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Il verbo akolouthèō (ἀκολουθέω) definisce l’identità cristiana nella sua essenzialità. Le tre occorrenze che compaiono in questi versetti descrivono uno dei due tipi di racconti di vocazione che compaiono nella tradizione sinottica, quello che sottolinea le condizioni esigenti della vita cristiana (l’altro è quello di una chiamata irresistibile da parte del Signore). L’intento teologico di Luca è quello di porre ogni lettore di fronte alla decisione della fede e della sequela nello stile del Vangelo, che implica perdere ogni sicurezza e protezione materiale e umana, a favore del rifugio in Dio.
L’espressione en tē odō (ἐν τῇ ὁδῷ) può essere più propriamente tradotta qui con “in viaggio”, per indicare l’importanza decisiva che l’atto del camminare riveste per Luca. Esso esprime non solo l’itinerario storico di Gesù verso la sua passione, ma anche la via che conduce alla vita, l’esistenza cristiana nella sua pienezza, lo stesso annuncio cristiano.
Il verbo akolouthèō (ἀκολουθέω) definisce l’identità cristiana nella sua essenzialità. Le tre occorrenze che compaiono in questi versetti descrivono uno dei due tipi di racconti di vocazione che compaiono nella tradizione sinottica, quello che sottolinea le condizioni esigenti della vita cristiana (l’altro è quello di una chiamata irresistibile da parte del Signore). L’intento teologico di Luca è quello di porre ogni lettore di fronte alla decisione della fede e della sequela nello stile del Vangelo, che implica perdere ogni sicurezza e protezione materiale e umana, a favore del rifugio in Dio.
Il verbo akolouthèō (ἀκολουθέω) definisce l’identità cristiana nella sua essenzialità. Le tre occorrenze che compaiono in questi versetti descrivono uno dei due tipi di racconti di vocazione che compaiono nella tradizione sinottica, quello che sottolinea le condizioni esigenti della vita cristiana (l’altro è quello di una chiamata irresistibile da parte del Signore). L’intento teologico di Luca è quello di porre ogni lettore di fronte alla decisione della fede e della sequela nello stile del Vangelo, che implica perdere ogni sicurezza e protezione materiale e umana, a favore del rifugio in Dio.
Commento alla Liturgia
Mercoledì della XXVI settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Gb 9,1-12.14-16
1Giobbe prese a dire: 2"In verità io so che è così: e come può un uomo aver ragione dinanzi a Dio? 3Se uno volesse disputare con lui, non sarebbe in grado di rispondere una volta su mille. 4Egli è saggio di mente, potente di forza: chi si è opposto a lui ed è rimasto salvo? 5Egli sposta le montagne ed esse non lo sanno, nella sua ira egli le sconvolge. 6Scuote la terra dal suo posto e le sue colonne tremano. 7Comanda al sole ed esso non sorge e mette sotto sigillo le stelle. 8Lui solo dispiega i cieli e cammina sulle onde del mare. 9Crea l'Orsa e l'Orione, le Plèiadi e le costellazioni del cielo australe. 10Fa cose tanto grandi che non si possono indagare, meraviglie che non si possono contare. 11Se mi passa vicino e non lo vedo, se ne va e di lui non mi accorgo. 12Se rapisce qualcosa, chi lo può impedire? Chi gli può dire: "Cosa fai?". 14Tanto meno potrei rispondergli io, scegliendo le parole da dirgli; 15io, anche se avessi ragione, non potrei rispondergli, al mio giudice dovrei domandare pietà. 16Se lo chiamassi e mi rispondesse, non credo che darebbe ascolto alla mia voce.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 87(88)
R. Giunga fino a te la mia preghiera, Signore.
Tutto il giorno ti chiamo, Signore,
verso di te protendo le mie mani.
Compi forse prodigi per i morti?
O si alzano le ombre a darti lode? R.
Si narra forse la tua bontà nel sepolcro,
la tua fedeltà nel regno della morte?
Si conoscono forse nelle tenebre i tuoi prodigi,
la tua giustizia nella terra dell’oblio? R.
Ma io, Signore, a te grido aiuto
e al mattino viene incontro a te la mia preghiera.
Perché, Signore, mi respingi?
