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Il termine greco tradotto con “gratitudine” è chàris (χάρις), che in questo caso non ha un significato teologico, e per questo non è tradotto con “grazia”. Nei testi sapienziali, risalenti all’epoca giudeo-ellenistica, ricorre con il significato di “servizio reso in cambio, favore reso”. Luca non abbandona, quindi, l’antico principio di reciprocità, ma lo traspone dal piano interpersonale a quello del rapporto tra Dio e l’uomo. Operando una rottura con la reciprocità calcolatrice per amare i nemici, si può ricevere una grazia (qui in senso teologico!) da Dio: l’adozione a figli.
Questo versetto sembra rimandare all’affermazione teologica, rara nell’Antico Testamento, dell’imitazione di Dio (“siate misericordiosi come il Padre vostro”, cf. Lv 19.2). Nella Bibbia dei LXX il termine oiktìrmōn (οἰκτίρμων), “compassionevole, misericordioso”, è usato per lo più in riferimento a Dio, insieme all’altro principale attributo che è la santità. Luca evangelista sceglie la misericordia come fondamento teologico del comportamento cristiano.
Commento alla Liturgia
Giovedì della XXIII settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
1Cor 8,1b-7.11-13
1Riguardo alle carni sacrificate agli idoli, so che tutti ne abbiamo conoscenza. Ma la conoscenza riempie di orgoglio, mentre l'amore edifica. 2Se qualcuno crede di conoscere qualcosa, non ha ancora imparato come bisogna conoscere. 3Chi invece ama Dio, è da lui conosciuto. 4Riguardo dunque al mangiare le carni sacrificate agli idoli, noi sappiamo che non esiste al mondo alcun idolo e che non c'è alcun dio, se non uno solo. 5In realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo che sulla terra - e difatti ci sono molti dèi e molti signori -, 6per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo grazie a lui. 7Ma non tutti hanno la conoscenza; alcuni, fino ad ora abituati agli idoli, mangiano le carni come se fossero sacrificate agli idoli, e così la loro coscienza, debole com'è, resta contaminata. 11Ed ecco, per la tua conoscenza, va in rovina il debole, un fratello per il quale Cristo è morto! 12Peccando così contro i fratelli e ferendo la loro coscienza debole, voi peccate contro Cristo. 13Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 138(139)
R. Guidami, Signore, per una via di eternità.
Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
intendi da lontano i miei pensieri,
osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie. R.
Sei tu che hai formato i miei reni
e mi hai tessuto nel grembo di mia madre.
Io ti rendo grazie:
hai fatto di me una meraviglia stupenda;
meravigliose sono le tue opere. R.
Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore,
provami e conosci i miei pensieri;
vedi se percorro una via di dolore
e guidami per una via di eternità. R.
Vangelo
Lc 6,27-38
27Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. 29A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l'altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. 30Da' a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. 31E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. 32Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. 33E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell'Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. 36Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. 37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. 38Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio".
Note
Approfondimenti
Questo versetto solleva un problema vitale: è possibile amare i propri nemici? La possibilità si basa anzitutto sull’iniziativa di Dio – “perché egli è benevolo” – che per primo ha amato noi, “suoi nemici”. Dunque non si tratta di imitarlo, ma di agire all'interno di un rapporto reciproco.
Inoltre, Gesù che enuncia questo imperativo lo ha compiuto di persona. Amare i propri nemici significa, quindi, camminare sulle sue tracce.
Ancora, pur accompagnato dalla promessa della più alta delle ricompense che si possano sperare, l’amore dei nemici non si esaurisce in un sistema di retribuzioni individuali, ma agisce a favore dell’altro, per conquistarlo al vangelo.
In altre parole, la buona comprensione dell’amore ai nemici non è quella bipolare, ma quella che include un terzo polo vivente: Gesù che ci parla e preventivamente ci ama.
Se!
Per una volta, si fa per dire, il Signore Gesù usa il «se» ipotetico che, normalmente, è il modo usato dal tentatore per farci entrare in una logica di illusione:
«Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta?» (Lc 6,32).
Questa parola ci viene rivolta dal Signore non per tentarci, ma per farci uscire allo scoperto su quella che è o meno la nostra disponibilità a vivere “di” vangelo. Mentre il diavolo ci tenta continuamente con i «se» che gonfiano ulteriormente il nostro ego e ci ammalano di egoismo, la parola del Signore Gesù si muove in modo totalmente diverso e si fa esortazione chiara e decisa:
«A voi che ascoltate, io dico: amate invece i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, pregate per coloro che vi trattano male» (Lc 6,27-28).
Il Maestro non ci invita a diventare degli eroi né, tantomeno, a lanciarci in un percorso da “superman” spirituali. Al contrario, queste parole sono un modo efficace per aiutarci a passare dall’illusione che ci fa fantasticare continuamente su noi stessi e sugli altri, alla capacità di dare il nome concreto alle situazioni che viviamo, fino a saperle assumere serenamente.
L’apostolo Paolo offre una chiave ulteriore per entrare nella logica evangelica che ci viene annunciata dal Signore:
«la conoscenza riempie di orgoglio, mentre l’amore edifica» (1Cor 8,1).
Anche questa frase non va accolta come un aforisma tanto bello quanto teorico, ma come un crogiolo, una sorta di imbuto o di passino attraverso cui dobbiamo continuamente fare la tara delle nostre fantasie e immaginazioni – persino quelle così devote e sante – per scendere al livello della realtà cui continuamente la relazione con i nostri fratelli e sorelle in umanità ci costringe, talora mortificandoci radicalmente. Laddove noi siamo tentati di calcolare e misurare quello che diamo e quello che riceviamo nella nostra condivisione di vita col nostro prossimo, il Signore Gesù ci chiede di elevare lo sguardo per assumere un punto di vista non solo completamente diverso, ma anche magnificamente liberante:
«prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi» (Lc 6,35).
Senza mai dimenticare che la compassione verso il fratello è sempre un atto di compassione verso se stessi, perché ci permette di rivelare a noi stessi chi stiamo diventando – talora con quelle fatiche e quegli incidenti che possiamo ben più facilmente rilevare e talora denunciare – nel cammino dei nostri fratelli. La parola del Signore Gesù ci è data come uno specchio:
«E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro» (Lc 6,31).
Se ogni mattino ricominciassimo a muoverci nel dedalo delle nostre occupazioni e, in particolare, delle nostre relazioni, con questo specchio che ci faccia da orientamento e da guida, forse, a sera, saremmo meno stanchi e, di certo, meno arrabbiati. Ciò che il Signore ci richiede non è di diventare ingenui, ma di assumere un atteggiamento realmente attento sulle situazioni e le persone, ma sempre rammemorando ciò che noi stessi ci aspettiamo dalla vita e speriamo nella vita. La misericordia assoluta non è un atteggiamento debole di resa per evitare il confronto e sottrarsi al conflitto. È, invece, un atto di speranza in quel frammento di divinità che abita ogni cuore… persino il nostro!
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