Commento alla Liturgia

Sabato della I settimana di Tempo Ordinario

Prima lettura

Eb 4,12-16

12Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. 13Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto. 14Dunque, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. 15Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. 16Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.

Salmo Responsoriale

Dal Sal 18(19)

R. Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l'anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice. R.
 
I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi. R.
 
Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti. R.
 
Ti siano gradite le parole della mia bocca;
davanti a te i pensieri del mio cuore,
Signore, mia roccia e mio redentore. R.

Vangelo

Mc 2,13-17

13Uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. 14Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: "Seguimi". Ed egli si alzò e lo seguì. 15Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. 16Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: "Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?". 17Udito questo, Gesù disse loro: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori".

Commento alla Liturgia

"Solo i malati guariscono"

Luigi Maria Epicoco

La chiamata del pubblicano Levi viene festeggiata da Gesù con un pranzo condiviso con gente poco raccomandabile:

“gli scribi della setta dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Come mai egli mangia e beve in compagnia dei pubblicani e dei peccatori?»”.

Nel parlare comune si dice infatti “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”. Gesù però sembra ignorare volutamente questo detto e agisce in modo diverso. Infatti Egli sembra voler dire che questa sua deliberata scelta non è un modo per avvallare la vita sballata di queste persone, ma un modo molto concreto di afferrarle per riportarle a galla:

“Avendo udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori»”.

Il vero problema è quando pensiamo che i peccatori sono sempre gli altri. Gesù è venuto per tutti perché tutti in fondo siamo dei peccatori bisognosi di perdono. C’è chi pecca in maniera evidente ed eclatante, c’è invece chi pecca nel segreto del proprio cuore, perché, ad esempio, pensare di essere migliori degli altri ci fa peccare di superbia. E la superbia è la peggiore radice su cui il male può costruire castelli. Ecco allora che le parole di Gesù sembrano volerci dire che è difficile guarire quando qualcuno non accetta di essere malato. Invece chi accetta la propria malattia è già sulla via della guarigione. Potremo quindi dire che alla fine “solo i malati guariscono”.

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Termine utilizzato nel Nuovo Testamento nelle sue molteplici sfumature, παρρησία (parresìa) riguarda anzitutto un modo di parlare, un uso del linguaggio caratterizzato da semplicità, chiarezza, franchezza, che non camuffa e non nasconde il pensiero. Può indicare anche ciò che avviene apertamente, in pubblico. Qui descrive l’audacia, la fiducia in se stessi, il coraggio che accompagnano quella relazione con Dio che chiamiamo fede. Si potrebbe tradurre anche “con cuore gioioso”, per indicare il sentimento di confidenza in Colui che solo sa quando e come venire in nostro aiuto.

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