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Diversi sono stati i tentativi di traduzione dell’intera espressione, che letteralmente suona “e che vi sia così una compensazione per te”. Il termine antapòdoma (ἀνταπόδομα), che letteralmente significa “compensazione, retribuzione” (antì, apò, dìdōmi), è stato poi tradotto con “contraccambio”. Tuttavia, l’idea prevalente, come suggerisce il v. 14, sembra essere quella della ricompensa: invitando solo amici e parenti, ci si priva della ricompensa celeste.
Bisogna intendere bene questo futuro èsē (ἔσῃ), che potrebbe riferirsi alla risurrezione generale dei morti e al regno di Dio oppure al tempo della chiesa e della vita cristiana. In questo secondo caso, il senso è che la felicità sia possibile oggi, che anche questo tempo può essere l’anticamera del regno, anticipato dal pranzo offerto agli emarginati.
Commento alla Liturgia
Lunedì della XXXI settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Rm 11,29-36
29infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! 30Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, 31così anch'essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch'essi ottengano misericordia. 32Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti! 33O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! 34Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? 35O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio? 36Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 68(69)
R. Nella tua grande bontà, rispondimi, Signore.
Io sono povero e sofferente:
la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro.
Loderò il nome di Dio con un canto,
lo magnificherò con un ringraziamento. R.
Vedano i poveri e si rallegrino;
voi che cercate Dio, fatevi coraggio,
perché il Signore ascolta i miseri
e non disprezza i suoi che sono prigionieri. R.
Perché Dio salverà Sion,
ricostruirà le città di Giuda:
vi abiteranno e ne riavranno il possesso.
La stirpe dei suoi servi ne sarà erede
e chi ama il suo nome vi porrà dimora. R.
Vangelo
Lc 14,12-14
12Disse poi a colui che l'aveva invitato: "Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch'essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti".
Note
Al contrario
Mentre tante cose della vita fluiscono e rifluiscono dentro un apparente regime di continuità, dove gli avvicendamenti e le sostituzioni si svolgono senza la necessità di particolari o evidenti rotture, il mistero della misericordia di Dio si espande sempre e solo attraverso una necessaria accoglienza che deve maturare nel terreno della nostra libertà. Per questo il suo radicarsi nella storia e in ogni storia non può che ammettere momenti di forte discontinuità, nei quali il dramma della chiusura e del rifiuto si può liberamente manifestare. Riflettendo su queste cose, l’apostolo Paolo dà sfogo ai sentimenti e alle preoccupazioni del suo cuore riguardo ai suoi connazionali «Israeliti» (Rm 9,4), per illustrare il mistero dell’elezione di Dio. Scrivendo ai romani dichiara:
«come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia» (Rm 11,30-31).
Per quanto si possa rileggere più volte questo denso testo, l’imperscrutabile disegno di Dio non si chiarisce mai del tutto, restando solo oggetto di fede e di contemplazione. Nel pensiero dell’apostolo, la disobbedienza di Israele rappresenta l’occasione – cioè il «motivo» – per poter includere nuovi «eletti» dentro il disegno di salvezza. Ma, al contempo, questa espansione di elezione universale sembra essere anche il «motivo» della disobbedienza di Israele. Se il ragionamento di Paolo sfugge a qualsiasi tentativo di accomodamento e di facile comprensione, come un gatto che si morde la coda, è piuttosto chiaro quale sia il cuore del suo annuncio. Il desiderio di salvezza universale di Dio per le sue creature non si arresta, anzi si espande, quando incontra il rifiuto di chi per primo ha ricevuto il dono e la responsabilità dell’alleanza. Ma l’esclusione di Israele, seppur provvidenziale, non è definitiva, infatti tutto accade solo affinché «anch’essi ottengano misericordia» (11,31).
Le parole di Gesù nel vangelo sembrano porre un sigillo a questa sconcertante libertà interiore con cui l’Altissimo gestisce il suo progetto di salvezza per tutte le genti:
«Quando offri un pranzo o una cena, non invitare né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio» (Lc 14,12).
Per quanto possa sembrare troppo singolare, persino innaturale, una simile raccomandazione, dobbiamo scorgervi non tanto un invito ad annullare ogni tipo di attenzione alle persone più familiari. Al contrario, mentre coltiviamo con paziente e distaccato amore i rapporti più ordinari e familiari, dobbiamo imparare ad allargare sempre di più lo sguardo e il cuore fino a diventare inclusivi e gratuiti nei confronti di tutti gli altri:
«Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi» (14,13).
Rinunciare a invitare a tavola chi può contraccambiare la natura generosa dei nostri gesti può essere il segno limpido di aver assimilato il tratto più profondo del cuore di Dio, quello che ci costringe a una conversione degli istinti più prudenti e opportunisti, che spesso sono l’unico motore delle nostre scelte e l’orientamento dei nostri passi.
L’abitudine a vivere secondo la logica della ricompensa e sotto la tirannia dell’apprezzamento e del consenso rischia di farci dimenticare quanto possa essere bello offrire quello che siamo e ciò che abbiamo senza aspettare nulla in cambio, ma solo per gustare la gioia di donare e di condividere. Gesù, al termine di questa breve e vibrante parabola, annuncia una vera e propria felicità riservata a chi osa varcare le porte di questo spazio di gratuità senza farsi troppe domande:
«[...] e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti» (Lc 14,14).
In fondo, la vera scelta davanti a cui la vita continuamente ci pone non è solo quella tra bene e male, ma tra una vita triste perché fondamentalmente prudente e, al contrario, un’esistenza piena di gioia perché libera di donare. Nella gratuità e nella pace.
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