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Nella Settanta il termine makàrios (μακάριος) traduce l’ebraico ’ašrê con cui, tra l’altro, si apre il Sal 1, richiamando un tratto comune a molta letteratura sapienziale: i macarismi sono parole performative date da Dio perché l’uomo giunga alla felicità. Una felicità paradossale, da cercare nello stato a cui è misteriosamente connessa e in cui si può già scorgere la presenza del Regno. Pur essendo escluso sul piano grammaticale un significato al futuro, vi è una tensione escatologica dove il macarismo rimanda a un compimento futuro attraverso il “passivo divino”.
Il dativo di relazione tô pnèumati (τῷ πνεύματι) si può rendere con “quanto allo spirito”, nel senso non dello Spirito di Dio ma di quello umano, dell’intimo della persona. Matteo potrebbe intendere qui che ciò che conta è non solo e non tanto la povertà materiale, ma la povertà profonda, quella del cuore, la disposizione dell’animo di chi sopporta con fiducia ogni cosa sottomettendosi a Dio.
Tema caratteristico di Matteo, la giustizia (dikaiosùne, δικαιοσύνη) è anzitutto un attributo di Dio: non ha a che fare con la giustizia sociale ma esprime un agire umano conforme alla volontà di Dio e alla Torà. Averne “fame e sete” significa desiderare di metterla in pratica come impegno di vita, motivo per il quale si può anche arrivare a subire la persecuzione.
Tema caratteristico di Matteo, la giustizia (dikaiosùne, δικαιοσύνη) è anzitutto un attributo di Dio: non ha a che fare con la giustizia sociale ma esprime un agire umano conforme alla volontà di Dio e alla Torà. Averne “fame e sete” significa desiderare di metterla in pratica come impegno di vita, motivo per il quale si può anche arrivare a subire la persecuzione.
Commento alla Liturgia
Lunedì della X settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
1Re 17,1-6
1Elia, il Tisbita, uno di quelli che si erano stabiliti in Gàlaad, disse ad Acab: "Per la vita del Signore, Dio d'Israele, alla cui presenza io sto, in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo comanderò io". 2A lui fu rivolta questa parola del Signore: 3"Vattene di qui, dirigiti verso oriente; nasconditi presso il torrente Cherìt, che è a oriente del Giordano. 4Berrai dal torrente e i corvi per mio comando ti porteranno da mangiare". 5Egli partì e fece secondo la parola del Signore; andò a stabilirsi accanto al torrente Cherìt, che è a oriente del Giordano. 6I corvi gli portavano pane e carne al mattino, e pane e carne alla sera; egli beveva dal torrente.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 120(121)
R. Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra.
Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra. R.
Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele. R.
Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte. R.
Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre. R.
Vangelo
Mt 5,1-12a
1Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: 3"Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. 4Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. 5Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. 6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 7Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 8Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 9Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. 10Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. 11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.
Note
Segreto
Le Beatitudini non sono prima di tutto e fondamentalmente l’insegnamento di Gesù per la nostra vita: sono i tratti del suo volto e il ritmo dei suoi passi che annunciano a ogni uomo e a ogni donna un possibile cammino di pace e di felicità. Lo ricorda con una certa commozione Cromazio di Aquileia: «Occorreva che la legge nuova fosse proclamata su un monte, dato che la legge di Mosè era stata data su un monte. Una consiste in dieci comandamenti destinati a formare gli uomini in vista della condotta della vita presente, l'altra consiste in otto beatitudini, perché conduce coloro che la seguono alla vita eterna e alla patria celeste» (CROMAZIO DI AQUILEIA, Discorsi, 39). Per questo la nostra preghiera non è quella di poter seguire Gesù sulla via delle beatitudini, ma prima di tutto quella di poterlo contemplare come modello di beatitudine nel suo cammino dalla Galilea al Golgota. La vita è sempre costellata di nuovi incroci che esigono una scelta rinnovata della direzione per la quale proseguire il nostro viaggio interiore. Se ci trovassimo a un crocicchio con varie indicazioni: potere, fama, gloria, ricchezza, benessere… e una piccola indicazione che indicasse il sentiero della “felicità”, quale seguiremmo? Forse il nostro sesto senso ci farebbe prendere comunque il sentiero della felicità, per quanto più impervio e meno tracciato e, soprattutto, molto meno battuto. E avremmo ragione di farlo perché, in realtà, tutte le altre cose non sono sentite se non come parte di questa felicità che, alla fine, è ben più grande di ogni ricchezza, gloria, fama successo.
Le ultime parole del Vangelo ci obbligano ad aprire gli occhi sul grado di difficoltà del sentiero della felicità che, come tutti i percorsi di montagna, esige un certo allenamento. Le parole del Signore suonano così:
«Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate» (Mt 5,11-12).
Questa conclusione è certo inquietante se pensiamo alla sequela del Signore sulla via del Vangelo come un investimento per la vita; eppure, se riflettiamo meglio, ci rendiamo conto che è racchiusa nell’ultima beatitudine l’essenza stessa della felicità cui ci invita il Signore. Questa felicità è evocata in quella piccola glossa che, come la chiave di uno spartito, dà alla musica della felicità evangelica il suo tono inconfondibile e indimenticabile: «per causa mia»!
Si comprende allora come la storia di Elia diventi una sorta di mappa per muoversi nei cammini del Vangelo. Ciascuno di noi è chiamato a sperimentare la cura di Dio per la nostra vita e, allo stesso tempo, la capacità di rischiare tutta la nostra vita per il nostro Dio. L’immagine finale della prima lettura è commovente:
«I corvi gli portavano pane e carne al mattino, e pane e carne alla sera; egli beveva al torrente» (1Re 17,6).
E intanto il profeta si preparava ai suoi combattimenti e alle sue rese custodendo il segreto della sua intimità con Dio. Se ci sforziamo di seguire la via delle beatitudini evangeliche come norme morali e non come storia di intimità, non ne potremo godere la felicità più profonda, perché ce ne sfuggirebbe il segreto capace di cambiare la vita, senza nulla mutare della nostra vita sempre povera e spesso afflitta.
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