Il volto del Dio che si svuota di sé

Fil 2,3-11

Fil 2,3-11

3Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. 4Ciascuno non cerchi l'interesse proprio, ma anche quello degli altri. 5Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: 6egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, 7ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo, 8umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. 9Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, 10perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, 11e ogni lingua proclami: "Gesù Cristo è Signore!", a gloria di Dio Padre.

Commento alla Lettura

Il volto del Dio che si svuota di sé

Contemplare il volto di Dio

Rosanna Virgili

PRESENTAZIONE

Tra i tanti volti di Dio che emergono dai testi biblici, uno è particolarmente toccante e, allo stesso tempo, caratteristico del cristianesimo: quello del Dio che si svuota della Sua Gloria e del Suo Splendore per “prendere forma umana”. Si tratta di un Volto che si può vedere soltanto in controluce, come attraverso un velo che lo custodisce, mentre lo nasconde. Volto tipico del Dio che si fa uomo, esso mette in crisi la religiosità di superficie che vorrebbe adorare un Dio Potente e immune da ogni limite umano e chiede una fede adulta e profonda per scorgere la grandezza divina nelle membra di chi perde se stesso, per diventare vincolo di amore.

PER LEGGERE E COMPRENDERE: un Dio denudato

“Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ognuno di voi, con tutta umiltà consideri gli altri superiori a se stesso. Non cercate ciascuno il proprio interesse, ma anche quello degli altri” (Fil 2,3-4).

Ciò che muove l’apostolo Paolo a formulare l’Inno cristologico della Lettera ai Filippesi è la grande stima e cura che egli ha per i suoi amici di Filippi. Sa quanto siano avanti nel cammino e per questo vuole andare fino in fondo nella catechesi della perfetta fede cristiana. Prima di presentare l’esempio stesso di Cristo, quasi dipingendolo dinanzi ai loro occhi, Paolo li invita a smussare ogni angolo del cuore e ogni punta della mente perché possano diventare duttili e morbidi nell’amore degli uni verso gli altri. Un amore pieno che esige lo “svuotamento” dell’amor proprio e dell’orgoglio. Fatevi umili, li esorta, non cercate il vostro interesse, ma quello degli altri, liberatevi dall’eccessiva cura di voi stessi per pensare agli interessi degli altri.
Occorre imparare a sollevarsi dal peso di se stessi per capire il mistero della kènosis, dello “svuotamento” in Cristo.

“Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, il quale pur essendo nella condizione di Dio non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2,5-8).

In questi pochi versetti è scolpito il Volto del Dio cristiano in Gesù, Dio e uomo allo stesso tempo. Il passaggio dalle condizioni di un Dio a quelle “simili” all’uomo è fatto per amore, per volontà di condivisione, per rinuncia al privilegio della potenza sulla povertà e si realizza nella fedeltà fino alla fine che è la Croce. La kènosis è un modo atipico e scandaloso di essere Dio che il Figlio ha scelto. Il soggetto è chiaro ed è proprio Gesù: fu Lui a “svuotare” se stesso, ad assumere le condizioni di servo, a denudarsi di ogni appannaggio divino per rivestire i panni della povera carne umana.
Lo fece per amore e scelse la via più nobile: quella del servire. Il Volto di questo Dio che è Gesù Cristo è sfigurato come quello dei reietti, emaciato come quello degli affamati, sporco come quello degli offesi, ferito come quello dei violati, timido e arreso come quello di chi non trovi posto nel mondo.

“Per questo Dio lo esaltò e gli diede un nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi” (Fil 2,9-10).

Alla decisione del Figlio corrispose la reazione del Padre, che ammirò a tal punto quel suo amore e quella sua fedeltà da restituirgli tutta la divinità non più sotto forma di privilegio, ma sotto forma di comunione. Ora tutti faranno l’inchino a chi sta in basso, a chi serve, a chi si umilia, perché in quell’uomo o in quella donna c’è lo splendore e la gloria di Dio. Solo a questo Dio abbassato, svuotato, denudato si potrà riconosce la dignità di un Dio vero e solo al suo nome si darà il tributo del cuore, del tempo e della vita.

PER MEDITARE E ATTUALIZZARE

1. Fino a che punto anche noi accettiamo un Dio che si è fatto povero, affamato, denudato, offeso, sconfitto sulla Croce?
2. Se è vero che i poveri e gli ultimi sono i più vicini al Signore, allora tutti noi abbiamo bisogno di amare i poveri per avvicinarci sempre di più a Lui. Con quale forza facciamo nostro il destino dei poveri e lottiamo perché essi siano liberati da ogni oppressione e venga loro riconosciuta la piena dignità?

Cerca nei commenti

Il verbo hēgeomai (ἡγέομαι) è tipico della Lettera ai Filippesi e indica un giudizio una valutazione fondata che porta a una corrispondente decisione. Il sostantivo tapeinosophrune (ταπεινοφροσύνη) non è utilizzato nell’AT (dove compare invece l’aggettivo), mentre nel NT descrive il rapporto con Dio oppure tra cristiani nelle loro relazioni comunitarie. La collocazione del termine qui prepara così il verbo corrispondente in 2,8. Si tratta di un’espressione idiomatica greca, per esprimere l’uso di una situazione a proprio vantaggio. Il sostantivo harpagmos (ἁρπαγμός) indica una realtà posseduta, conquistata anche con la forza o con il furto, che si vuole a tutti i costi conservare. Il sostantivo schēma (σχῆμα) indica la forma esteriore e riconoscibile di qualcosa o qualcuno. Quindi Cristo non solo fu come gli altri uomini, ma fu il suo comportamento a farlo riconoscere come tale. Nel greco biblico, il verbo kenoō (κενόω) è usato sempre in senso metaforico. Questo è l’unico passo in cui è costruito con un pronome riflessivo, per mettere in risalto l’aspetto personale e libero dello svuotamento di Cristo, che consiste nell’assumere la condizione dello schiavo. Questa è l’unica occorrenza del verbo huperupsoō (ὑπερυψόω) in tutto il NT e descrive un’esaltazione al massimo livello, che include implicitamente la risurrezione e l’ascensione di Cristo.

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