Commento alla Liturgia

9 Gennaio

Prima lettura

1Gv 4,11-18

11Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. 12Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi. 13In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. 14E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. 15Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. 16E noi abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui. 17In questo l'amore ha raggiunto tra noi la sua perfezione: che abbiamo fiducia nel giorno del giudizio, perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo. 18Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell'amore.

Vangelo

Mc 6,45-52

45E subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. 46Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. 47Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. 48Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro, camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. 49Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: "È un fantasma!", e si misero a gridare, 50perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: "Coraggio, sono io, non abbiate paura!". 51E salì sulla barca con loro e il vento cessò. E dentro di sé erano fortemente meravigliati, 52perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.

Commento alla Liturgia

Lasciar fare

Luigi Maria Epicoco

A leggere il Vangelo di Marco si ha la sensazione che il protagonista principale dell’evangelizzazione è Gesù e non i suoi discepoli. A guardare le nostre chiese e le nostre comunità, si potrebbe avere la sensazione contraria: sembra quasi che il grosso del lavoro lo facciamo noi, mentre Gesù è in un angolo ad aspettare i risultati. La pagina del Vangelo di oggi forse è importante proprio per questo capovolgimento di percezione:

“Ordinò poi ai discepoli di salire sulla barca e precederlo sull'altra riva, verso Betsàida, mentre egli avrebbe licenziato la folla. Appena li ebbe congedati, salì sul monte a pregare”.

È Gesù ad aver fatto il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, è Gesù ora che congeda la folla, è Gesù che prega. Questo dovrebbe liberarci davvero da ogni ansia da prestazione di cui molto spesso ci ammaliamo nei nostri piani pastorali e nel nostro affanno quotidiano. Dovremmo imparare a relativizzarci, a rimetterci cioè al posto che ci spetta, e a detronizzarci da un protagonismo esagerato. Soprattutto perché poi arriva sempre il tempo in cui ci troviamo nella stessa posizione scomoda dei discepoli, e anche lì dobbiamo capire come si fa ad affrontare:

“Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli solo a terra. Vedendoli però tutti affaticati nel remare, poiché avevano il vento contrario, già verso l'ultima parte della notte andò verso di loro camminando sul mare”.

Nei momenti di fatica, tutta la nostra attenzione è concentrata sulla fatica che facciamo e non sulla certezza che Gesù non rimane indifferente davanti ad essa. Ed è talmente vero che abbiamo gli occhi eccessivamente fissi su di essa che quando Gesù decide di intervenire la nostra reazione non è di gratitudine ma di spavento perché con la bocca diciamo che Gesù ci ama, ma quando ne facciamo esperienza rimaniamo stupiti, spaventati, turbati, come se fosse una cosa strana. Allora abbiamo ancora bisogno di lui che ci liberi anche da questa ulteriore difficoltà:

«Coraggio, sono io, non temete!».

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