogni cattivo sentiero,
per osservare la tua parola.
Non mi allontano dai tuoi giudizi,
perché sei tu a istruirmi. R.
Vangelo
Lc 4,16-30
16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: 18Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, 19a proclamare l'anno di grazia del Signore. 20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato". 22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: "Non è costui il figlio di Giuseppe?". 23Ma egli rispose loro: "Certamente voi mi citerete questo proverbio: "Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!"". 24Poi aggiunse: "In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro". 28All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Note
Impre(sci)ndibile
Sembra essere proprio la fiamma di una passione insopprimibile ad animare il Signore Gesù nel momento solenne in cui inaugura il suo ministero pubblico secondo il terzo vangelo, di cui oggi iniziamo la lettura cursiva. Un dono d’amore che può essere solo rivelato e accolto.
«Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”» (Lc 4,20-21).
Nella sinagoga di Nazaret, Gesù appare come il messaggero che indugia un istante prima di recapitare la buona notizia della grazia del Signore. È pieno di enfasi quell’avverbio di tempo — «oggi» — con cui il Verbo incarnato annuncia la fine di ogni esilio e di ogni attesa: Dio viene a salvare la sua terra, a liberare tutti i prigionieri e restituire la vista ai ciechi. I concittadini di Gesù storcono però il naso di fronte alla possibilità di identificarsi con poveri bisognosi di salvezza. È quanto accade anche a noi ogni volta che stiamo davanti alla parola di Dio con atteggiamento distaccato, impersonale, asettico. Quando ci sforziamo di comprenderla, anziché accettare di farci da essa coinvolgere nel suo movimento di amore. Fortunatamente la grazia del Signore è come un fuoco che non può essere trattenuto. Né dall’indifferenza, né dall’ostilità. Continua la sua corsa, alla ricerca di altri poveri. Accoglie il nostro rifiuto e posticipa l’incontro con l’altro, col povero che è in noi.
Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino (Lc 4,30).
L’Incarnazione è — e resta — lo scandalo attraverso cui Dio ha scelto di salvare la carne umana. Non si tratta di un concetto da capire, ma di un mistero da accogliere. San Paolo ha maturato una forte convinzione in questo mistero di relazione e di amore. Non certo senza fatica. Per poter parlare ai cristiani di Corinto con tanta forza e risolutezza, deve aver profondamente meditato l’esperienza ad Atene, dove la sua parola si è basata più su «discorsi persuasivi di sapienza» piuttosto che sulla «manifestazione dello Spirito e della sua potenza» (1Cor 2,4). Nell’areopago greco Paolo ha provato ad annunciare una risurrezione senza croce, una salvezza senza lo scandalo della carne. Così, mentre gli abitanti di Nazaret scoprono che l’Incarnazione è un mistero imprendibile, Paolo è giunto alla coscienza di quanto sia anche imprescindibile. Infatti, se il tempo, ormai, è compiuto per sempre e per tutti, Dio non può che attendere il nostro assenso per usarci misericordia. All’unica condizione di saperci riconoscere poveri alla mensa del suo amore. Di proclamarci umilmente luogo dove la sua parola di salvezza, oggi, vuole compiersi.
«Io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso» (1Cor 2,1-2).
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