1 Tessalonicesi

Capitolo 1

1Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace. 2Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere 3e tenendo continuamente presenti l'operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. 4Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. 5Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione: ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene. 6E voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo, 7così da diventare modello per tutti i credenti della Macedonia e dell'Acaia. 8Infatti per mezzo vostro la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne. 9Sono essi infatti a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero 10e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall'ira che viene.

Su questo capitolo abbiamo trovato
11 commenti
Il termine hypomonē (ὑπομονή) potrebbe anche tradursi con “attesa perseverante”, per esprimere l’atteggiamento di chi, nonostante le prove e le avversità del tempo presente, resta saldo nella speranza del compimento di Dio al suo disegno di salvezza. Alla lettera, il testo dice “sappiamo bene… della vostra elezione”: il termine eklogē (ἐκλογή) ha le sue radici nella tradizione biblica, dove si parla di Dio che per amore ha eletto/scelto Israele. Nelle sue lettere, Paolo riserva questo sostantivo all’elezione “per grazia” dei patriarchi o di Israele da parte di Dio. Con questa categoria, perciò, i cristiani di Tessalonica sono assimilati a Israele, il popolo eletto e consacrato a Dio. Per la prima volta in uno scritto cristiano compare il termine euaggelion (εὐαγγέλιον). Nei testi greci, come anche nei Settanta, il termine ricorre per lo più al plurale per indicare l’annuncio di eventi favorevoli. Il lessico “evangelico” prevale negli scritti paolini, dove si trovano 60 occorrenze sulle 76 del NT. Probabilmente, è con la sua attività missionaria che Paolo ha favorito l’uso cristiano di questo termine. Da tenere presente che “Vangelo” non indica uno scritto, ma l’annuncio della morte e risurrezione di Gesù. Questa lettera ci offre quindi una testimonianza diretta della prima diffusione del Vangelo. Il termine thlîpsis (θλῖψις), che significa “tribolazione”, è prevalente negli scritti di Paolo (24 ricorrenze sulle 45 totali nel NT). Nei Settanta, con questo termine si rende l’ebraico sārâh (sventura, ostilità), che indica, in particolare nei Salmi, le prove di Israele e del giusto. Paolo usa thlîpsis per elencare le sue prove apostoliche e quelle dei cristiani. Nel caso dei Tessalonicesi, potrebbe riferirsi ai contrasti e alle ritorsioni che la loro scelta di fede provoca nell’ambiente sociale e religioso macedone. Letteralmente, “siete diventati imitatori” (mimētēs, μιμητής). La categoria dell’imitazione è usata con molta sobrietà nell’ambiente biblico-giudaico, che al posto dell’imitare parla di “andare dietro, seguire” il Signore. Nel mondo greco, invece, si parla di imitare la divinità. Nel NT la terminologia dell’imitazione è concentrata nell’epistolario paolino.
Il termine typos (τύπος) evoca l’idea dello stampo o della matrice usati per forgiare un nuovo oggetto di creta o le monete. Non si tratta, quindi, solo di un modello da seguire, ma di un archetipo per la nascita dei gruppi cristiani in Macedonia e Acaia, le due province dell’impero raggiunte dai predicatori del vangelo. Il verbo exēcheō (ἐξηχέω) ricorre solo qui in tutto il NT. In 1Cor 13,1 Paolo paragona il parlare in lingue senza carità a un “bronzo che rimbomba”, usando il verbo ēchō. Quindi il composto usato in questo versetto dà l’idea di un suono squillante, che si fa sentire lontano. La forma verbale al perfetto indica che si tratta di un effetto duraturo.

Iscriviti alla mailing list!

Riceverai gli ultimi commenti dei nostri autori direttamente nella tua casella di posta elettronica!

Iscriviti

Verifica i tuoi dati

Verifica di aver digitato correttamente il tuo indirizzo email, leggi e accetta la privacy policy, e premi sul pulsante "Conferma" per completare l'iscrizione.

Conferma

Annulla

Grazie!

La tua iscrizione è stata registrata correttamente.