Perché mi nascondi il tuo volto? R.
Vangelo
Lc 9,57-62
57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: "Ti seguirò dovunque tu vada". 58E Gesù gli rispose: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". 59A un altro disse: "Seguimi". E costui rispose: "Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre". 60Gli replicò: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio". 61Un altro disse: "Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia". 62Ma Gesù gli rispose: "Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio".
Note
Approfondimenti
Ci sono diversi modi di intendere questa risposta di Gesù.
Qualunque opzione si scelga, è evidente che qui Gesù vuole indicare come prioritaria la scelta urgente per il regno di Dio.
Aver ragione
Molto spesso ci capita di manifestare agli altri i desideri che portiamo nel cuore, senza saper né valutare né immaginare tutte le conseguenze che un loro eventuale compimento potrebbe determinare. Con Dio — l’Altro per eccellenza — questa esperienza può assumere una densità unica, come racconta il vangelo di oggi, dove un tale si presenta a Gesù con la più lodevole e desiderabile delle intenzioni:
«Ti seguirò dovunque tu vada» (Lc 9,57).
Questo «tale» è privo di nome, ma non per questo poco rappresentativo di un certo modo di stare davanti a Dio in cui prende fiato più l’illusione di poter corrispondere alle sue esigenze, che la disponibilità ad accogliere il dono della sua trasformante presenza. La ferma e fiera volontà di questo discepolo, che si dichiara pronto alla più coraggiosa delle offerte, sembra non aver raggiunto ancora quella sapienza che solo il passaggio attraverso grandi prove è in grado di costruire e custodire nel nostro cuore. Giobbe, nel fondo della sua desolazione, raggiunge un vertice di realismo nel rapporto con il Signore Dio, colui che «fa cose tanto grandi che non si possono indagare, meraviglie che non si possono contare» (Gb 9,10), solo quando accetta di non poter avere alcuna ragione nei suoi confronti:
«Se lo chiamassi e mi rispondesse, non credo che darebbe ascolto alla mia voce» (Gb 9,10).
La conferma di questo atteggiamento divino descritto da Giobbe è offerta nel vangelo da Gesù che, dopo aver ascoltato la suadente offerta di sequela da parte di quel tale, appare sordo alla voce appena udita, eppure in ascolto delle esigenze più profonde radicate nel cuore di ogni uomo. Il celebre detto sulla radicalità della sequela va compreso non tanto come un’eccessiva pretesa da parte di Dio, ma come l’esplicitazione della più genuina attesa di ogni uomo, che matura lentamente la coscienza di essere, in questo mondo, pellegrino e forestiero, alla continua ricerca del Regno e di una vita eterna:
«Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Lc 9,58).
Questo orizzonte viene richiamato anche in quanti, forse ancora inconsapevoli di avere nel cuore il desiderio di un generoso abbandono alla volontà di Dio, provano ad addurre ragioni per un legittimo posticipo, a data da definirsi: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre» (9,59); «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia» (9,61). Sordo alle nostre ragioni, il Signore Gesù ribadisce le sue, dichiarandole prioritarie rispetto ai nostri continui sguardi all’indietro e agli interminabili cerimoniali di congedo da ciò che è stato, del tutto simile a ciò che sarà se il nostro sguardo non viene rigenerato dallo Spirito Santo:
«Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio. [...] Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio» (Lc 9,60.62).
Il dialogo con Dio, cioè la preghiera, non serve solo a confermare ma anche a trasformare il nostro volto, educandoci a diventare più selvatici e “trasgressivi” nei confronti del nostro istinto di sopravvivenza, che ci spinge a cercare tane e nascondigli non appena le circostanze ci sembrano leggermente favorevoli. Più selvatici addirittura delle volpi e degli uccelli del cielo. Liberamente consegnati a quel Dio che — per forza — deve saperla più lunga, e più bella, di noi:
«In verità io so che è così: e come può un uomo aver ragione dinanzi a Dio? [...] Chi gli può dire: “Cosa fai?”. Tanto meno potrei rispondergli io, scegliendo le parole da dirgli; io, anche se avessi ragione, non potrei rispondergli, al mio giudice dovrei domandare pietà» (Gb 9,2.13-15).
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